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martedì 31 dicembre 2013

Un nuovo anno nella pace di Dio - Riflessione sulla Parola di Dio

All'inizio del nuovo anno ci si augura "buon anno", si augura, cioè, che nel corso dell'anno che inizia ci siano molti eventi belli portatori di gioia e prosperità.
Noi però sappiamo già che sarà un buon anno perché sappiamo che Dio ha preparato per ciascuno di noi un cammino che ci avvicinerà di più a Lui, che ci permetterà di crescere nell'amicizia con Lui, nel suo amore. Lo sappiamo perché Dio lo fa ogni anno, ogni giorno dell'anno, perché il suo unico desiderio è che possiamo stare insieme con Lui.
Guardandoci indietro, nel fare il bilancio dell'anno che si è appena concluso ci potrebbe venire qualche dubbio sul fatto che il Signore ci sia sempre accanto perché non sempre le cose sono andate come avremmo voluto.
Ma ne siamo proprio così sicuri? Non sarà forse che siamo stati noi a non accorgerci della sua presenza accanto a noi? Non sarà, forse, che siamo stati noi a rifiutare il suo amore e il suo aiuto perché pensavamo di poter fare da soli o perché le cose non sono andate come volevamo noi?
Per il nuovo anno, allora, possiamo augurarci l'un l'altro di essere capaci di riconoscere Dio accanto a noi, di essere capaci di accogliere il suo aiuto e il suo amore.
La benedizione che si trova nel Libro dei Numeri ci dice che Dio farà brillare il suo volto su di noi. Auguriamoci, quindi, di saper alzare il nostro sguardo verso di lui ogni giorno per essere rischiarati dalla sua luce che allontana le tenebre del dolore e del male.
Dio ci dona la sua pace, non una semplice assenza di conflitti ma una pace vera, una pace del cuore, un'armonia con tutti i fratelli che abbiamo accanto.
Auguriamoci, allora, di essere capaci di far risuonare la nostra vita della stessa armonia di Dio, di saper essere noi stessi costruttori di pace nelle nostre famiglie, nei luoghi di lavoro e studio, con gli amici, in ogni situazione della nostra vita.
La Lettera ai Galati ci ricorda che il Signore si è fatto uomo per liberarci.
Auguriamoci per il nuovo anno di saperci lasciare liberare dal Signore da tutte le situazioni che ci imprigionano e ci schiavizzano, dal male, dall'orgoglio, dalla superbia, dal risentimento, dall'egoismo per gustare sempre di più la dolcezza dell'amore del Padre che ci chiama tutti ad essere suoi figli.
Se tutto questo ci sembrasse arduo, difficile o addirittura impossibile sappiamo che abbiamo un aiuto sicuro in Maria Santissima, di cui oggi celebriamo la maternità. Impariamo a custodire e meditare nel cuore il progetto d'amore che Dio va svolgendo davanti a noi, apriamo con fiducia la porta della nostra vita al Signore che viene a colmarla della sua gioia e della sua pace.
Auguriamoci di saper dire ogni giorno anche noi il nostro "Eccomi" quando sarà facile e quando sarà più difficile, certi che Dio sta compiendo la nostra salvezza.
Saremo così sicuri che quello che sta iniziando sarà davvero un buon anno, nell'amore, nella luce e nella pace di Dio.
Buon Anno a tutti!

sabato 28 dicembre 2013

Famiglia, scuola di vita - Riflessioni sul Vangelo di domenica 29 dicembre 2013

Dio tiene tanto alla famiglia, molte volte nella Scrittura ce la indica come la dimensione più preziosa e importante nella vita di ogni persona. Scegliendo di farsi uomo per condividere la nostra umanità ha voluto nascere in una famiglia del tutto simile a quella in cui siamo nati noi.
Ma perché ci tiene così tanto?
San Giovanni nella sua prima lettera ci ricorda che Dio è Amore e l'amore non può restare un bel sentimento o una romantica idea, deve diventare concreto in relazioni vere, autentiche, gratuite, stabili ed è nella famiglia che tutto ciò avviene, è lì che l'amore si fa impegno, dono, responsabilità, sacrificio, lì ogni persona che viene al mondo impara che l'amore vero non è un inseguire i propri capricci e le proprie emozioni ma un continuo dono di sé agli altri.
Il Signore non ci propone nulla senza prima averlo provato sulla propria pelle, senza dimostrarcelo con la sua stessa vita, per questo ha scelto di nascere in una famiglia che, a guardarla bene, non differisce poi molto da ogni altra famiglia al mondo.
Pensando alla Santa Famiglia tutti ci aspetteremmo qualcosa di simile alle famiglie che ogni giorno affollano le pubblicità e i programmi televisivi, quelle in cui tutto va sempre bene, tutti sono felici e senza problemi. Il Vangelo di questa domenica però ci presenta una situazione ben diversa da quella delle pubblicità.
Avere Gesù per figlio non ha preservato la Santa Famiglia da problemi, sofferenze e difficoltà , anzi con il bimbo appena nato si sono trovati profughi in Egitto per sfuggire alla follia cieca di un tiranno, Erode, terrorizzato di poter perdere il suo regno. Maria e Giuseppe non permettono però al male di avere la meglio, continuano a confidare in Dio, restano in ascolto della sua Parola e compiono la sua volontà anche quando questa li porta a dover cambiare i loro progetti e a rinunciare alle loro sicurezze. Maria e Giuseppe si fidano di Dio non solo perché Gesù è Figlio Suo ma perché sanno che Egli non abbandona nessuno dei suoi figli.
Se il Vangelo ci racconta questa triste e angosciosa vicenda non è per strapparci un moto di compassione per la Santa Famiglia ma perché possa essere modello per le nostre famiglie, soprattutto quando ci troviamo ad affrontare situazioni difficili e dolorose. Forse non ci troveremo perseguitati da Erode ma potrà capitarci di affrontare momenti bui, di incertezza, situazioni pericolose, ci troveremo a dover rinunciare ai nostri progetti e alle nostre sicurezze e quando ci chiederemo “e adesso come facciamo?” dovremo imparare dalla Santa Famiglia a confidare in Dio, a lasciarci guidare da Lui.
Ma come si fa a fidarsi così di Dio? Spesso può sembrarci impossibile o, per lo meno, molto difficile, qualcosa di cui sono capaci solo i santi.
Per un verso è vero la fiducia piena in Dio è propria dei santi i quali, però, non se la sono inventata, l’hanno imparata. Tutti impariamo ad aver fiducia in Dio e la prima scuola è proprio la famiglia: Dio si fa chiamare Padre!
La pagina del Siracide che ascoltiamo in questa domenica non è un reperto da museo, una concezione superata, rispettare i genitori, amarli e prendersene cura quando sono anziani non è solo un dovere di gratitudine verso chi ci ha dato la vita ma anche una efficace palestra in cui impariamo a riconoscere la paternità di Dio e così a fidarci di Lui. Cercare ogni giorno l’armonia nelle nostre famiglie, prendendosi cura gli uni degli altri, amandosi e perdonandosi ogni giorno come ci suggerisce san Paolo è ciò che ci insegna ad essere uomini e donne capaci di relazioni vere e autentiche che non fuggono davanti alla prima difficoltà, persone che sanno vivere davvero perché vivono nella luce dell'amore di Dio.

martedì 24 dicembre 2013

Con la tenerezza di un Bimbo

Cosa desideri per questo Natale?
Una domanda piuttosto frequente in questo periodo, chiediamolo al festeggiato, chiediamolo a Gesù.
Signore, cosa desideri per questo Natale?
"Desidero essere abbracciato da te, per questo mi faccio bimbo, perché tu possa prendermi in braccio, senza paure e timori, mi faccio debole e fragile perché tu non ti senta minacciato e mi possa accogliere nel tuo cuore.
Oh, come desidero riposare sul tuo cuore per poterlo inondare del mio amore, per poterlo scaldare quando le fatiche e le sofferenze della vita lo hanno raffreddato, per illuminarlo quando il buio del male e del peccato non ti permettono più di vedere quanto ti amo e tengo a te.
Se mi accoglierai, se mi terrai tra le tue braccia, se mi farai riposare sul tuo cuore, ti insegnerò a tornare bambino così anche tu potrai tendere le braccia al Padre perché ti prenda in braccio, perché ti stringa a sé e tu possa sperimentare di quale amore Egli ti ama e gustare la sua tenerezza e la sua dolcezza.
Forse non ti senti degno, pensi che Dio non possa amare uno come te e invece il Padre ti ama con tutto se stesso così come sei con tutte quelle fragilità e debolezze di cui ti vergogni tanto.
Forse hai paura di essere abbandonato, perché nella vita molti ti hanno abbandonato, ma il Padre non ti abbandonerà mai, nemmeno se tu dovessi fuggire lontano, sarà Lui a venire a cercarti per abbracciarti di nuovo.
Forse pensi che Dio ti voglia togliere le tue sicurezze e le tue ricchezze, guardale bene, sono sicurezze piuttosto incerte e ricchezze poco durevoli, l'amore del Padre invece è sicuro perché Egli non viene mai meno alle sue promesse e prezioso perché è l'unica fonte della tua gioia.
Forse pensi di non averne bisogno perché ti sei convinto di bastare a te stesso, guarda bene il tuo cuore e non avere paura: scoprirsi bisognosi di Dio, del suo amore, non è un'ammissione di debolezza ma la possibilità di una vita vera e gioiosa che non ha bisogno di maschere e finzioni.
Accoglimi nel tuo cuore, abbracciami, e ti scoprirai abbracciato dall'amore tenerissimo del Padre, riposerai sul Suo cuore e la tua gioia sarà piena!"

sabato 21 dicembre 2013

Giuseppe uomo d'azione - Riflessioni sul Vangelo di domenica 22 dicembre 2013

Il presepe è una tradizione bella e importante che va sicuramente conservata, rivalutata e riscoperta che ci aiuta a contemplare la realtà e la verità dell'Incarnazione: Dio si è fatto veramente uno di noi!
Come tutte le cose, però, anche il presepe potrebbe generarci qualche confusione e portarci a pensare che tutti gli eventi legati alla nascita di Gesù, a cominciare dall'Annunciazione, siano circondati di un'aura di pace e gioia, che tutti fossero felici e beati, ma le cose sono andate in modo diverso. Il farsi uomo di Dio, il prendere la nostra carne, è stato tutt'altro che semplice e indolore. 
Lo sa bene san Giuseppe, che la Chiesa ci fa incontrare in questa quarta domenica di Avvento, anche lui, come Maria e Giovanni Battista, ha atteso l'avvento del Salvatore e lo ha fatto da una posizione decisamente particolare.
Il nostro caro san Giuseppe si era trovato una ragazza molto buona, seria, timorata di Dio, dolce e riservata, umile e attenta, il matrimonio era già stato definito ma, appena prima che iniziassero a vivere insieme, lei gli fa sapere di essere incinta. Povero san Giuseppe, cosa deve aver sofferto! 
Deve aver pensato: "Eppure non mi sono sbagliato, Maria è una ragazza seria e leale, non può avermi tradito così!" 
Giuseppe era uomo giusto, ci dice il Vangelo, giusto non secondo la nostra giustizia vendicativa e legalistica ma secondo la giustizia di Dio che condanna il peccato ma desidera sempre salvare la persona, così non vuole di accusarla pubblicamente esponendola alla lapidazione, nello stesso tempo non se la sente di disonorare la sua famiglia dando il proprio nome a un figlio non suo... che fare? Giuseppe considera tutte queste cose, ci pensa, forse non ci dorme neppure la notte. 
Capita a tutti, qualche volta, di rimanere svegli tutta la notte perché preoccupati da qualcosa che ci ha turbato profondamente e non ci fa prendere sonno, quando poi il corpo crolla sotto il peso della stanchezza ecco che si sogna e anche Giuseppe sogna e nel sogno l'angelo lo rassicura "Maria non ti ha tradito, il bambino è il Figlio dell'Altissimo, è il Messia, l'Emmanuele, il Dio-con-noi, e Dio ha scelto di affidarlo a te affinché sia tu a farlo crescere, a insegnargli a vivere da uomo"; appena sveglio, subito, senza aspettare oltre, senza più dover considerare i pro e i contro, prende con sé la sua Sposa. Non ha bisogno di altro, gli è bastato sapere che quella è la volontà di Dio per compierla.
Anche Giuseppe, come Maria e Giovanni, è un uomo in ascolto di Dio, ha piena fiducia in Lui e il suo "eccomi" non lo dice a parole ma con un gesto chiaro e deciso: "fece come l'angelo gli aveva ordinato".
Nella vita ci capita spesso che le cose non vadano secondo i nostri progetti, non riusciamo a capire quale debba essere la soluzione giusta, tutto ci sembra sbagliato o incongruente, è in quei momenti che dobbiamo imparare da Giuseppe e metterci in ascolto di Dio, fidarci di Lui, voler compiere la sua volontà. 
Comprendere la volontà di Dio non è poi così difficile, forse non ci manderà un angelo in sogno, ma Dio sa farsi capire molto bene... siamo noi che non vogliamo ascoltarlo, non sappiamo fidarci di Lui e compiere quello che ci chiede. A volte facciamo l'inverso di quello che ha fatto Giuseppe: prima cerchiamo di capire quale sia la volontà di Dio e poi la valutiamo e la consideriamo se si adatta alla nostra, se ci soddisfa.
Seguire i nostri progetti ci rassicura, ci fa pensare di avere tutto sotto controllo, ci illudiamo di fare la cosa giusta e poi ci ritroviamo a mani vuote; dicendo, invece, il nostro "eccomi" incondizionato a Dio, fidandoci di Lui e compiendo la sua volontà così distante dalla nostra scopriamo di essere chiamati a collaborare con Lui al progetto più importante, prezioso e bello della storia dell'umanità: la salvezza, la vita eterna! 







sabato 14 dicembre 2013

Profeti coraggiosi - Riflessioni sul Vangelo di domenica 15 dicembre 2013

In questo tempo di Avvento la Chiesa, nostra madre, ci sta facendo incontrare alcune persone che hanno atteso il Signore Gesù, affinché siano loro a insegnarci ad accoglierlo nella nostra vita, questa domenica incontriamo Giovanni Battista.
Giovanni è un uomo tutto d'un pezzo, non segue le mode, non va dietro ai potenti, non cerca di compiacere le persone importanti, non cambia idea a seconda dei risultati dei sondaggi, non cerca facili amicizie. Sa che il suo compito è di essere "voce" di Dio, di annunciare la Sua Parola, di preparare il popolo ad accogliere il Messia, ed è quello che fa e continua a fare anche quando questo lo porta in prigione, vittima innocente delle invidie e delle falsità dei potenti. Giovanni non viene meno, anche lui, come Maria, ha compreso che la sua vita è autentica e piena solo dicendo il suo "eccomi" a Dio ogni giorno, con fedeltà, costanza e coraggio.
Giovanni è proprio un grand'uomo, diremmo noi... e infatti lo dice anche Gesù! "Tra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista" ma poi aggiunge "ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui" e così coinvolge anche noi! Sì, perché noi siamo quelli che appartengono al Regno dei Cieli, vi siamo entrati nel giorno più importante della nostra esistenza: il giorno del nostro Battesimo.
Se, dunque, il più piccolo tra noi è più grande del Battista, significa che anche noi, come lui, siamo chiamati ad annunciare il Signore che viene a salvare il suo popolo e nel compimento di questa missione, anche noi, troveremo la nostra gioia e la nostra pienezza. 
So bene come questo possa sconcertarci, ci chiediamo "ma può Dio affidare a me un compito come questo? Con tutti i difetti e le fragilità che ho! Ma non c'era qualcuno di più valido?", me lo chiedo anche io molto spesso, eppure Dio ha chiamato ciascuno di noi ad essere profeta, annunciatore della sua opera di salvezza.
Mettiamoci alla scuola di Giovanni, impariamo da lui ad essere anche noi profeti, annunciatori della Parola di Dio. Due sono le caratteristiche fondamentali di un vero profeta come il Battista.
Coraggio. Giovanni non ha paura di annunciare la Parola di Dio anche quando è scomoda e produce un rifiuto e un'opposizione in chi ascolta, non si lascia scoraggiare da minacce o da violenze. Impariamo anche noi ad essere coraggiosi, non lasciamoci spaventare se qualcuno ci ostacola, ci tratta male, ci rifiuta, ci sbatte la porta in faccia. Non stiamo annunciando una nostra idea ma Dio stesso, sarà Lui a darci sostegno e coraggio.
Integrità. Giovanni annuncia integralmente la Parola di Dio, non fa sconti, non omette gli argomenti più spinosi e scomodi, non tace quello che potrebbe risultare più impegnativo. Annunciare con integrità e verità la Parola di Dio non è facile, richiede innanzi tutto a noi stessi una coerenza di vita, senza tagli e senza omissioni, ci porta a eliminare dalla vita comportamenti, pensieri, parole che non sono secondo la volontà di Dio. Il vero profeta deve essere pronto a denunciare quello che non è secondo giustizia, che non è secondo verità, non solo a livello sociale (siamo tutti molto bravi a dire quello che non va nella società) ma iniziando dalle persone che ha intorno. Il Signore ci manda ai nostri familiari, agli amici, ai colleghi, ai compagni di scuola perché annunciamo loro, con le azioni prima e con le parole poi, che Dio ci salva e che dobbiamo abbandonare tutto ciò che è male e menzogna. Spesso preferiamo compiacere chi ci sta accanto, avallando e appoggiando scelte sbagliate, contrarie al disegno d'amore di Dio: è in quei momenti che dobbiamo lasciare che lo Spirito ci infonda coraggio e con tanta carità e verità viviamo la nostra profezia, il nostro annuncio della Parola che salva. 
Il Signore ci ha chiamati ad annunciare la sua salvezza a tutti gli uomini del nostro tempo che si sentono perduti, il suo amore a quanti si sentono abbandonati, affinché chi è accecato dall'orgoglio possa vedere le opere di Dio, chi è assordato dall'egoismo possa ascoltare la sua Parola, chi è ferito dal peccato possa incontrare la sua misericordia. Davvero è un compito stupendo quello che il Signore ci affida ogni giorno perché ci dona di vedere non solo le sue meraviglie nella nostra vita ma anche in quella delle persone che mette sul nostro cammino. 



sabato 7 dicembre 2013

Maria, insegnaci ad attendere il Signore - Riflessioni sul Vangelo di domenica 8 dicembre 2013

L'Avvento è il tempo dell'attesa e nessuno meglio di Maria può insegnarci come ci si prepara all'incontro con il Signore Gesù, lasciamoci guidare attraverso quattro parole.
Ascolto. Maria ascolta Dio, accoglie la sua Parola portata dall'angelo. L'ascolto di Maria è un ascolto vero, pieno, attento, libero da pregiudizi, attese, preconcetti, supposizioni, così diventa meraviglia, sorpresa, gioia piena. Maria si lascia riempire dalla Parola di Dio, dal suo amore e si stupisce che Dio abbia potuto guardare proprio a lei.
 Il nostro modo di ascoltare Dio è, invece, spesso distratto, ascoltiamo con le orecchie ma dimentichiamo subito quanto sentito. Altre volte pretendiamo che risponda alle nostre richieste perché pensiamo di sapere meglio di Lui di cosa abbiamo bisogno, oppure pensiamo di sapere già cosa abbia da dirci, da chiederci, da proporci.
Eccomi. Maria risponde prontamente, subito, senza esitare "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me secondo la tua parola". Maria non si ferma a riflettere, non dice a Gabriele "aspetta, fammici pensare un po'!" Risponde subito, anzi chiede anche cosa debba fare perché possa avvenire ciò che è stato annunciato, non valuta se la proposta le convenga, se sia vantaggiosa, comoda, utile.
Quanta difficoltà abbiamo invece noi a dire il nostro "Sì" a Dio, pretendiamo di conoscere i dettagli, vogliamo accertarci che non ci andiamo a perdere, che quello che ci sta chiedendo sia davvero vantaggioso. E così, il più delle volte preferiamo le nostre misere e fragili sicurezze alla sua volontà che ci appare azzardata e per nulla sicura.
Fiducia. Maria dice subito il suo "Eccomi" perché si fida di Dio più che di se stessa, la sua fiducia è vera, concreta, reale, non ha bisogno di rassicurazioni, non chiede segni, non pretende prove, sa che Dio non le chiederebbe mai nulla di male, ma, al contrario, che qualunque cosa le stia proponendo, fosse anche la più assurda, è per il suo bene e per il bene di ogni uomo della storia.
Quanto è difficile per noi fidarci di Dio, abbandonarci alla sua volontà, decidere di credere veramente a Lui. Rimane ancora in noi il sospetto che possa ingannarci per cui preferiamo fidarci di noi stessi, delle nostre fragili forze, anche se siamo caduti molte volte, delle nostre scarse conoscenze, anche se spesso abbiamo sbagliato, dei nostri desideri, anche se spesso si sono dimostrati falsi. Così facendo ripetiamo ogni giorno quella scelta di ribellione e chiusura a Dio che la Genesi descrive con il racconto del peccato originale e noi, come Adamo ed Eva, ci diventiamo incapaci di una vera relazione d'amore con Dio
Umiltà. Maria si fida di Dio perché sa riconoscersi bisognosa di Lui, sa che da sola non può nulla, che senza Dio non è nulla, sceglie la via dell'umiltà, si svuota completamente di se stessa, del suo amor proprio e così lascia spazio a Dio che la può riempire del suo amore.
Oggi "umiltà" è quasi una parolaccia, non ne vogliamo sentire parlare: una persona di successo deve essere spavalda e sicura di sé, "non deve chiedere mai" diceva una pubblicità di alcuni anni fa. Ma tutta questa sicurezza e spavalderia è una maschera che nasconde la paura delle nostre debolezze, delle nostre fragilità e delle nostre ferite. Abbiamo paura di soffrire, di non essere accettati, di non essere amati se ci presentiamo per quello che siamo perciò lasciamo che sia la nostra superbia a guidarci la quale ci porta a fare scelte di cui poi ci pentiamo perché invece di risolverci i problemi ce ne hanno creati dei nuovi.
Quanta differenza tra Maria e noi! Se ci riflettiamo bene capiamo che davvero l'unica via per una relazione vera con Dio è quella tracciata da Maria, la via della fiducia piena, eppure a noi sembra tanto difficile, vorremmo ma nello stesso tempo sappiamo di non farcela.
Per un verso è vero, se pretendiamo di fare tutto da soli non ci riusciremo mai, ci scoraggeremo e ci accontenteremo di una vita scialba e di una relazione con Dio da "cristiani della domenica". Gesù conosce bene le nostre fragilità e sa quanto sia difficile per noi imparare a fidarci di Lui, per questo non ci lascia da soli, ci sostiene, ci dona la sua grazia, la sua forza, perché ci ama così come siamo e ci preferisce fragili e deboli ma sinceri piuttosto che mascherati da perfetti e infallibili.
Per poter accogliere tutto questo, per poter sperimentare che non è solo una bella favola ma la realtà della nostra vita, dobbiamo percorrere la via dell'umiltà, svuotarci di tutte le nostre sicurezze e dire anche noi, ogni giorno, il nostro "Eccomi" al Signore. Un "Eccomi" detto non con le labbra ma con tutta la nostra vita, il Signore non chiama tutti ad andare missionari dall'altro capo del mondo, alla maggior parte di noi chiede di compiere la sua volontà d'amore lì dove siamo, in famiglia, al lavoro o a scuola, con gli amici o i vicini di casa e diventare collaboratori della sua salvezza, fragili e incapaci ma amati da Lui di un amore tenerissimo.

sabato 30 novembre 2013

In attesa dell'Amato - Riflessioni sul Vangelo di domenica 1° Dicembre 2013

Iniziamo questa domenica il Tempo di Avvento in cui la Chiesa ci fa guardare alle due venute di Cristo: la prima nella carne, la sua nascita, il Natale; la seconda nella gloria, l'Ultimo Giorno in cui compirà definitivamente il suo Regno.
Ma come viviamo questo tempo? Per la maggior parte delle persone questo è il tempo dell'ansia: "cosa regalo alla zia Clotilde questo Natale?" "Cosa cucino per il pranzo di Natale?" "Da chi andiamo a Natale?". Ma è anche il tempo delle lamentele "Ma hai visto che prezzi che hanno i panettoni quest'anno?" "Ma ti pare che quello mi doveva invitare? E come faccio a dirgli di no?" "Che noia le cene coi parenti!".
Se state sorridendo (come penso) sapete di cosa sto parlando!
L'Avvento però non è questo, è tempo di meditazione, di riflessione, tempo in cui mi devo porre alcune domande fondamentali, in cui devo verificare alcuni nodi importanti della mia vita, per capire dove sto andando, come sto vivendo!
La prima parte di questo Tempo siamo invitati a guardare alla seconda venuta di Gesù, la frase centrale del Vangelo di questa domenica è "Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà".
Mi chiedo "Sto aspettando la venuta di Gesù?"
Sembra una domanda scontata ma moltissimi cristiani vivono senza nemmeno chiederselo, semplicemente vivendo vite identiche agli altri, in nulla differenti, come se il Signore ormai fosse lontano e se ne rimanesse a casa sua. Prima cosa, allora, è capire che un cristiano deve attendere la venuta di Cristo.
Poi però devo chiedermi "Come sto aspettando la venuta di Cristo?"
Anche questa non è una domanda scontata, moltissimi cristiani aspettano la venuta di Cristo con la stessa trepidazione con cui si aspetta un controllo fiscale o la visita dal dentista: se potessi la eviteresti.
Così la preghiera centrale dell'Avvento, "Vieni Signore Gesù", in realtà è seguita da "ma fa' con comodo, non affrettarti, aspetta ancora un po'".
Come aspetta Gesù che viene un cristiano autentico? Lo aspetta come si attende il ritorno dell'amato, dell'amore della propria vita, come si aspetta colui che viene a prendermi per portarmi nel luogo più bello che esista, come si aspetta colui che viene a donare alla mia vita la gioia più grande.
Allora la preghiera diventa "Vieni Signore Gesù, non tardare, affrettati, fa' presto, ti aspetto, voglio incontrarti, voglio lasciarmi abbracciare da Te, Tu che sei l'amore della mia vita, Tu che sei il tutto della mia vita".
Ma perché abbiamo paura della venuta di Gesù? Perché la nostra coscienza ci dice che abbiamo qualche conto in sospeso con Lui, che le scelte della nostra vita non sono sempre state così limpide come vorremmo credere, che non siamo proprio del tutto a posto. Beh, che problema c'è? Il Signore non ci vuole mica perfetti, ci vuole sinceri, disposti a riconoscere i nostri errori, pentiti dei nostri peccati, disposti ad impegnarci seriamente a non ricaderci, aperti a ricevere la sua misericordia, il suo perdono.
Se ci accorgiamo che è un pezzo che non riceviamo il dono del perdono del Signore nella Confessione, ora è il tempo giusto per prendere coraggio e confessarci, per mettere a posto le cose, per ritornare nella piena comunione con Lui, per sperimentare in noi, ancora una volta, la sua misericordia che ci riempie di gioia.
Ma non fermiamoci qui, in questo tempo, prendiamoci qualche spazio per incontrare un po' il Signore, impariamo ad ascoltare con attenzione la sua Parola, innanzi tutto a Messa (dalle facce che vedo la domenica ho l'impressione che se invece della Parola di Dio venisse letto l'elenco del telefono a molti non cambierebbe gran ché). Rinunciamo a tante parole inutili e gridate che affollano la nostra vita, programmi televisivi, giornali di gossip, post sui social network, per ascoltare un po' di più la Parola che parla con dolcezza e amore al nostro cuore. Non lasciamo che tutto il rumore del mondo faccia addormentare la nostra coscienza e il nostro cuore: Vegliamo! Solo se ascoltiamo la sua voce sapremo riconoscerlo quando verrà e saremo pronti per entrare nel Regno che ha preparato per noi.
Impariamo poi a vivere secondo la gioia che il Signore ci dona. Papa Francesco ce lo ha detto molte volte, un cristiano non può essere triste, non può avere il muso lungo, perché il cristiano è colui che sa di essere amato da Dio di un amore infinito e sentirsi amati è la cosa che dona la gioia vera.
Inizieremo così a desiderare il Signore, l'incontro con Lui e sinceramente e di cuore gli diremo "Vieni Signore Gesù"!

domenica 24 novembre 2013

Dio è un Padre che coccola i suoi figli

Esattamente dieci anni fa, giorno più giorno meno, venivo ammesso tra i candidati all'Ordine del diaconato e del presbiterato, era il primo "atto ufficiale" con cui la Chiesa riconosceva nella mia vita la chiamata di Dio al sacerdozio.
Per quella celebrazione mi fu chiesto di scegliere la Parola che più aveva segnato il mio cammino di discernimento, la Parola con cui Dio mi aveva chiamato, io scelsi Gv 13,1 "...avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine". I motivi per cui scelsi quella Parola sono diversi, alcuni li sto ancora scoprendo, ma i principali penso siano due.
Il primo motivo è che mi sono sentito amato dal Signore di un amore smisurato, pieno, totale, fino alla fine, ho capito che se anche nella vita tutti mi avessero abbandonato e voltato le spalle Lui sarebbe sempre stato accanto a me, mi avrebbe sempre e comunque amato di un amore tenerissimo e pieno.
Il secondo motivo è che capii che mi chiedeva di essere strumento di quel suo amore, che attraverso la mia vita, le mie mani, le mie parole, voleva continuare ad amare tutti "fino alla fine". Così ho vissuto la mia formazione in seminario e questi anni di ministero con questo desiderio: essere strumento dell'amore di Dio.
Perché abbia scelto proprio me non penso lo capirò mai, ho difetti, fragilità, debolezze tali che riesco spesso a rovinare le meraviglie che vuole compiere attraverso di me, ma da tempo mi sono arreso a Lui e al suo amore, gli chiedo perdono dei pasticci che combino ma resto meravigliato ogni giorno di quello che riesce a fare con questo povero zuccone che sono!
In questi dieci anni posso dire che non ci sia stato giorno in cui Dio non si sia mostrato un Padre che coccola, mi sono sentito sempre molto coccolato da Dio.
Mi ha donato una famiglia in cui ho imparato cosa significhi essere amati gratuitamente e pienamente, sempre e comunque.
Mi ha donato amici preziosissimi e sinceri durante gli anni di Seminario, con molti di loro condividiamo ora la gioia del ministero sacerdotale e li sento come miei veri fratelli.
Mi ha donato comunità parrocchiali in cui ho vissuto l'esperienza della famiglia, della Sua famiglia: san Gerardo a Monza (ben prima di dieci anni fa!) poi qui a Roma san Vigilio, la mia comunità di origine, in cui mi sono sempre sentito amato, stimato e custodito dalla preghiera di tutti e poi santa Galla, la mia prima parrocchia da sacerdote dove ho vissuto anni davvero bellissimi (e spero di continuare a viverne) anche qui amato, stimato e custodito.
Mi ha donato amici preziosi con i quali mi confronto sui temi che più mi stanno a cuore, che mi sostengono e incoraggiano con il loro affetto tenero, gratuito e immeritato, che mi confortano nei momenti più faticosi e con i quali condivido le gioie di questa meravigliosa avventura che è essere prete.
Insomma, Dio mi ha coccolato molto fino ad ora, ben più di quanto non mi potessi immaginare, ma non solo gli piace coccolarmi, gli piace anche sorprendermi così da qualche tempo se ne è inventata una nuova!
Mi ha donato di incontrare una nuova comunità in cui ha continuato a coccolarmi, la comunità carismatica "Gesù ama" che mi ha accolto, in cui mi sono sentito voluto bene da subito e che è ora per me motivo di grande gioia. Solo sei mesi fa mi sembrava impossibile (e non solo a me) che proprio io partecipassi alla preghiera carismatica e mi ci potessi trovare bene, ma, come già ho detto, a Dio non solo piace coccolare i suoi figli ma anche sorprenderli.
Scrivo tutto questo perché è un modo per dire il mio grazie al Signore ma soprattutto perché desidero che quello che ho vissuto e sperimentato nella mia vita lo possano vivere e sperimentare tutti!
Dio non coccola mica solo me! Vuole coccolare tutti, vuole confortare, guarire, incoraggiare, sostenere ciascuno dei suoi figli con modi tenerissimi e sorprendenti e se ci sembra che lo faccia solo con gli altri e non con noi è perché siamo noi a non essere disposti a farci coccolare da Lui. Impariamo, lo dico a me stesso innanzi tutto, a lasciarci amare e coccolare da Dio eliminando le paure e le forzature che ci tengono lontani da Lui.
Quando poi ci saremo scoperti amati e coccolati sapremo anche farci suoi strumenti affinché attraverso la nostra vita possa coccolare chi ha bisogno di sentirsi abbracciare dal più affettuoso dei papà. Io lo faccio, o almeno ci provo, cerco di essere strumento nelle sue mani e, sapete una cosa, vedere che le coccole di Dio per i fratelli passano attraverso la tua vita, la tua fragile umanità, è davvero bello.

sabato 23 novembre 2013

Cristo, mio Re - Riflessioni sul Vangelo di domenica 24 novembre 2013

C'era una volta... così iniziavano le favole che ci raccontavano quando eravamo bambini, che ci affascinavano tanto e che ci facevano sognare di principi, principesse, regine e re, così, per la maggior parte di noi i re sono quelli delle favole, hanno una corona d'oro, un manto di velluto, un trono dorato e soffice, gioielli preziosi, un palazzo sontuoso.
Celebriamo in questa domenica la festa di Cristo Re dell'Universo e, forse, ci piacerebbe pensare a Gesù come i re delle favole, un'immagine maestosa e trionfante... il Vangelo però ci presenta un'immagine ben diversa che non facile da comprendere.
Gesù è decisamente un Re fuori dagli standard: ha per corona dei rovi spinosi, per manto le ferite della flagellazione, per trono la croce, per gioielli i chiodi e per palazzo una collinetta il cui nome, luogo del cranio, è sufficientemente eloquente. Tutto sembra tranne che un Re, eppure lì sulla Croce, ferito e umiliato, è proprio il nostro Re, è il Re dell'Universo.
Nemmeno quelli che gli stanno intorno riescono a riconoscere Gesù come Re (...e sì che era anche scritto!) infatti lo deridono, lo insultano, lo tentano e lo umiliano. Uno solo riesce a guardare oltre l'apparenza e riconosce in Gesù il Re dell'Universo, il buon ladrone che gli chiede con un filo di voce: "ricordati di me nel tuo regno".
Ma come ha fatto? Cosa ha visto il buon ladrone?
Innanzi tutto ha visto se stesso e il proprio peccato, ha visto le proprie debolezze, le proprie colpe, la propria fragilità, ha compreso come le sue azioni, le sue scelte, le sue ribellioni, lo abbiano portato fin lì sulla croce, perché il male, il peccato, ci conducono sempre verso la morte, la morte della nostra anima. Poi ha visto Gesù e la sua innocenza, ha visto il suo atto d'amore pieno, completo, incredibile, ha visto la sua pazienza, la sua mitezza, il perdono per chi lo aveva ingiustamente condannato al più orribile dei supplizi e ha capito che solo Dio può essere capace di un amore simile. Solo Dio può amare noi, fragili, deboli, traditori e ingrati, più di quanto ami se stesso. Il buon ladrone ha superato l'apparenza, ha saputo vedere oltre i limiti terreni, ha intravisto in quell'amore immenso il Regno di Dio e, con tanta umiltà, non ha chiesto di poterci entrare ma solo un ricordo. Umiltà e amore hanno aperto il suo cuore e lo hanno reso capace di riconoscere e scegliere Gesù Crocifisso come suo Re.
Attorno a noi tante voci ripetono continuamente le parole sprezzanti di quelli che stavano sotto la croce, cercano di farci fermare all'apparenza, di farci pensare che Gesù abbia perso, che sia un fallito, che abbia sbagliato tutto e che non si può affidare la propria vita a uno che è morto così.
Non ascoltiamo quelle voci! Apriamo invece il nostro cuore, impariamo a riconoscerci bisognosi del Signore Gesù, del suo amore immenso e tenerissimo che possiamo contemplare ogni volta che lo guardiamo crocifisso per noi, per me! Non dobbiamo aver paura di scoprirci deboli, fragili, peccatori, perché Lui si è fatto per noi debole e fragile ed è morto proprio per liberarci dalle nostre fragilità, dal nostro peccato.
Scegliere il Signore Gesù come mio Re, come Signore della mia vita, non è annullare la mia libertà, è, al contrario, l'unica via di libertà: libertà dalla schiavitù del male, del peccato, della morte. Quante volte nella vita ci siamo trovati schiavi del nostro male, delle nostre scelte, dei nostri errori, delle voci attorno a noi!
Impariamo dal buon ladrone, facciamo nostre le sue parole, la sua semplice e timida preghiera "Signore, ricordati di me nel tuo regno" e anche a noi il Signore dirà "in verità ti dico oggi sarai con me in paradiso".

sabato 16 novembre 2013

Testimoni dell'amore eterno - Riflessioni sul Vangelo di domenica 17 novembre 2013

Un esperto di marketing o di strategia politica, davanti al discorso che la liturgia ci fa ascoltare in questa domenica, avrebbe rimproverato severamente Gesù. "Non è così che si fanno i discorsi, se vuoi che la gente ti segua, ti voti, o che compri i tuoi prodotti non devi dirle la verità, devi dirle quello che vuole sentirsi dire: che sarà tutto bellissimo, che andrà tutto bene, che saranno tutti felici".
Gesù, invece, sceglie la verità, non inganna i suoi, non gli fa credere che tutto sarà facilissimo e bellissimo, li mette in guardia dall'ostilità e dalla falsità del mondo, questo è il suo stile.
Per questo Gesù è sempre stato scomodo, ha sempre denunciato le ipocrisie di farisei, scribi e Sinedrio, ha smascherato le loro falsità impedendo loro di accumulare prestigio e ricchezza sulla sofferenza della gente.
Oggi, dopo duemila anni, le cose non sono cambiate di una virgola! Anche oggi il cristiano, quello vero, quello che vive secondo lo stile di Gesù, è scomodo perché svela gli inganni e smaschera le menzogne di una cultura manipolata da pochi potenti che cercano solo il proprio guadagno. Il cristiano vero, però, non è solo scomodo perché denuncia la falsità ma soprattutto perché è portatore di una buona notizia che è veramente rivoluzionaria: Dio ama ogni uomo di un amore eterno e infinito. Come dite? Non sembra una notizia rivoluzionaria? Se è così è perché ci siamo abituati a quest'idea, perché non ne abbiamo compreso la verità profonda e, soprattutto, perché non ci crediamo pienamente.
Sapere che Dio mi ama di un amore eterno e infinito non può che cambiarmi radicalmente la vita: non sono più abbandonato a me stesso, alla mia solitudine e se non sono più solo la mia vita sarà molto più serena e felice, non c'è più problema o sofferenza che mi possano angosciare e fare paura perché sono nelle Sue mani.
E perché tutto questo sarebbe scomodo? Non dovrebbe essere una notizia importante da portare a tutti? Sì, è così ma una persona felice e serena, che si affida pienamente al Signore, è una persona che spende meno, che è meno economicamente redditizia perché non cerca compensazioni affettive nei beni materiali, perché non litiga per imporre il proprio volere agli altri, non fa guerre per impossessarsi dei beni altrui.
Un vero discepolo di Gesù, quindi, è scomodo perché è felice, gioioso, appagato dalla relazione con Dio che vive nell'amore donato ai fratelli, per l'economia, però,un cataclisma!
Il cristiano vero è colui che segue il suo Signore, che passa per la Sua stessa strada. Il primo ad essere stato perseguitato, incarcerato, portato davanti a tribunali, deriso, tradito dalle persone più care è proprio Gesù e se noi vogliamo essere suoi seguaci dobbiamo essere pronti ad andargli dietro anche lì dove è più difficile.
La prospettiva della persecuzione non piace a nessuno (nemmeno Gesù ne era contento) ma il Signore ci esorta a perseverare a non lasciarci scoraggiare e impaurire, non ci abbandona, anzi sarà Lui a prendere le nostre difese, a suggerirci le parole da dire per confondere chi ci accusa.
La nostra epoca non sa cosa sia la perseveranza, alla prima difficoltà si lascia tutto, si fugge, si rinuncia. Le cose importanti della vita, quelle che la riempiono, ci chiedono di perseverare, di non rinunciare facilmente, di affrontare le difficoltà.
Se siamo discepoli di Gesù, se siamo cristiani, è perché abbiamo riconosciuto il suo amore nella nostra vita, abbiamo iniziato a vivere di un amore eterno che ci ha riempito e ci ha dato gioia e serenità. Non permettiamo a nessuno di toglierci tutto questo, anzi testimoniamo con perseveranza attraverso la nostra vita che veramente Cristo ci ha tanto amato da dare se stesso per noi, da morire in croce per ciascuno di noi. Facciamo in modo che lo sappiano tutti, che tutti quelli che ci incontrano possano leggerlo nei nostri occhi, nei nostri gesti, nelle nostre parole.
E così la nostra gioia sarà ancora più piena, sembra assurdo o illogico, ma è davvero così: vivere da testimoni dell'amore eterno è il modo più bello di vivere.

sabato 9 novembre 2013

L'abbraccio dello Spirito

Questa sera sono stato alla preghiera della Comunità Gesù Ama del Rinnovamento Carismatico Cattolico.
Chi mi conosce bene ora forse sarà piuttosto stupito e si stupirà ancora di più leggendo che ne sono davvero molto contento.
Era la prima volta che partecipavo alla preghiera di una comunità carismatica, per lo più perché non ce n'era mai stata l'occasione ma anche perché le mie esperienze di spiritualità hanno sempre avuto stili "più classici".
Ho conosciuto i giovani della Comunità Gesù Ama in occasione della Missione Gesù al Centro che si è svolta nella Prefettura della mia parrocchia, in quelle serate abbiamo pregato insieme e mi ha colpito molto la profondità della loro preghiera, così ho deciso di accettare l'invito a partecipare.
Chi non ha mai partecipato alla preghiera carismatica forse potrebbe inizialmente restare un po' sconcertato, è una preghiera sicuramente fuori dall'usuale, se con usuale intendiamo la preghiera che possiamo trovare nelle nostre parrocchie...
Vorrei descriverla ma mi accorgo che le parole potrebbero solo confondere o, peggio, insospettire.
Descriverò invece quella che è stata la mia esperienza, anche se è un'impresa tutt'altro che semplice.
Mi vengono alcune parole: accoglienza, abbraccio, armonia, gioia, riposo.
Accoglienza: mi sono sentito accolto da tutti come un fratello, mi sono sentito in famiglia, mi sono sentito amato da persone che mi vedevano per la prima volta e io stesso li ho percepiti come fratelli. Detta così sembra una bella emozione ma non si è trattato di una emozione ma di qualcosa di molto più profondo.
Abbraccio: mi sono sentito abbracciato, da Dio innanzi tutto e poi dai miei fratelli, mi sono sentito custodito, tenuto al sicuro, come un bimbo in braccio a mamma o papà.
Armonia: è la parola che meglio descrive quello che ho percepito intorno a me, anche e soprattutto nel momento della preghiera in lingue, un'armonia che non era frutto di prove, come farebbe un coro, ma che percepivo essere l'armonia dei cuori animati dall'unico Spirito.
Gioia: quella profonda, quella del cuore, quella che solo Dio sa donare. La conosco bene, il Signore è molto buono con me e mi ha donato di gustarla spesso e ogni giorno mi offre occasioni per "fare il pieno": a volte è una confessione, altre una celebrazione, altre una lettura della sua Parola, altre ancora un incontro o una catechesi, questa sera è stata questa preghiera.
Riposo: sebbene non abbia vissuto il "riposo nello Spirito", la sensazione che ho ora, tornato a casa, è quella di un grande riposo, non dalle fatiche del corpo ma di tutta la persona, un riposo del cuore. Sant'Agostino diceva "Ci hai fatti per te Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te", penso si riferisse a questo.
Ho scritto queste righe di getto, non ho badato molto alla forma, ma sentivo il bisogno di raccontare quanto il Signore mi ha voluto donare questa sera e se qualcuno fosse rimasto incuriosito da quello che ho scritto, se volesse saperne di più, beh... "Vieni e vedi"! (Gv 1,46)
http://gesuama.it/

Vita da risorti - Riflessioni sul Vangelo di domenica 10 novembre 2013

Dicono che in questa vita ci sia una sola cosa certa: la morte. Sarà anche vero ma  a me questa prospettiva proprio non piace e non ho alcuna intenzione di farmela piacere!
Ma andiamo con ordine.
Al tempo di Gesù c'era un gruppo di fedeli israeliti che non credevano alla resurrezione annunciata da profeti come Ezechiele o Osea (solo per citarne un paio), erano convinti che esistesse solo questa vita e la morte fosse la conclusione di tutto. Oggi i sadducei non ci sono più ma la loro visione della vita e della morte è ancora ampiamente diffusa.
A nessuno fa piacere parlare della morte ma è proprio da come la consideriamo che dipende il nostro modo di vivere.
Quanti la pensano come i sadducei devono sbrigarsi a vivere e vivere bene, perché è vero che la morte è l'unica cosa certa ma nessuno sa quando arriva. Così chi ha come unica prospettiva la tomba, la fine di tutto, cerca di farsi bastare quello che riesce ad accaparrarsi in questa vita, vive prendendo da chi gli sta intorno, si trova costretto ad elemosinare affetto, amore, interesse, attenzione; le amicizie deve sceglierle bene, che non gli diano problemi, anzi che siano sempre disposti a colmare i suoi bisogni, ad assecondare i suoi desideri, anche il matrimonio è un prendere, sposano la persona che soddisfa i loro bisogni del momento.
Pensate che la mia analisi sia esagerata? Lo vorrei anche io ma se aprite bene gli occhi e vi guardate intorno vi accorgerete che è così, che molte persone vivono prendendo da chi hanno accanto e anche quando danno qualcosa è perché si aspettano altro in cambio.
Gesù ci propone qualcosa di molto differente: la Vita eterna!
Ma cos'è la vita eterna? Tecnicamente funziona così: al momento della morte la nostra anima, che è immortale, sale a Dio mentre il nostro corpo si corrompe e torna ad essere quello che era: terra.
Questa situazione è però temporanea, dura solo fino all'Ultimo Giorno quando il Signore farà risorgere i nostri corpi dalla terra (non chiedetemi come farà, ma fidatevi ché Lui le cose le sa fare e le fa sempre bene), li riunirà alle nostre anime e ci renderà simili a Lui risorto e vivremo nell'eternità del suo Amore.
Questa sembrerebbe una pia e confortante teoria, un bel racconto, ma Gesù non si limita a raccontare, non ci ha solo spiegato cosa sia la Vita eterna e cosa fare per averla, ce lo ha fatto vedere, è morto in croce ed è risorto per tracciarci la strada, ce lo ha dimostrato con la sua stessa vita.
Aspettate, mica è finita qui! Sì, perché la Vita eterna non è una realtà che vedremo solo dopo la nostra morte, è qualcosa che possiamo vivere già da oggi!
Con il dono del Battesimo il Signore ci ha già resi partecipi della sua resurrezione, ci ha già immersi nell'amore di Dio, ci ha resi capaci di amare e di vivere come fa Lui.
Coloro che accolgono il dono della Vita eterna iniziano a viverla già da ora, non prendono ma donano, la loro vita diventa un amore donato come è l'amore di Dio, si sposano ma non per prendere amore dal coniuge ma per donarsi a lui/lei totalmente e divenire l'uno per l'altra via al cielo.
Un figlio assomiglia a suo padre non solo nei tratti somatici ma anche nei modi e nei comportamenti, essere figli di Dio significa, quindi, assomigliare a Dio nei comportamenti, amare come ama Lui.
Se impariamo a vivere da figli di Dio la nostra vita cambia in modo radicale. La morte non sarà più il muro contro cui si infrange la nostra esistenza ma il passaggio attraverso cui entreremo nella nostra vera patria e così non ci farà più paura!
Vivere da risorti significa non dover più elemosinare affetto, attenzione, interesse dagli altri, non dover prendere da amici e parenti ma è imparare a donarsi per amore ai fratelli.
Agli altri, ai sadducei dei nostri giorni, sembra un atteggiamento da perdenti, da folli o da illusi, sembra una insensata rinuncia a godersi la vita, ma i risorti sanno che non solo non si perde nulla ma anzi ci si ritrova ricchi, ricchi di una gioia che nulla e nessuno potrà mai togliere.
Io ho scelto di vivere così, ho scelto di dare fiducia a Gesù, di credere a quello che mi ha detto e, finora, non solo non ho avuto motivi per ricredermi ma ne ho invece una lista lunghissima che mi conferma che ho fatto la scelta giusta!
Non mi interessa vivere con un piede nella tomba se posso vivere con il cuore nel Cielo!

mercoledì 6 novembre 2013

Le cose belle della vita 1

Ventidue anni fa, giorno più giorno meno, iniziavo il mio servizio di catechista (sì, ho iniziato giovane ma evidentemente il Signore aveva progetti precisi). In questi anni ho accompagnato prima tanti bambini alla Prima Comunione, poi molti ragazzi e giovani alla Cresima e non voglio dimenticare un gruppo speciale a cui ho voluto particolarmente bene: un gruppo di carcerati di Rebibbia di cui sono stato catechista al mio quinto anno di seminario.
Raccontare la mia fede è sempre stata un'esperienza di gioia grande, portare dei fratelli all'incontro con Gesù, quell'incontro che a me ha cambiato la vita, è sempre stato ciò che ha riempito la mia vita.
Non che sia sempre stato semplice, anzi non lo è stato quasi mai, ma anche nella fatica il Signore non mi ha mai fatto mancare la sua consolazione e il suo incoraggiamento (e in alcuni momenti ne avevo un disperato bisogno).
Nei primi anni ciò che più mi stupiva era lo scoprire che mentre parlavo ai bambini o ai ragazzi di Cristo, Lui parlava a me attraverso le mie stesse parole così, alla fine dell'incontro, mi scoprivo cresciuto nella fede, nella comunione e nella intimità con Lui.
Oggi, dopo 22 anni, è ancora così! Alla fine di una giornata in cui ho incontrato diversi gruppi, magari anche ripetendo incontri già tenuti ad altri negli anni passati, mi accorgo di essere più ricco, di conoscere Gesù un po' di più e questo continua a riempire il mio cuore di gioia, e ringrazio Dio che su questo nulla sia cambiato.
In questi anni mi è anche capitato di vedere qualcuno dei ragazzi di cui ero stato catechista diventarlo a sua volta e lì ho provato quella soddisfazione e quell'orgoglio di un papà che vede il proprio figlio fare la scelta giusta, quella che gli cambierà la vita.
Quindi, se ad uno dei vostri sacerdoti venisse in mente di chiedervi di essere catechista, non pensateci troppo, mica l'ha deciso lui, ve l'ha mandato il Signore! Dite di sì! È una delle cose più belle che possano capitarvi... provare per credere!
(Quali sono le altre? Datemi tempo! Questo è solo il secondo post!)

martedì 5 novembre 2013

Ecco il mio blog.

Ecco il mio blog... 
Era da tempo che ci stavo pensando e mi chiedevo: ma è davvero necessario un altro blog di un prete? 
Poi ho trovato la risposta: NO, non è necessario, ma forse potrà essere utile. 
Vorrei pubblicare le mie riflessioni, brevi commenti al Vangelo della domenica, esperienze e suggerimenti. 
Per chi? Per nessuno e per tutti. Non ho la pretesa di avere tutte le risposte, ma faccio molte domande a me stesso e a Dio. 
Delle mie risposte non ve ne fareste gran ché, quindi evito, posterò invece le risposte che Dio mette nella mia vita perché forse possono essere anche a qualcun altro.  
Ogni commento, contributo, critica, saranno utili e ben accetti.