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venerdì 24 novembre 2017

Giustizia vera - Riflessione sul Vangelo di domenica 26 novembre 2017

Fin da piccoli siamo tutti stati educati alla meritocrazia: fai qualcosa di buono e ricevi un premio, fai qualcosa di sbagliato e vieni punito. Non ha sempre funzionato al meglio ma con il tempo ci siamo convinti che la giustizia coincida con questo sistema e, naturalmente, lo abbiamo subito proiettato su colui che è il giusto per antonomasia: Dio. Di qui la convinzione che Dio premi i buoni e punisca i cattivi.
In quest'ottica premio-punizione ci troviamo a leggere tutto il Vangelo, in particolare la pagina di questa domenica che sembra confermare in pieno quest'idea: i buoni, quelli cioè che hanno dato da mangiare, da bere, hanno assistito e visitato, vengono premiati e accolti nel Regno dei Cieli mentre i cattivi, quelli invece che non hanno assistito chi era in difficoltà, vengono puniti nel fuoco eterno.
Siamo proprio sicuri che la giustizia di Dio sia meritocratica? Forse dobbiamo ascoltare con più attenzione cercando di cogliere alcune sfumature.
Entrambi i gruppi, quando il Re li mette davanti alle loro azioni chiedono "Quando?" ma quel quando ha due sfumature molto diverse.
I buoni lo chiedono con stupore, quasi a dire "non ci eravamo accorti che fossi tu!", non hanno fatto del bene in attesa di un premio, fosse anche la vita eterna, lo hanno fatto per una scelta di vita fondamentale, lo hanno fatto perché hanno provato misericordia per i loro fratelli.
I cattivi chiedono "quando?" quasi a giustificarsi, quasi a dire "se ti avessimo incontrato ti avremmo sicuramente aiutato, ma non ti abbiamo mai visto in difficoltà, Signore". Costoro sono quelli che fanno le cose con calcolo, che vivono la vita secondo il loro interesse e fanno solo ciò che conviene loro. Paradossalmente i veri meritocratici sono proprio i cattivi che se avessero saputo di avere davanti il Signore si sarebbero dati da fare. Il loro cuore però non conosce la misericordia ma solo l'interesse e non c'è posto per loro nel Regno dei Cieli, non perché devono essere puniti per ciò che hanno fatto o omesso, ma perché il Regno dei Cieli è il Regno della misericordia e chi non è misericordioso non ci riesce ad entrare, non ne ha le caratteristiche.
La giustizia di Dio, quindi, non è meritocratica è misericordia! E la misericordia è molto più della meritocrazia!
Tanti cristiani sono pienamente convinti che il paradiso vada meritato, che ci si debba comportare bene per ottenere la salvezza, come se la salvezza fosse qualcosa in vendita. Dobbiamo "essere buoni" o meglio, dobbiamo amare concretamente tutti, specie quelli che ne hanno più bisogno, non nell'attesa di riceverne qualcosa in cambio ma perché questa è la nostra natura! Siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio quindi dobbiamo agire come agisce lui, questa è la nostra vera natura. La vera natura del cuore dell'uomo è di essere misericordioso. Se però ci mettiamo a fare calcoli, se il nostro comportamento è dettato dalla ricerca di un vantaggio, non stiamo più agendo come Dio, non amiamo come fa lui e non possiamo stare con lui, non sopporteremmo la sua presenza.
In questa domenica chiediamo al Signore che ci aiuti a cambiare la nostra mentalità, che ci insegni ad essere buoni non per calcolo ma per scelta, non cercando un vantaggio ma perché vogliamo amare, vogliamo essere fedeli a noi stessi, a quello che siamo. Scegliamo di amare e amare concretamente, facendoci carico delle sofferenze di chi incontriamo sulla nostra strada, guardandolo negli occhi, come ci insegna Papa Francesco, comprendendone la sofferenza, avendone misericordia. È in questo amore concreto e disinteressato che è la nostra salvezza, è questo lo spazio di incontro con il Signore, l'ingresso nel suo Regno che è un Regno di misericordia.

sabato 18 novembre 2017

Padre fiducioso - Riflessione sul Vangelo di domenica 19 novembre 2017

Quando incontriamo un'altra persona e iniziamo a conoscerla ci facciamo, senza nemmeno accorgercene, un'immagine mentale così che poi tutto quello che quella persona ci dirà o farà lo leggeremo attraverso la lente della nostra immagine mentale. Se di quella persona ci saremo fatti un'immagine buona saremo indulgenti con i suoi errori, se di quella persona ci saremo fatti un'immagine negativa saremo portati a individuare ogni difetto e ogni più piccolo sbaglio. Si chiamano pregiudizi! E ognuno di noi se ne porta dietro una grande quantità che accresce di giorno in giorno.
Nel Vangelo di questa domenica Gesù racconta la celebre parabola dei talenti. Il padrone distribuisce le sue ricchezze ai tre servi secondo le loro capacità, li conosce, sa cosa sono in grado di gestire, non li carica di fardelli troppo pesanti che potrebbero schiacciarli. A noi, abituati a misurare il valore delle persone dalle loro capacità e abilità, sembra un comportamento ingiusto, che discrimina il terzo servo mentre favorisce il primo. Invece è un comportamento più che giusto proprio perché ha a cuore il bene della persona e non il profitto che può produrre e non misura con questo il suo valore.
I servi, però, hanno del padrone idee diverse, i primi due comprendono che con l'affidargli le sue ricchezze il padrone compie un atto di fiducia nei loro confronti e scelgono di rispondere a tale fiducia impegnandosi al massimo, infatti ciascuno dei due raddoppia quanto ricevuto.
Il terzo, invece, ha del padrone un'idea molto diversa, lo ritiene severo, autoritario, dispotico e ingiusto così, invece di impegnarsi per far fruttare la somma ricevuta, per paura la nasconde fino al ritorno del padrone. La fiducia ricevuta viene così miseramente tradita, la paura ha creato una distanza incolmabile che si traduce nell'allontanamento del servo.
E noi di Dio che idea abbiamo? Sappiamo riconoscere che si fida di noi, che ci affida la sua grazia affinché possiamo farle portare frutto o, come il terzo servo, ne abbiamo paura e cerchiamo di tenercene alla larga?
La tentazione che il demonio usa più spesso con ciascuno di noi è proprio di far sorgere in noi la paura di Dio, il sospetto nei suoi confronti, l'idea che voglia metterci in difficoltà chiedendoci di più di quanto siamo in grado di fare.
Quanto è diffusa l'idea che Dio sia un giudice severo e inflessibile, esigente e pignolo, che non vede l'ora di poterci condannare all'inferno! Questo però non è Dio! Non è il volto amorevole e misericordioso del Padre che Gesù ci ha rivelato ma un nostro pregiudizio!
Dio non è un giudice severo ma un padre tenero e attento, che ama ciascuno di noi in modo unico e infinito e che ci conosce perfettamente e non ci chiede più di quanto possiamo dare ma nemmeno di meno perché sarebbe segno di sfiducia.
Aver paura di Dio è semplicemente un'assurdità! Ci ha creati lui per un atto d'amore del tutto gratuito, se ne avesse abbastanza di noi ci farebbe smettere di esistere, così da un istante all'altro. Solo il fatto che esistiamo è dimostrazione che Dio ci sta amando anche in questo preciso istante.
Togliamoci dalla testa questa assurda idea che Dio non veda l'ora di mandarci all'inferno! Per evitarcelo si è fatto uomo e si è fatto crocifiggere da noi! Davvero abbiamo bisogno di altre prove?
Nei momenti in cui ci scopriamo assaliti dalla paura di Dio, del suo giudizio, dal sospetto che stia cercando di imbrogliarci o che ci stia chiedendo troppo impariamo a riconoscere che è il demonio che ci sta bisbigliando queste cose all'orecchio, che è lui e non Dio a cercare di imbrogliarci. Smettiamo, allora di dar seguito a quei pensieri, apriamo gli occhi e riconosciamo quanto il Signore ci ha affidato, quanto si fida di noi (molti più di quanto noi non ci fidiamo di noi stessi) e rimbocchiamoci le maniche per far fruttare quella grazia. In quei frutti troveremo anche la nostra gioia, quella che darà senso pieno alla nostra vita.

sabato 11 novembre 2017

Missione possibile - Riflessione sul Vangelo di domenica 12 novembre 2017

Rispetto anche solo a qualche decina di anni fa, i nostri giovani hanno molte più possibilità di scegliere cosa fare nella vita, l'accesso agli studi universitari è alla portata se non proprio di tutti sicuramente di molti più che nel passato, hanno possibilità di viaggiare, di comunicare a lunghe di stanze, di informarsi e conoscere. Anche noi adulti beneficiamo dei trasporti più veloci, dei mezzi di comunicazione più sviluppati ed efficacie di tate opportunità che ci permettono di fare cose che per i nostri genitori erano molto più difficili e per i nostri nonni praticamente impossibili.
Tutto questo è sicuramente un progresso ma comporta anche dei rischi: una maggiore facilità a fare ciò che desideriamo può permetterci di realizzare il compito fondamentale della nostra vita ma anche farci perdere tempo ed energie dietro nostri capricci.
In molti oggi affermano che sia un diritto di ciascuno poter fare ed essere quello che si vuole, come se ciascuno di noi fosse un panetto di creta da modellarsi a proprio piacimento. Ma siamo davvero elementi neutri in grado di assumere tutte le forme che vogliano? Se così fosse saremmo tutti uguali, anonimi individui in grado di differenziarsi solo realizzando qualcosa di diverso dagli altri oppure condannati all'anonimato e all'oblio.
Noi però non siamo un informe panetto di creta anonimo, ciascuno di noi è un'opera d'arte, unica e irripetibile, con una missione precisa e specifica. Siamo opera di Dio, chiamati a collaborare con lui alla salvezza dell'umanità intera, ciascuno con il proprio contributo specifico.
Nella parabola che ascoltiamo in questa domenica le dieci vergini hanno un compito specifico: accompagnare lo sposo che entra alle nozze portando ciascuna una lampada accesa. Come ben sappiamo, cinque prendono solo le lampade vuote e cinque prendono anche l'olio per riempire le lampade con il risultato che le prime restano fuori mentre le altre, più sagge, entrano alla festa di nozze.
Ciascuna di loro aveva un compito, chiaro e specifico, per cui doveva prepararsi, essere pronta ad accogliere lo sposo, metà di loro, però, hanno preso alla leggera l'incarico, non ci hanno messo la giusta attenzione, non si sono preparate a dovere e, al momento di compiere quel che dovevano hanno scoperto che mancava loro un elemento fondamentale.
Con questa parabola Gesù ci invita a chiederci quale sia il nostro compito, quale sia la nostra vocazione: perché siamo qui e in questo tempo? Quale incarico devo compiere? Cosa devo preparare?
Non è un caso che ciascuno di noi sia nato in una determinata famiglia, in un luogo e un tempo specifici, che abbia fatto determinati incontri ed esperienze, sono i modi con cui il Signore ci fa comprendere quale sia il compito che ha pensato per noi, quale collaborazione al suo disegno di salvezza ci chieda.
È obbligatorio? No! Dio non ha mai costretto nessuno a fare qualcosa! Scegliere di seguire il Signore e di compiere la sua volontà è, però, l'opportunità che abbiamo per essere pienamente noi stessi, per compiere la missione per cui siamo al mondo, quella che ci fa entrare nella gioia vera.
Ognuno di noi ha una chiamata specifica, unica e irripetibile, per capire cosa il Signore ci chieda basta solo metterci in ascolto, desiderare compiere quello che ha pensato per noi. L'olio che le vergini sagge preparano e che anche noi dobbiamo preparare non è altro che l'amore, quello vero, quello capace di donarsi, di spendersi per il bene dell'altro. Infatti ciascuno di noi ha un compito diverso ma tutti devono essere svolti per amore.
Lasciamo perdere, quindi, i nostri capricci e le nostre velleità, facciamo invece in modo che la nostra vita brilli dell'amore di Dio, possa rischiarare quanti incontriamo nelle tante occupazioni della nostra giornata è così che compiamo la nostra missione: portando a tutti l'amore di Dio.

sabato 4 novembre 2017

Guida sicura - Riflessione sul Vangelo di domenica 5 novembre 2017

C'è un'invenzione che da poco più di dieci anni ha rivoluzionato il nostro modo di guidare, almeno lo ha rivoluzionato a me: il navigatore. Non so quanto voi lo utilizziate, io molto spesso. Permette di risparmiare molto tempo e ci evita di dover consultare cartine e mappe ogni volta che dobbiamo raggiungere una destinazione nuova. Il navigatore però, perché sia efficace, deve essere seguito con meticolosità. Ci sono alcune persone che lo attivano e poi fanno di testa loro e se dice di girare a sinistra loro girano a destra perché sono convinti di saperne di più.
Nella vita abbiamo bisogno di guide, di chi ci indica la strada, punti di riferimento sicuri che ci aiutino a fare le nostre scelte secondo verità. I nostri primi punti di riferimento sono i genitori, i nonni, gli zii, un fratello maggiore, poi intervengono gli insegnanti, i catechisti, i sacerdoti... Tanti sono coloro che, soprattutto nell'arco della nostra fanciullezza e adolescenza, sono stati per noi guide e modelli. Diventati adulti continuiamo ad aver bisogno di una guida, impariamo ben presto che il nostro semplice giudizio troppo spesso si rivela errato. Ci portiamo dietro il bagaglio dei principi e delle verità che ci sono state insegnate ma spesso non sono sufficienti, abbiamo bisogno di chi ci indica, di volta in volta, cosa scegliere, come comportarci.
È importante, allora, chiederci chi sono le nostre guide, chi abbiamo scelto come punto di riferimento, da chi ci lasciamo guidare. Non illudiamoci, abbiamo sempre qualcuno o qualcosa che ci guida, potrebbe anche non essere una persona in carne e ossa, potrebbe essere un'ideologia politica, una teoria economica, una filosofia morale ma un navigatore che ci indica quali scelte compiere c'è sempre.
Un cristiano non può che avere un unico maestro e un'unica guida: il Signore Gesù.
Solo Gesù, infatti, ci rivela la verità della nostra vita, ce ne fa comprendere il senso pieno, ce ne fa conoscere il fine, attraverso la sua Parola e attraverso l'insegnamento della sua Chiesa.
Nel tempo che viviamo ci sono alcuni -pastori e laici- che criticano l'insegnamento del Papa e del Magistero della Chiesa generando non poca confusione nei fedeli. Più di tanto non dobbiamo preoccuparcene: ci sono sempre stati, in tutte le epoche della storia della Chiesa. Ricordiamo sempre che la guida deve essere il Signore Gesù e che quindi ogni insegnamento dei Pastori deve essere conforme a quanto Gesù ha detto e ha fatto e che i Vangeli ci raccontano. Il criterio di discernimento, quindi, è il Vangelo, meglio ancora tutta la Scrittura e non una sola parte di essa, non un solo versetto. Con un minimo di abilità e di conoscenza biblica si potrebbe far dire alla Scrittura tutto e il suo contrario, basta saper scegliere bene i versetti. È un po' quello che qualche giornalista senza scrupoli fa quando taglia e incolla varie parti del discorso di un qualunque personaggio pubblico dando l'impressione che abbia detto anche il contrario di ciò che ha effettivamente voluto comunicare. È molto importante, quindi, che ci formiamo una buona conoscenza del Vangelo e di tutta la Scrittura, conoscenza che non si acquisisce con uno studio accademico ma nella preghiera, lasciandoci illuminare dallo Spirito Santo, nell'ascolto dei pastori che insegnano secondo il Vangelo e nel confronto con i fratelli. Tutto questo è importantissimo per due ragioni: per lasciarci sempre e solo guidare dal Signore Gesù e perché quando ci troviamo noi ad essere guide di altri non insegniamo cose nostre ma la verità di Dio. Dobbiamo guardarci da chi, come i farisei del Vangelo di oggi insegnano teorie proprie ma dobbiamo anche fare attenzione a non diventare come loro e a insegnare ai figli, ai nipoti, agli alunni e a tutti quelli che si affidano alla nostra guida le nostre convinzioni ma solo e unicamente a fidarsi del Signore Gesù, lui solo dona gioia vera.