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sabato 24 gennaio 2015

Il tempo di Dio - Riflessione sul Vangelo di Domenica 25 gennaio 2015

Sappiamo tutti molto bene che viviamo in un'epoca frenetica, siamo sempre di corsa, sembra sempre che ci manchi il tempo per fare quello che vorremmo. 
Il tempo è oggi tra i beni più preziosi, tra le cose a cui più teniamo, ma è anche ciò che più di ogni altra cosa ci sfugge, semplicemente perché non può essere fermato o conservato.
Il tempo scorre inesorabilmente e sempre uguale eppure nella nostra vita non tutti i momenti sono uguali tra loro, alcuni sono molto importanti perché hanno segnato dei cambiamenti fondamentali della nostra vita. Nello scorrere uniforme del tempo, alcuni istanti diventano più importanti e speciali.
L'uomo vive nel tempo, Dio invece vive nell'eternità, eppure c'è un "tempo di Dio" è il momento in cui la sua grazia irrompe nella nostra vita e ci chiama e ci trasforma.
Nella vita di ogni uomo c'è un momento propizio, il tempo giusto, il momento nel quale il Signore Gesù si fa presente, ci chiama per nome, ci invita a conversione, ci invita ad accogliere nella fede il suo annuncio di salvezza. Dio ha una grande fantasia ed entra nella vita di ciascuno di noi in modo diverso, in modo unico e speciale. A volte attraverso la testimonianza di un fratello, altre volte attraverso una pagina della Scrittura o una lettura spirituale, altre ancora attraverso un evento di cui siamo spettatori. Magari avevamo già sentito mille volte quella testimonianza o letto quella pagina ma in quel momento ci colpisce in modo del tutto nuovo, inatteso, sorprendente. È l'irruzione di Dio nella nostra vita! 
Il Signore ci chiede, innanzi tutto la conversione, ci chiede di cambiare modo di pensare, di guardare alla vita, ci chiede di abbandonare quei comportamenti che non sono conformi al suo amore, alla verità. La parola "conversione" a molti fa paura, si pensa subito a qualcosa di impegnativo e faticoso, si pensa che significhi rinunciare alle cose belle della vita, che porti ad una vita più cupa e triste. In realtà è esattamente il contrario! Quando scegliamo di lasciarci convertire dal Signore, quando decidiamo di cambiare modo di pensare, impariamo anche a comprendere la profondità e la verità del Vangelo, della Parola di Salvezza. Se prima non sappiamo convertire il nostro cuore a Dio, il Vangelo resterà solo un manuale di buone maniere da cui vorremo strappare qualche pagina perché contraria alla ricerca dei nostri piaceri personali.
Un cuore convertito, invece, sa accogliere profondamente la Parola del Signore, sa vederne la luce sfavillante, sa contemplarne l'amore misericordioso e tenero. Solo un cuore convertito sa fidarsi di Dio veramente, sa attendere il suo intervento, sa accogliere la sua grazia.
È l'esperienza dei primi discepoli che si sono sentiti chiamare da Gesù e "subito", come annota il Vangelo, lasciano tutto e lo seguono. Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni decidono seguire il Signore Gesù senza chiedere chiarimenti o garanzie perché sono stati toccati nel profondo del cuore dal suo amore. Hanno intuito, pur senza capire perfettamente, che quello a cui Gesù li sta chiamando vale molto più del loro lavoro, della loro impresa, della loro stessa vita. 
Vale la pena lasciare tutto per seguire Gesù perché ciò a cui ci chiama non stravolge la nostra vita, la porta a compimento, basta solo fidarsi di Lui, accoglierlo quando passa nella nostra vita, quando arriva il nostro momento, il momento speciale dell'incontro con la grazia che ci salva. 
Ma come si fa a capire quando arriva questo momento così speciale?
Non c'è un modo, una ricetta, bisogna, però, vivere il tempo in un modo nuovo, non più come lo scorrere continuo di minuti uno uguale all'altro ma come la possibilità di incontrare il Signore, di essere raggiunti dalla sua Parola, è questione di attenzione e attesa fiduciosa, il Signore non tarda, non si dimentica, arriva sempre nel momento giusto, nel momento propizio, non quando vogliamo noi ma quando Lui sa che è il tempo giusto e quello diventa "tempo di Dio". 

sabato 17 gennaio 2015

Una presenza luminosa - Riflessione sul Vangelo di domenica 18 gennaio 2015

"Che cosa cercate?" Questa semplice domanda Gesù la pone ai due discepoli di Giovanni Battista che si erano avvicinati a Lui dopo che il loro maestro lo aveva indicato come il Messia atteso.
Ecco, questa domanda oggi il Signore la fa anche a ciascuno di noi "Che cosa cerchi?"
Perché vado a Messa, perché leggo il Vangelo, perché mi dico cristiano?
Gesù ci chiede di esprimere cosa muove le nostre scelte di fede, non perché abbia bisogno di saperlo lui ma siamo noi a doverlo chiarire a noi stessi.
La vita cristiana non può essere il desiderio di soddisfare una curiosità o un'abitudine ricevuta per educazione, sarebbe qualcosa di superficiale, poco più che un hobby.
La vita cristiana è stare con il Signore Gesù, il discepoli gli chiedono "Maestro, dove abiti?" ed egli risponde "Venite e vedrete". La vita cristiana, infatti, è un'esperienza del Signore Gesù, è sperimentare la sua presenza, la sua vicinanza, la sua pace. Non è qualcosa che si può leggere su un libro e nemmeno ascoltare in un'omelia o una catechesi, dobbiamo lasciarci coinvolgere personalmente.
Il libro, l'omelia, la catechesi, hanno il compito che ha avuto Giovanni Battista, di indicarci il Signore Gesù, l'incontro, però, è poi personale, deve essere una mia scelta e decisione.
Lasciamo, allora, sgorgare in noi, nel nostro cuore, questo desiderio profondo di stare con Gesù, di dimorare con Lui.
Impariamo a vivere alla presenza del Signore, che non è una presenza minacciosa e inquisitrice, come forse molti pensano. Al contrario la presenza del Signore è luminosa, dona luce ad ogni nostra azione, ci rende cioè capaci di vedere la verità delle cose, delle nostre decisioni, di ciò che ci accade perché tutto è illuminato dalla sua Parola di verità e salvezza.
Stare con il Signore non significa stare ore e ore in ginocchio in preghiera ma comprendere che Gesù non è lontano o distratto, è qui accanto a me, ora, in ogni momento della giornata, anche quando qualcosa mi turba, mi fa soffrire, mi preoccupa. In questi momenti, invece di lamentarci e lagnarci come facciamo di solito. impariamo a rivolgerci a Lui: "Signore, c'è questa situazione che mi fa paura, che mi fa soffrire, ma so che tu sei qui vicino a me, che mi dai forza e coraggio per affrontare tutto questo, perché anche attraverso tutto questo tu manifesti la tua gloria nella mia vita!".
Se non ci capita spesso di avvertire l'aiuto di Dio non è perché non ci aiuti ma perché siamo noi a non essere disposti a lasciarci aiutare, perché pensiamo di dover fare da soli.
Vivere alla presenza del Signore Gesù significa anche fare scelte di vita importanti, spesso contro corrente rispetto a quanto fanno le persone accanto a noi. Non vergogniamocene, se guardiamo bene in fondo al nostro cuore, sappiamo che quella è la scelta giusta, secondo verità, secondo il bene vero, e allora la possiamo compiere sapendo che ci donerà pace e serenità vere.
Se impariamo a dimorare con Gesù, ad averlo come amico al nostro fianco in ogni situazione della vita, il nostro cuore sarà nella pace e nella gioia vera. Una gioia così piena e traboccante che non potremo tenercela per noi e dovremo annunciarla a chi ci sta accanto.
Per un cristiano evangelizzare, annunciare, cioè il Signore Gesù, non è un dovere ma un bisogno, non ne può fare a meno perché la comunione con Dio è un'esplosione di gioia incontenibile. Così è stato per Andrea che appena trovato il fratello Simone lo ha portato da Gesù affinché anche lui potesse incontrarlo e fare la stessa esperienza.
Non abbiamo nulla da temere, dunque, lasciamoci condurre all'incontro con Gesù, chiediamogli anche noi "Dove dimori?", stiamo con Lui, lasciamoci illuminare dalla sua luce, scaldare dal suo amore e la nostra vita non sarà più la stessa.

sabato 10 gennaio 2015

Battesimo, incontro d'amore - Riflessione sul Vangelo di domenica 11 gennaio 2015

Quanti incontri facciamo ogni giorno, alcuni più importanti altri meno, alcuni ci rallegrano la giornata altri, invece, possono essere causa di un turbamento. Tutti abbiamo fatto degli incontri che ci hanno cambiato la vita, che hanno portato nella nostra esistenza persone che sono diventate importanti per noi per mille motivi diversi, senza le quali vivremmo in maniera molto diversa.
A pensarci bene, ciò che cambia realmente la nostra vita, ciò che le dà forma, colore, ciò che la rende bella, non sono i successi lavorativi o quello che riusciamo a conquistare, ma proprio gli incontri giusti, spesso inattesi e sorprendenti che sanno cambiare il nostro percorso personale.
Questi incontri ci trasformano perché ci fanno guardare alla nostra vita in un'ottica differente, ci fanno scoprire lati di noi che non conoscevamo, ci aiutano a ridimensionare e a dare il giusto peso a ciò che abbiamo, alle nostre ferite e ai nostri successi, ci aiutano a comprendere il senso profondo della nostra esistenza.
Tra tutti questi incontri importanti ce n'è uno che è più importante degli altri perché è l'incontro con l'Unico che veramente cambia la nostra vita: Dio. Questo incontro si chiama Battesimo.
La maggior parte di noi ha ricevuto il Battesimo da neonato e non ha alcun ricordo di quel momento, così ci troviamo a dare per scontato quell'incontro, quel dono prezioso, comprendendolo poco e vivendolo ancora meno.
Nella pagina del Vangelo di Marco, che la Chiesa ci fa ascoltare in questa domenica che chiude il Tempo di Natale, sono molti gli elementi che ci parlano del Battesimo di Gesù come dell'incontro tra Dio e l'umanità.
Giovanni Battista predicava un battesimo di conversione, invitava, cioè, ad abbandonare la solitudine di una vita arida, simboleggiata dal deserto, per lasciarsi purificare e avvolgere dalla misericordia di Dio, simboleggiata dall'acqua.
Anche Gesù va da Giovanni a farsi battezzare indicandoci così la strada che parte dall'abbandono della vita arida per entrare nell'amore di Dio.
Il Vangelo ci presenta poi un doppio movimento: Gesù sale dalle acque (la traduzione più letterale del vocabolo greco è salire più che uscire) e lo Spirito discende su di lui, questo incontro è poi suggellato dalla voce del Padre che riconosce in Gesù il Figlio amato in cui si compiace.
Anche nel Battesimo al Giordano, Gesù ci sta aprendo la strada verso il cielo, i cieli infatti sono aperti, non c'è più alcun ostacolo tra l'uomo e Dio, anzi Dio stesso scende e immerge l'uomo nel suo amore, lo Spirito Santo.
Bene, ma cosa dice tutto questo alla mia vita?
Nel Battesimo di Gesù dobbiamo imparare a leggere anche il nostro Battesimo. Anche io ho abbandonato la vita arida della solitudine, anche per me i cieli ora sono aperti, non c'è, quindi, separazione e distanza tra me e Dio, non solo ma lo Spirito Santo è disceso su di me, è venuto ad abitare in me, il Padre mi ama come ama il Figlio Unigenito, è compiaciuto di me, non perché sono bravo o perfetto ma semplicemente perché è questo il suo più grande desiderio, potermi amare e avermi con sé.
Come tutti gli incontri, anche quello con Dio va coltivato, va vissuto. Impariamo a cercarlo nella nostra quotidianità, come si cerca un amico in una piazza affollata, quando ci sentiamo soli o tristi, impariamo a ricordare a noi stessi che non ne abbiamo motivo perché il Signore è lì con noi e il suo amore è l'unico che colma quella solitudine profonda che tutti ci portiamo nel cuore, è l'unico che ci sa consolare davvero. Non manchi mai, nella nostra giornata, un tempo che dedichiamo solo al Signore, per una preghiera, anche breve ma che sgorghi dal profondo del cuore. Lasciamoci guidare dalla sua Parola, magari ritornando a rileggere, durante la settimana, il Vangelo della domenica o leggendo quello del giorno.
Tante persone oggi si sentono sole non perché lo siano veramente ma perché non accolgono e vivono veramente l'incontro più importante e prezioso che si possa fare: quello con Dio.
Accogliamolo con semplicità e fiducia e ci cambierà la vita.

sabato 3 gennaio 2015

L'incontenibile amore di Dio - Riflessione sul Vangelo di domenica 4 gennaio 2015

Viviamo nell'epoca dei social network ma, a ben guardare, siamo poco "social", le relazioni non sono poi il nostro forte, altrimenti non si spiegherebbe tanta solitudine e tanta incomprensione.
Abbiamo tanti contatti ma non sappiamo stabilire relazioni vere perché ci stiamo abituando a relazioni funzionali e non gratuite.

In questa seconda domenica del Tempo di Natale, la Chiesa ci fa ascoltare ancora una volta l'inno con cui si apre il Vangelo di Giovanni, uno dei testi più alti e profondi di tutta la Scrittura, inizialmente sembra un po' difficile ma non fermiamoci alla terminologia, lasciamo che Dio ci parli attraverso questo testo. Se lo leggiamo con attenzione è tutto incentrato sulle relazioni: prima ci dice che Dio in se stesso è relazione, poi ci descrive come Dio si relaziona con noi, infine ci indica la via per relazionarci con Lui.
I primi versetti ci raccontano Dio, ce lo descrivono, ci dicono che Dio, in se stesso, è relazione. Egli, rimanendo Uno, in Sé vive la relazione: il Verbo è Dio ed è di fronte (presso nella traduzione italiana) a Dio Padre. Non sforziamoci troppo a voler capire come fa Dio ad essere Uno solo e ad essere anche relazione in se stesso, è il mistero della Santissima Trinità, non potremo mai comprenderlo pienamente. Invece però di scoraggiarci, rallegriamocene! Dio sarà una continua sorpresa per noi!
Questo desiderio di relazione che ha Dio in se stesso è così grande che Dio sceglie di creare, di donare la sua vita, la sua luce, ad altri, agli uomini, non come fossero burattini con cui giocare ma a soggetti, a persone libere, libere affinché siano capaci di amare ma anche libere di rifiutare la sua luce e sprofondare così nelle tenebre.
Ma Dio è amore, è relazione eterna, e non si lascia scoraggiare tanto facilmente. Non abbandona gli uomini nelle tenebre in cui sono andati a rinchiudersi, viene nel mondo, viene a riportare la luce perduta, a ristabilire quella relazione spezzata, a offrirci un'altra possibilità.
Questa volta, però, i propone una relazione tutta nuova, non più solo una relazione di alleanza ma ci offre di diventare figli di Dio, di essere accolti in Lui, nel suo cuore, di essere trasformati nel più profondo di noi stessi, di essere ricreati, di essere amati nel più intimo e profondo di noi stessi.
Facendosi carne, venendo, cioè, a condividere la nostra condizione di tenebra, il Verbo di Dio, cioè il Figlio, si fa vicino a noi per rivelarci la gloria del Padre che è questo amore incontenibile, questo amore che non viene mai meno, che trasforma la nostra vita, che disperde le tenebre della nostra sofferenza, che guarisce le nostre ferite del cuore, che ci colma della sua grazia che è una gioia immensa.
Accogliamo il Signore Gesù. il Verbo fatto carne per amore nostro, e lasciamo che consoli le nostre solitudini e ci riempia della sua grazia e la nostra vita sarà trasformata.