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sabato 30 agosto 2014

Questione di progetti - Riflessione sul Vangelo di domenica 31 agosto 2014

Abbiamo tutti vite diverse, impegni diversi, situazioni personali e familiari diverse, eppure tutti cerchiamo una sola cosa: la felicità.
Ognuno però ha una propria idea di felicità, per qualcuno è la carriera brillante e di successo, per qualcun altro è il divertimento, per altri è una bella famiglia, per altri ancora è avere una bella casa... potremmo andare avanti all'infinito, ognuno di noi associa la propria idea di felicità a qualcosa di specifico, raramente è una sola cosa, spesso è un'insieme di elementi, quasi mai riusciamo ad arrivare ad avere tutto quello che ci eravamo prefissati per cui la maggior parte di noi si accontenta e si fa bastare quello che ha. 
Ma è davvero così? Davvero la nostra felicità dipende da questi fattori, dalla buona riuscita dei nostri progetti?
Ecco il vero problema: i nostri progetti! Sì, perché tutti abbiamo progetti in mente, tutti pensiamo di sapere come dovrebbe girare il mondo (o per lo meno la nostra vita) stabiliamo cosa sia un successo e cosa sia una perdita, esultiamo per l'uno e ci demoralizziamo per l'altro e così la vita è una continua altalena. Ma quante volte ci è già accaduto che un evento che avevamo giudicato un disastro si è poi rivelato un'occasione preziosa e quante altre volte un successo si è rivelato solo apparente?
I nostri progetti hanno un difetto: ci somigliano! Come noi sono imprecisi, arrangiati, non tengono conto di tutte le variabili, non hanno ben chiara la meta e come arrivarci...
Da tutto questo sistema, che ci crea solo pasticci, se ne esce in un solo modo: abbandonando i nostri progetti imprecisi e iniziando a seguire i progetti di Dio che sono precisi, infallibili, accurati, che hanno una meta precisa e una via certa. 
Gesù ci chiede di abbandonare il nostro modo di pensare e di iniziare a pensare come pensa Dio, di iniziare a fidarci di Lui, dei suoi progetti anche quando la strada sembra quella sbagliata perché umanamente sembra di perdere. 
Gesù ci invita a prendere la nostra croce e a seguirlo, disposti a perdere la vita... ma quante pretese!?!
Ma cos'è veramente la croce? 
Se la leggiamo secondo gli uomini è uno strumento di sofferenza e di morte e noi la pensiamo sempre così, ci ritroviamo poi a pensare che il Signore voglia vederci soffrire o che, per lo meno, lo pretenda come biglietto d'ingresso per il Paradiso.
Se invece la leggiamo secondo Dio la croce diventa il luogo del dono d'amore più grande, del dono totale di se stesso per noi ed è un amore così grande che fa dimenticare anche la sofferenza e il dolore.
Detto così sembra un po' troppo teorico, facciamo un esempio. Pensiamo a una mamma che abbia un figlio di pochi giorni, i neonati spesso scambiano il giorno con la notte e alle 3 del mattino piangono disperati perché hanno fame. La mamma si deve alzare per allattare il pargolo e non penso lo faccia saltando dal letto ed esultando per essere stata svegliata per la ventesima notte di seguito a quell'ora! Eppure lo fa, con fatica e  sofferenza ma lo fa e lo fa per amore e quell'amore vince la fatica e la sofferenza. 
Gesù questa domenica ci chiede di perdere per lui la nostra vita, cioè di abbandonarci alla sua volontà, rinunciando ai nostri progetti, lo fa non perché abbia necessità di noi ma per offrirci una vita vera, piena, gioiosa perché quando compiamo la volontà di Dio nella nostra vita troviamo la nostra pienezza, troviamo quella felicità che per tanto tempo siamo andati cercando in molte cose ma senza trovarla. 
Ne vale la pena! Vale davvero la pena rinunciare a noi stessi, in fondo rinunciamo a ben poco ma in cambio il Signore ci dona molto di più, ci dona la vita eterna!!!

venerdì 8 agosto 2014

Oltre le nostre paure - Riflessione sul Vangelo di domenica 10 agosto 2014

La vita è già abbastanza complicata...
Quante volte ci siamo trovati a dire o ad ascoltare questa frase? Sì, perché spesso la nostra vita è davvero complicata e faticosa. Ma cos'è che la rende così?
I fattori possono essere molti am questa domenica Gesù ci aiuta a metterne a fuoco due: la paura e la presunzione di sapere come debbano andare le cose.
Dopo la moltiplicazione dei pani, l'evangelista Matteo ci riferisce che Gesù dovette costringere i suoi discepoli a partire in barca per l'altra riva del Mare di Galilea, che poi è solo un lago e nemmeno tanto grande. Ma perché dovette costringerli, perché non volevano andare? Non per riguardo a Gesù, perché non volevano lasciarlo solo ma perché sapevano bene che dopo il tramonto del sole sul lago si scatenano molto spesso venti molto forti e ne avevano una gran paura. Quando poi Gesù va loro incontro camminando sulle acque ricadono nuovamente nella paura, credono infatti, che Gesù sia un fantasma, e la loro presunzione di sapere come funzionano le cose li rende incapaci perfino di riconoscere Gesù; anche Pietro, che in uno slancio di fiducia cammina sulle acque verso Gesù, alla prima difficoltà si lascia prendere dalla paura e inizia ad affondare.
È la paura che ci fa affondare, che ci fa dubitare del Signore, di quello che ci chiede e ci propone. Anche noi, come i discepoli, pensiamo di sapere come debbano andare le cose, pensiamo di dover contare solo sulle nostre forze e sulle nostre conoscenze, facciamo fatica a fidarci debbano andare le cose, pensiamo di dover contare solo sulle nostre forze e sulle nostre conoscenze, facciamo fatica a fidarci del Signore, specie quando ci chiede qualcosa che è al di fuori dei nostri programmi o al di là delle nostre sicurezze. Anzi, proprio per non trovarci a doverci misurare con quanto temiamo, spesso preferiamo non ascoltare proprio quello che il Signore ci chiede, preferiamo restare con le nostre certezze e sicurezze.
Gesù invece ci spinge a superare le nostre paure e a mettere in discusione le nostre sicurezze, non per fare di noi dei temerari incoscienti con sprezzo del pericolo e pronti a tutto ma chiedendoci di fidarci di Lui, della sua parola e della sua provvidenza.
Gesù non vuole farci affondare nel mare del dolore ma farci affrontare le tempeste della vita con la sicurezza che quando siamo con Lui, quando compiamo la sua volontà, quando ci fidiamo di quello  che ci chiede, troviamo la serenità e la pace.
Iniziamo, allora, questa domenica a dire al Signore: voglio fidarmi di te anche quando mi chiedi qualcosa di cui non penso di essere capace, quando credo di sapere come debbano andare le cose e mi sembra impossibile che possano andare diversamente da così.
Scegliere di fidarsi del Signore più che delle proprie paure non è facile ma è ciò che fa la differenza tra una vita con l'acqua alla gola e una vita che giunge serenamente alla riva.

venerdì 1 agosto 2014

Un poco che diventa tutto - Riflessione sul Vangelo di domenica 3 agosto 2014

Lo dicono tutti, e ne siamo tutti convinti, viviamo in una società stressata e siamo tutti stressati!
Sembra un luogo comune, invece è una triste realtà: abbiamo mille impegni, attività, scadenze, molti di noi vivono come se la sopravvivenza del mondo intero dipendesse da loro, gli altri non arrivano a tanto ma poco ci manca. Ci preoccupiamo per un sacco di cose, vaghiamo a destra e a sinistra in cerca di qualcuno che ci dia un'idea buona, un suggerimento, un consiglio per andare avanti, per risolvere i problemi, per affrontare le difficoltà.
In questo mare di voci che chiedono, pretendono, suggeriscono, informano, gridano, la voce di Dio è una delle tante, la vita cristiana è un impegno tra gli altri, per lo più lo espletiamo con la Messa domenicale e, forse, con una preghiera un po' di fretta la mattina o la sera, perché noi abbiamo tante cose a cui pensare.
Anche le folle ai tempi di Gesù andavano vagando "come pecore senza pastore" ed Egli ne ebbe compassione, ne comprese, cioè le ansie e le preoccupazioni, si prese cura di ciascuno, guarì i malati, insegnò a guardare alla vita con la serenità che nasce quando si compie la volontà del Padre.
Anche a noi fermarci ad ascoltare la Parola di Dio, partecipare alla Messa domenicale, pregare un po', fa bene, ci distende, ci rilassa, ci permette di mettere la vita nelle mani del Signore e lasciarci coccolare da Lui.
Ma poi la Messa finisce e tutto il coro delle altre voci ricomincia, riprendono le ansie e le preoccupazioni, le stesse che avevano i discepoli quella sera di duemila anni fa: hanno bisogno di mangiare, mandiamoli nei villaggi così ognuno si procurerà il cibo necessario. Torniamo, cioè, a dover provvedere da soli alla nostra vita, ad affannarci per riuscire a mettere qualcosa nel piatto, a pagare le bollette...
La risposta di Gesù lascia perplessi i discepoli e forse anche noi: "Non occorre". Non ce n'è bisogno perché c'è Lui, c'è Gesù che ha compassione di quella gente, sa cosa provano, sa quali problemi li preoccupano, sa quali sono i bisogni di ciascuno. Il resto lo sappiamo: prende i cinque pani e i due pesci e sfama tutta quella folla sterminata, ma se lo ha fatto una volta, perché non può farlo ancora? Perché non può prendersi cura anche di noi?
A differenza di quella folla, noi ce ne andiamo, cerchiamo altrove il nostro cibo, il nostro nutrimento, andiamo a chiedere ad altri ciò che ci necessita per vivere, ma gli altri ci danno un cibo terreno, che deperisce (oggi diremmo che ha la data di scadenza) e che non ci sazia.
Che vuol dire? Che dovremmo restare in chiesa tutto il giorno?
No, ovviamente, ma restare con il Signore Gesù, sì! Restare con Lui significa lasciarsi sfamare da Lui, lasciare che prenda il nostro poco e lo moltiplichi, tutto il nostro poco! Viviamo fino in fondo il nostro oggi, consegnandolo tutto al Signore: il nostro lavoro, i nostri impegni di studio, il nostro essere genitori, figli, nonni, fratelli, amici, consegnandogli quello che ci preoccupa, quello che ci sembra che non ci possa bastare e lasciando che provveda Lui a moltiplicarlo.
Se ora state pensando che a dirlo sembra facile ma poi le bollette arrivano lo stesso, vi posso assicurare che se davvero consegniamo tutta la nostra vita al Signore, ma deve essere davvero tutta, non possiamo tenere sotto il nostro controllo nulla, se gli doniamo tutto non ci mancherà mai nulla di quello di cui abbiamo veramente bisogno, di ciò che è davvero necessario. Moltissimi santi di tutti i tempi hanno sperimentato direttamente la grandezza della Provvidenza di Dio ma anche tantissimi fratelli oggi possono testimoniare la stessa cosa. Se a noi non è ancora successo è perché non siamo ancora stati capaci di questo atto di fiducia vero, pieno e totale, ancora ci teniamo qualcosa per noi, ancora non pensiamo che veramente il Signore Gesù possa prendersi cura di noi fino nelle più piccole cose. E invece è proprio così, Gesù ha tanta compassione per ciascuno di noi, ci ama di un amore tenerissimo e non ci vuole far mancare nulla, non ci chiama a vite di privazioni, digiuni e astinenze, ci invita a nutrirci innanzi tutto di Lui e poi a lasciare che sia Lui a guidare la nostra vita, tutto questo perché ci ha amato fino a dare la sua vita per noi.