Pagine

sabato 29 marzo 2014

Occhi aperti per contemplare la bellezza - Riflessioni sul Vangelo di domenica 30 marzo 2014

Da bambini tutti abbiamo avuto paura del buio e, forse ce ne vergognamo un po' per cui non vogliamo ammetterlo, anche da grandi un certo disagio ci rimane. Tranquilli! È tutto normale! È umano aver paura del buio (entro ragionevoli limiti, ovviamente) perché il buio non ci permette di vedere, di riconoscere ciò che abbiamo intorno, di distinguere ciò che è buono da ciò che è cattivo.
Per vedere servono due cose: gli "occhi buoni" (come dice mia nonna) e la luce. Se manca uno di questi due elementi non possiamo vedere e la nostra vita è nelle tenebre.
Il Vangelo di questa domenica ci racconta dell'incontro tra un uomo, cieco dalla nascita, e Gesù che lo guarisce aprendogli gli occhi che non avevano mai visto la luce: un miracolo che però, curiosamente, non è riconosciuto dai farisei che, invece, guardano solo alla trasgressione di uno dei 613 precetti della Legge. Non è la vista degli occhi, però, il dono più grande che Gesù fa al cieco nato ma è la relazione con Lui, è la fede, è averlo portato a poter riconoscere in Gesù il Salvatore, nell'avergli detto "Credo, Signore!".
L'evangelista Giovanni non ci riporta il nome di quest'uomo così ciascuno di noi può metterci il suo. Anche noi infatti nasciamo affetti da una cecità, non quella degli occhi del corpo, ma quella degli occhi del cuore, che ci fa percepire la vita buia, che non ci permette di vedere ciò che ci circonda e di saper discernere cosa è secondo il nostro bene e cosa non lo è. Quante volte la nostra vita sembra immersa nelle tenebre, tutto ci sembra incerto, le difficoltà ci fanno paura perché non ne vediamo la fine né il fine; una malattia, i problemi di lavoro, le preoccupazioni per i figli... tante situazioni che ci appaiono tenebrose. 
Gesù viene incontro anche a ciascuno di noi, come già al cieco nato del Vangelo, guarisce gli occhi del nostro cuore e li illumina con la sua luce perché è Lui la nostra luce, ci rende capaci di vedere che la nostra vita non è gettata e abbandonata in balia degli eventi ma è in cammino verso la Pasqua eterna, verso il Regno di Dio. 
Bene, ma quando verrà il Signore nella mia vita, quando mi aprirà gli occhi?
Lo ha già fatto con il Battesimo! Gli occhi del nostro cuore sono già stati guariti dalla cecità del peccato, a noi non resta che aprirli dicendo anche noi "Credo, Signore!". È la professione di fede che ci fa aprire gli occhi del cuore così possiamo contemplare Dio, la sua presenza nella nostra vita, la sua chiamata alla vita eterna. 
Molte persone pensano sia difficile imparare a vedere i segni di Dio o, peggio, pensano che Dio non abbia tempo per loro e si faccia vivo solo di tanto in tanto... Ma non è così! Il Signore è sempre accanto a noi, è la luce dei nostri occhi, è la nostra vita e ci colma ogni giorno di gesti d'amore. 
Se ci riesce difficile riconoscerli è perché anche noi, come i farisei, siamo ancora chiusi nei nostri schemi, perché preferiamo un Dio che faccia quello che vogliamo noi, che si attenga allo spazio d'intervento che gli lasciamo. Anche noi possiamo non essere disposti a riconoscere il suo intervento nella nostra vita perché continuiamo a pensare solo a questa vita terrena e non ci decidiamo ad aprire gli occhi sulla vita eterna, a capire che quella è la nostra meta.
Quando i discepoli di Gesù vedono il cieco nato seduto per strada chiedono a Gesù se si trovi in quella condizione a causa di un proprio peccato o di uno dei suoi genitori, la mentalità dell'epoca riteneva che la malattia fosse la punizione per un peccato commesso. Quante volte anche noi la pensiamo così? Nelle difficoltà, nelle malattie, ci chiediamo "ma cosa ho fatto di male?". Gesù ribalta questa idea, cambia totalmente prospettiva, non ci fa guardare a ciò che la difficoltà ci ha tolto ma quello che il Padre ci dona a partire da quella situazione di sofferenza, per Lui il dolore non è un fallimento ma la possibilità di una vittoria. Gesù ha trasformato la croce, il totale fallimento, la sofferenza atroce, nello strumento della nostra salvezza! Continua a farlo trasformando i nostri dolori nei luoghi dell'incontro con Lui... e così è Pasqua ...e così si passa dalla morte alla Vita ...e così quello che prima era l'anticipazione della sconfitta diventa il primo passo della vittoria!
Vieni, Signore, apri gli occhi del nostro cuore, illuminaci con la luce della tua Pasqua e rendici capaci di contemplare le meraviglie che ogni giorno compi nella nostra vita.

sabato 22 marzo 2014

La fonte dell'eterna giovinezza - Riflessioni sul Vangelo di domenica 23 marzo 2014

Dai racconti della mia famiglia pare che la prima parola di senso compiuto che io abbia pronunciato sia stata "acqua". La sete è il primo stimolo che impariamo a distinguere e a trovare il modo di soddisfare perché ne va della nostra sopravvivenza.
Tutti proviamo una sete che potremmo chiamare materiale, una sete di acqua come sostanza, ma proviamo anche una sete spirituale, una sete di gioia, di pace, di serenità... di vita! Desideriamo una vita bella, piena e sempre giovane, tutti vorremmo trovare la mitologica "fonte dell'eterna giovinezza".
Anche la donna samaritana aveva sete quel giorno in cui incontrò Gesù al pozzo di Giacobbe, pensava di avere sete di acqua materiale ma era un'altra sete che il Signore voleva estinguere: la sete d'amore, di comprensione, di attenzione, che la donna aveva cercato di calmare attraverso scelte che, col tempo, si erano rivelate sbagliate, in relazioni che l'avevano lasciata più arida di prima.
Anche noi cerchiamo di estinguere la nostra sete di amore, di gioia e di vita in tanti modi, con la carriera, con la ricchezza, nelle relazioni affettive, nei divertimenti, tante situazioni che ci danno l'illusione di restare giovani e di dissetarci ma poi ci troviamo più assetati di prima.
Gesù offre alla donna samaritana -e a ciascuno di noi- una fonte nuova, diversa, che disseta veramente, coloro che ne bevono non avranno più sete in eterno. Questa fonte è il suo amore!
Solo l'amore di Dio può estinguere l'arsura che è in noi, può donare al nostro cuore la pace e la gioia che desidera. Quando viviamo nell'amore di Dio ci sentiamo sempre giovani, anche se il nostro corpo è invecchiato e pieno di acciacchi. Chi ha Dio nel cuore, chi lo ha accolto nella propria vita è sempre nella gioia dello Spirito Santo e vive nella giovinezza di Dio.
A ben guardare, quindi, la mitologica "fonte dell'eterna giovinezza" non è poi tanto difficile da trovare, anzi ci siamo già stati immersi: il nostro Battesimo!
Nel Battesimo vengo immerso (battezzare significa immergere) nell'amore del Padre, nella morte e risurrezione di Gesù, nella vita dello Spirito, dunque noi siamo già stati dissetati di quell'acqua che Gesù ha promesso alla samaritana, dunque non avremo più sete in eterno.
Perché, allora, continuiamo a cercare in altro le nostre soddisfazioni?
Perché non sappiamo fidarci del tutto di Dio e non ci lasciamo dissetare dal suo amore ma preferiamo cercarci da soli acque stagnanti che ci danno una prima sensazione di benessere ma poi ci lasciano l'amaro in bocca.
Ancora una volta, è solo questione di fiducia, fidiamoci di Dio e cerchiamo in Lui solo la fonte dell'acqua che ci disseta, molti attorno a noi continueranno a tentare di bere dalle fonti di questo mondo e forse ci sembrerà di vederli soddisfatti ma quello che deve essere dissetato è il cuore e se impariamo ad ascoltarlo ci dirà che solo l'amore di Dio disseta veramente.
C'è però ancora una precisazione che Gesù fa alla donna di Samaria: non solo le propone un'acqua che disseta in eterno ma le promette che quell'acqua diventerà in chi la beve "una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna". L'amore di Dio non solo estingue la nostra sete più profonda ma ci rende fonte per i fratelli, ci fa diventare fonte d'amore perché anche coloro che il Signore mette sulla nostra strada possano incontrare il Signore Gesù ed essere dissetati dal suo amore.

sabato 15 marzo 2014

Un assaggio di eternità - Riflessione sul Vangelo di domenica 16 marzo 2014

Quando devi guidare un gruppo in una passeggiata in montagna che sai sarà impegnativa è importante parlargli molto della meta, di quanto sarà bello arrivare in cima, così l'attesa e il desiderio di ammirare tanta bellezza aiuterà nei momenti più faticosi ad andare avanti.
Gesù è una guida esperta e sa che il cammino che lo attende e che farà insieme ai suoi discepoli sarà arduo e impegnativo così prende i suoi più intimi e offre loro un assaggio della meta.
La Trasfigurazione è questo, è un anticipo della Resurrezione, la meta verso cui sta camminando Gesù, aprendoci la strada perché è anche la nostra meta.
Non si tratta però solo di anticipare a Pietro, Giacomo e Giovanni come sarà Gesù Risorto ma di dare loro una bella e piena esperienza della vera comunione con Dio che la Resurrezione apre per i discepoli di Gesù.
Gesù conversa con Mosè ed Elia, i due profeti più importanti e coloro che rappresentano tutta la Scrittura, simbolo che Gesù è il compimento della Scrittura, colui che viene a realizzare la promessa di salvezza che Dio ha fatto ad Abramo. Poi ecco la nube luminosa, segno della presenza di Dio stesso, e infine la voce del Padre. Pietro, Giacomo e Giovanni si trovano così nella meraviglia e nel timore, comprendono nel loro cuore di essere alla presenza di Dio e vorrebbero stare lì per sempre così Pietro, con tutta la sua simpatica e genuina spontaneità, propone di fare tre capanne. Ma è solo un assaggio, non è ancora arrivato il tempo della beatitudine in Dio, della piena e totale comunione con Lui, prima bisogna compiere il cammino che passerà dalla croce.
Beati loro! Ci viene da dire, beati loro! Potessimo anche noi fare un'esperienza del genere, potessimo anche noi trovarci alla presenza di Dio, il percepirlo accanto a noi, avvertirne l'amore che infiamma e brucia, che dona una pace che non hai mai provato prima, una gioia incontenibile.
E chi ha mai detto che non possiamo anche noi vivere un'esperienza analoga?
Ok, non vedremo Gesù Risorto con gli occhi del nostro corpo ma questo non significa che non possiamo anche noi fare un'esperienza profonda e viva di Lui, che non doni anche a noi un assaggio di eternità che ci incoraggia a camminare ancora più spediti verso la meta, verso la Gerusalemme del Cielo, senza farci impaurire dalla croce che magari cominciamo ad intravedere.
Ma come si fa a fare una tale esperienza di Dio?
Gesù conversa con Mosè ed Elia che abbiamo detto rappresentano la Scrittura, il primo modo per entrare in comunione con Dio è ascoltare la sua voce, conversare con Lui attraverso la sua Parola. Chiediamoci quindi: Come ascolto la Parola di Dio? Che rapporto ho con la Scrittura? Come ascoltiamo la Parola di Dio a Messa? In modo attento perché mi sta parlando la persona più importante della mia vita o in modo distratto pensando "sì, questo brano l'ho già sentito un sacco di volte, so come va a finire"? Quando arriviamo a Messa? Durante la proclamazione della Parola di Dio, o peggio, anche dopo? Durante la settimana faccio in modo di ritagliarmi del tempo che dedico all'ascolto della Parola di Dio, ogni giorno?
Ma se non ascoltiamo Dio che ci sta parlando come possiamo pensare di vivere la comunione con Lui?
È più facile di quanto non sembri, se di cuore ci disponiamo ad ascoltare il Signore e gli chiediamo di parlarci, senza dirgli prima quello che vogliamo sentirci dire ma lasciandolo libero di dirci quello che vuole... e vuole sempre il nostro bene!!!
I discepoli vogliono restare lì, desiderano restare nella comunione con Dio.
Com'è la mia preghiera? Distratta? Fatta per dovere? Un elenco della spesa in cui spiego a Dio quali sono i miei problemi e gli do istruzioni su come risolverli?
La preghiera deve essere invece un abbandonarsi in Dio, uno stare con Lui, senza bisogno di dire tante cose, senza tante parole ma lasciandosi semplicemente coprire dal suo amore, dalla sua pace, dalla sua gioia.
Ma è davvero possibile tutto ciò? Sì, lo è! All'inizio sarà più difficile, avremo più distrazioni e tentazioni ma se perseveriamo e, soprattutto, apriamo il cuore a Dio sarà Lui a farci sentire tutta la bellezza e la dolcezza dello stare con Lui e tutta la nostra vita sarà nella gioia!

sabato 8 marzo 2014

Nel deserto della vita - Riflessione sul Vangelo di domenica 9 marzo 2014

Prima di prendere una decisione importante, prima di iniziare qualcosa di impegnativo, sentiamo tutti il bisogno di stare un po' da soli, di staccare dalle preoccupazioni, di chiarirci le idee per decidere che direzione prendere. 
Deserto di Giuda
Anche Gesù, prima di iniziare il suo cammino di annuncio del Regno di Dio, è condotto dallo Spirito nel deserto e lì viene tentato dal demonio.
Ma cos'è la tentazione? 
Tentazione è un'altra di quelle parole che la nostra società ha svuotato di senso con l'illusione di renderla innocua, incapace di fare male... appunto fare male. La tentazione non è altro che la prospettiva di fare male, o meglio di non compiere il bene, il disegno di Dio, è la possibilità di disobbedire a Lui, di voler fare per conto nostro, di metterci al suo stesso livello.
L'uomo e la donna del racconto del peccato originale nella Genesi ascoltano il serpente e scelgono di mangiare dell'albero che era stato loro proibito per disobbedire a Dio, per dimostrare di poter fare a meno di Lui, per affermare la propria indipendenza, per mettersi alla stessa altezza di Dio. 
Il filo rosso che lega le tre tentazioni di Gesù, e ogni tentazione che anche noi subiamo ogni giorno, è in fondo lo stesso: sostituisciti a Dio, non seguire il suo disegno d'amore ma il tuo progetto. 
Le tre tentazioni di Gesù le ritroviamo poi anche nella nostra vita: la tentazione di cercare la soddisfazione nei piaceri fisici, la tentazione di trovare appagamento nell'affermazione di noi stessi, la tentazione di assolutizzare i nostri scopi. 
Nella tentazione c'è in gioco il centro della nostra vita: c'è Dio o mi ci metto io?
Dio ci ha creati per essere in relazione con Lui, perché sia Lui il centro della nostra vita, perché sia Lui a dare senso alla nostra vita. Alla tentazione si risponde come fa Gesù: con la Parola di Dio che è la proclamazione della sua fedeltà. Possiamo decidere in questo tempo di Quaresima di dedicare un tempo un po' più ampio all'ascolto della Parola di Dio, lasciare più spazio a Lui che viene a riempire la mia vita del suo amore. 
Dobbiamo imparare a ricordare bene che Dio è fedele, che non ci inganna, che non si dimentica di noi, che non ci abbandona mai e quindi possiamo fidarci, possiamo affidargli tutta la nostra vita perché la condurrà alla salvezza.
Questo cammino di Quaresima è un dono prezioso che il Signore ha preparato per noi, liberiamoci delle idee che falsano la nostra visione della realtà, delle menzogne che ci portano a confidare solo in noi stessi e così ci conducono piano piano alla tristezza e allo sconforto. 
Lasciamoci condurre nel deserto, scegliamo uno stile di essenzialità per comprendere cosa è veramente importante nella nostra vita e comprenderemo che solo il Signore sa darci verità, gioia e pienezza. 

mercoledì 5 marzo 2014

Quaresima: tempo di tenerezza, non di tristezza!

Eccoci arrivati, anche quest'anno, al Tempo della Quaresima che ci prepara a celebrare la Pasqua e che, forse, molti di noi tollerano ma sperano passi presto.
La Quaresima ci viene descritta come il tempo della penitenza, dell'accusa dei peccati, del digiuno, della mortificazione... e noi riassumiamo tutto questo in una parola: tristezza. Se potessimo ne faremmo a meno ma ci rassegniamo un po' come se fosse un prezzo da pagare per celebrare poi Pasqua: se voglio essere felice dopo devo un po' soffrire ora.
Ecco che viene fuori questo pensiero distorto che ci fa pensare che Dio ci faccia pagare le grazie e la gioia che ci dà con la sofferenza e la mortificazione. Nulla di più lontano dalla gratuità dell'amore di Dio!
La Quaresima non è assolutamente il tempo della tristezza, è il tempo della tenerezza!
È il tempo della tenerezza perché Dio ci invita a stare un po' di più con Lui, a incontrarlo più spesso, a riconoscerlo presente nella nostra vita più di quanto facciamo di solito.
Questo Tempo della Chiesa si apre con la pagina del Vangelo di Matteo in cui Gesù indica tre "opere": l'elemosina, la preghiera e il digiuno. Non si tratta di tre esercizi, di tre prove di sopravvivenza, di tre sforzi da compiere per dimostrare la nostra eroicità cristiana! Sono tre modi per entrare nell'intimità con il Padre.
L'elemosina, che in greco significa misericordia, è mettere il nostro cuore vicino al cuore del fratello che è nel bisogno e scoprire così l'amore del Padre che ci ha donati l'uno all'altro perché non ci sentissimo soli e abbandonati. Sì, perché non è solo il povero che ha bisogno di me ma sono anche io che ho bisogno del povero, non per potermi vantare di aver fatto delle buone azioni, ma perché io possa uscire dal mio egoismo e impari ad aprire il cuore all'altro e così non mi senta più solo.
La preghiera è l'abbandono in Dio, nel suo amore, è il mio "sì" all'amore del Padre che mi vuole suo figlio, che desidera farmi comprendere quanto mi ama, che mi fa percepire la sua tenerezza per me. Abbiamo tutti tanto bisogno dell'intimità con Dio perché Lui solo ci dona pace, mette ordine nella nostra vita, ci guida attraverso le difficoltà di ogni giorno, ci consola e ci conforta.
Il digiuno, che Gesù mette come terzo elemento, non è un esercizio di stoico ascetismo ma è la conseguenza dei primi due: se voglio vivere la condivisione con il fratello e l'intimità con Dio dovrò rinunciare a ciò che mi appesantisce, che mi distrae, che mi fa rinchiudere in me stesso, che mi incatena alle mie dipendenze, piccole o grandi che siano.
Il Tempo che abbiamo davanti è prezioso e importante per entrare nell'intimità con il Padre, proviamo per una volta a fidarci di quello che la Chiesa ci propone a partire da duemila anni di esperienza, evitiamo di bollare come antiquato, superato o troppo difficile il percorso quaresimale.
Permettiamo a Dio di parlare al nostro cuore e di riempirci del suo amore.
Solo se entreremo in questa intimità e sperimenteremo la tenerezza del Padre potremo comprendere il dono immenso della Pasqua, altrimenti sarà un'altra festa come tante altre che lasciano il tempo che trovano.
Il Signore ci ama e ci salva, apriamogli il cuore e lasciamoglielo colmare della sua gioia.


sabato 1 marzo 2014

Figli preziosi per un Padre che provvede a ciascuno di noi - Riflessione sul Vangelo di domenica 2 marzo 2014

Alle elementari la mia maestra come compiti a casa ci dava spesso un testo da leggere e poi farne il riassunto. Da principio non ne capivo bene il senso poi ho compreso che quando leggiamo o ascoltiamo un testo non lo possiamo ricordare tutto esattamente come è ma ne tratteniamo solo alcune parti, quelle che ci colpiscono di più e che la nostra attenzione è determinata dalle nostre esperienze, dalla nostra formazione, dalla cultura in cui viviamo.
Proviamo a fare un riassunto della pagina di Vangelo di questa domenica? Forse per molti suonerebbe un po' così: "Gesù ci chiede di non attaccarci ai beni terreni, di non preoccuparci del cibo e del vestito perché il vero cristiano non è attaccato alle ricchezze e sa vivere nella povertà."
Purtroppo siamo tutti cresciuti con l'idea che l'amore di Dio vada meritato, che per essere "buoni cristiani" dobbiamo fare alcune cose, mantenere alcuni comportamenti, fare rinunce che ci costano... e così ci ritroviamo ad essere spesso cristiani tristi, come tante volte ci ha fatto notare Papa Francesco.
Beh, ormai dovremmo averlo capito: non è Gesù ad essere esigente, siamo noi a non aver compreso cosa voglia dirci!
La frase chiave per capire tutta la pagina di Vangelo di questa domenica è "Cercate anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta".
Dio non ci chiede atti di eroismo stoico, non ci chiede di rinunciare ad ogni bene materiale, ci chiede di riconoscerlo come Padre, di fidarci di Lui che si prende cura di noi.
"Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai". Quali parole più rassicuranti di queste, quale immagine più tenera e confortante?
Dio è un Padre tenerissimo che ci chiede di fidarci di lui, del suo disegno d'amore per ciascuno di noi, preciso nei minimi dettagli, perché per Lui noi siamo preziosi!
Guardiamo bene alla nostra vita: quanto tempo ogni giorno va sprecato in ansie inutili sul futuro? Quanto ci preoccupiamo per ciò che non è ancora successo, per ciò che non sappiamo nemmeno se accadrà mai?
L'ansia è uno dei mali di questo nostro tempo ed è proprio questa a costringerci a vivere nel futuro e non nel presente, rendendoci così ciechi davanti alle meraviglie che Dio opera ogni giorno nella nostra vita.
Come fare, quindi?
Innanzi tutto facciamo memoria delle meraviglie che Dio ha già compiuto nella nostra vita: guardiamoci indietro e impariamo a riconoscere quello che Dio ha fatto per noi, a quante volte è intervenuto in maniera molto discreta, quasi in punta di piedi, ma in modo efficacissimo e ci ha risolto situazioni che avevamo già dato per perdute. Se Dio mi ha già tante volte colmato del suo amore e si è preso cura di me, perché non dovrebbe continuare a farlo?
Impariamo a mettere un po' da parte i nostri progetti e i nostri piani, scegliamo di fidarci di Dio, del suo disegno. Quando qualcosa non va secondo il nostro gusto o desiderio, invece di arrabbiarci e lasciarci prendere dall'ansia iniziamo a lodare il Signore: "Ti lodo Signore per questo che a me sembra un inconveniente perché so che tu hai un piano preciso per me, un piano d'amore, che include anche ciò che a me sembra controproducente." All'inizio sembrerà difficile perché siamo abituati a ringraziare Dio solo per quello che ci piace ma se iniziamo a lodarlo per tutto scopriremo che non è poi così difficile "cercare prima il suo regno" e che la preghiera di lode è un ottimo ed efficacissimo rimedio contro l'ansia.
Un secondo effetto sarà l'aumento della nostra capacità di vedere i doni di Dio nella nostra vita, come effettivamente si prende cura di noi, come veramente ci provvede ciò di cui abbiamo bisogno, saremo capaci di notare anche quei doni che solitamente ci sfuggivano e questo ci aiuterà a fidarci ancora di più, ma soprattutto a gioire in maniera sempre più piena.