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sabato 28 marzo 2015

La Passione di Gesù, il centro della storia dell'Umanità - Riflessione sul Vangelo di domenica 29 marzo 2015

  Ogni giorno il telegiornale ci permette di essere spettatori di eventi che avvengono in tutto il mondo, alcuni sembrano toccarci molto, suscitano emozioni forti e ci suggeriscono meditazioni importanti. Molto spesso, però, la frenesia della vita ci distrae e ci fa tornare alla nostra piccola quotidianità.
Anche la Domenica delle Palme, con i suoi due brani di Vangelo, ci presenta un evento avvenuto molto lontano sia nello spazio che nel tempo, il racconto ha tinte forti, inizia con la grande festa per l'ingresso di Gesù a Gerusalemme e si conclude con la morte di Gesù in croce, solo e abbandonato. È un racconto che non può non suscitarci una profonda impressione ma se ci fermiamo alla semplice constatazione del dolore di Cristo e non ci lasciamo coinvolgere, interrogare, trasformare, anche questa Domenica delle Palme passerà come una puntata del telegiornale.
  Molte sono le persone che hanno preso parte a questo grande evento, ognuna ha contribuito a proprio modo con un gesto, una parola, alcune hanno compiuto grandi atti di fede e di amore, altri di vigliaccheria, altri ancora di malvagità. Possiamo dire che tutta l'umanità è rappresentata nel grande racconto della Passione del Signore Gesù, quindi c'è anche ciascuno di noi.
Nei gesti e nelle parole dei tanti personaggi di questo evento possiamo ritrovare i nostri gesti e le nostre parole, i nostri comportamenti verso il Signore Gesù, il nostro modo di vivere la fede in Lui.
  Signore Gesù, io vivo duemila anni dopo la tua Passione ma non penso di essere migliore di chi ti stava accanto in quei momenti. Non sono migliore di Giuda che ti ha tradito per denaro perché anche io sono spesso tentato di cercare solo il mio benessere; non sono migliore dei discepoli che si sono addormentati nel Getsemani perché anche io mi lascio sopraffare spesso dalla tristezza e dalle preoccupazioni che mi intontiscono e mi fanno allontanano da te. Non sono migliore di Pietro perché anche io, in alcune situazioni, ho paura o vergogna a dirmi cristiano, temo di essere deriso o emarginato, così fingo di non conoscerti. Anche io come i membri del Sinedrio tengo così tanto alle mie sicurezze e a ciò che ho progettato che non mi faccio scrupolo a mentire e ingannare pur di mantenere il controllo sulla mia vita e su quella di chi ho accanto. Come Pilato, ho bisogno di ricevere approvazione e complimenti anche quando questo comporta di fare sconti alla verità o quando ci va di mezzo un innocente. Anche io, in mezzo alla folla mi lascio trasportare da quello che dice la maggioranza e senza riflettere chiedo cose ingiuste che portano sofferenza a tutta la società in cui vivo.
  Sono gesti, parole, atteggiamenti brutti che amareggiano e che vorrei fossero lontani mille miglia da me, ma devo ammettere che anche io, ogni giorno sono tentato e spesso cado nelle stesse azioni che questi personaggi hanno compiuto duemila anni fa e molti altri hanno continuato a compiere nel corso della storia. Eppure tu, Signore Gesù, continui ad amarci, continui a donare la tua vita per noi, a lasciarti inchiodare alla croce dai nostri peccati. Senza questo tuo amore incondizionato, infinito, misericordioso, non potrei che pensarmi perduto, invece so che tu continui a perdonarmi e a donarmi nuovamente la tua grazia.
  Posso così essere anche io tra quei discepoli che ti hanno acclamato al tuo ingresso a Gerusalemme ogni volta che, senza vergogna o paura, saprò testimoniare la mia fede in te. Come la donna di Betania anche io posso versare l'olio profumato della mia preghiera, che a qualcuno sembra uno spreco di tempo ed energie, che, invece, è un dono d'amore che mi fa entrare in una comunione ancora più profonda con te. Come Simone di Cirene posso aiutarti a portare la croce quando mi trovo a dover lasciare quello che sto facendo per soccorrere un fratello che soffre. Posso essere come Giuseppe d'Arimatea quando metto i miei beni a disposizione dei fratelli che sono nel bisogno.
Signore Gesù, la tua Passione è davvero il centro di tutta la storia dell'umanità ma anche il centro della mia vita e tu mi offri la possibilità di scegliere da che parte stare, di decidere se cercare quello che va a me o il tuo dono d'amore. La mia felicità dipende da questa scelta per ciò in questa Settimana Santa, voglio lasciare che questa lunga pagina di Vangelo illumini tutta la mia vita, mi faccia prendere atto dei miei tradimenti, delle mie meschinità e susciti il desiderio di lasciarmi guarire dall'amore misericordioso del Padre che mi dona di amare come lui ha amato. Voglio camminare con te sul difficile cammino del Calvario della mia vita per essere con te nella resurrezione.

sabato 21 marzo 2015

Chicchi di grano che portano frutti di vita nuova - Riflessione sul Vangelo di domenica 22 marzo 2015

È giunta l'ora. Siamo alle porte della Settimana Santa, la settimana più intensa e importante di tutto l'anno nella nostra vita di cristiani.
Diciamocelo, però, non è che sprizziamo di gioia! Ne comprendiamo tutta la profondità ma ci fa un po' paura, se potessimo, passeremmo subito alla domenica di Pasqua.
La Settimana Santa ci mette davanti al cruento spettacolo della Croce, ci conduce fino a contemplare la morte di Gesù e, davanti alla morte, nessuno di noi è tranquillo.
Non lo era neppure Gesù, lo dice chiaramente nella pagina di Vangelo di questa domenica, eppure prosegue il suo cammino che lo condurrà fino al Golgota, fino al dono della sua vita per noi.
Più volte mi sono chiesto: ma era proprio necessario morire in croce? Era proprio necessaria la morte di Gesù? Perché Gesù ha scelto di fare sua un'esperienza che io vorrei evitare, che faccio di tutto per dimenticare?
A nessuno piace pensare alla morte, figuriamoci parlarne, ancora meno affrontarla come ha fatto il Signore Gesù! Eppure ogni giorno tanti segni ci ricordano che non possiamo sfuggirle: i fiori che appassiscono in un vaso, per esempio, ci ricordano che il tempo passa e che questa vita che viviamo non è eterna, anzi è molto più breve e fragile di quanto non cerchiamo di convincerci.
Se apriamo lo sguardo, se non fissiamo solo il momento della morte in croce di Gesù ma contempliamo tutta la sua passione, tutto il percorso che ha compiuto per arrivare a quel momento, vedremo che il Signore ci indica un modo nuovo e diverso di vivere tutta la nostra vita.
La maggior parte di noi vive una vita che è una continua fuga dalla morte, nella ricerca perenne di modi per sfuggirle o per lo meno per fingere di dimenticarla. Ci attacchiamo a questa vita terrena, la difendiamo, la proteggiamo, cerchiamo di sfruttarla al meglio, di ricavarne quanto di meglio abbia da offrirci. Cerchiamo divertimenti e soddisfazioni, riconoscimenti e gratificazioni che ci aiutino a combattere la paura della morte che ognuno di noi si porta nel cuore e che, per quanto si sforzi, non riesce mai a mettere del tutto a tacere.
Con la sua passione Gesù ci mostra un modo diverso di vivere, un modo che ci sorprende e che ci scandalizza anche un po': "chi odia la propria vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna". Davanti a questa frase siamo rimasti tutti turbati e ci chiediamo come sia possibile che il Signore che ci ha donato la vita ora ci chieda di odiarla.
Il testo greco greco originale usa due termini diversi per indicare la vita di questo mondo e la vita eterna. Dunque ci sono due vite diverse! Sì, è proprio qui il punto! Non esiste un'unica vita che dobbiamo conservarci finché possiamo, c'è una vita nuova, una vita eterna che non conosce la morte, che non ha una fine, che non ci viene sottratta. Questa vita è la vita di Dio, è l'alleanza nuova di cui parla il profeta Geremia, è la vita eterna che il Signore Gesù ci dona, che abbiamo ricevuto nel nostro Battesimo.
Dobbiamo iniziare, allora, a odiare la vita di questo mondo, dobbiamo, cioè, smettere di affannarci per conservarci la vita di questo mondo. Dobbiamo iniziare a pensare che stiamo già vivendo una vita nuova, la nostra vita eterna e a comportarci di conseguenza. Possiamo farlo solo se scegliamo di fidarci di Dio completamente. La vita eterna non la possiamo conoscere e scoprire prima, non possiamo provarla come fosse un abito in un negozio e poi decidere se viverla o no. Se scegliamo di compiere questo atto di fede e di amore verso Dio, se decidiamo di fare questo unico passo in quello che ora ci sembra buio (perché la fede, vista da fuori, sembra buio pesto) scopriremo poi che è un passo nella luce.
I tanti santi dei nostri giorni ci dimostrano con la loro vita che tutto questo non è una bella favoletta ma realtà. San Giovanni Paolo II, per esempio, ha sempre mostrato di vivere una vita luminosa, sia quando era nel pieno delle sue forze e ha girato il mondo intero per portare quella luce a tutte le persone di questo mondo buio, sia nel tempo della malattia in cui quella luce di cui brillavano i suoi occhi è diventata ancora più luminosa. La Beata Teresa di Calcutta, altra vita luminosa di una luce che non si spegne né si affievolisce, che ha speso ogni sua energia per aiutare, accogliere, amare gli ultimi degli ultimi. Ancora, Chiara Corbella Petrillo, giovane mamma che ha dato la sua vita per essere pienamente madre e sposa, che ha vissuta una malattia terribile nella luce della resurrezione, della vita eterna e ha diffuso quella luce in tutti quelli che l'hanno conosciuta e che la stanno conoscendo ora attraverso le testimonianze del marito e degli amici. Nelle loro vite e nelle vite di tanti uomini e donne che camminano accanto a noi vediamo concretamente realizzata l'immagine del chicco di grano che muore e porta così molto frutto. Quante persone hanno cambiato vita, sono uscite da situazioni terribili perché illuminati dal loro esempio, dalla loro testimonianza!
Potrei andare avanti all'infinito ma tutti gli esempi di questa Terra non potranno nulla se non saremo noi a decidere di fidarci di Dio, di iniziare a vivere da oggi la vita eterna che ci ha donato il Signore Gesù.
Come? Imparando da lui a vivere come figli di Dio, obbedendo, cioè ascoltando con attenzione (questo il significato di obbedienza) quello che il Padre dice al nostro cuore: non avere paura, non temere io sono con te, ti custodisco nelle mie mani, ti ho fatto per stare con me, perché tu viva con me nell'eternità! Vivere la vita eterna già da oggi, è vivere da figli di Dio, vivendo secondo l'amore e la verità, eliminando dalla nostra vita il male e il peccato a cui le nostre paure ci conducono.
Lasciamoci rassicurare dalla voce dello Spirito che ci conforta, ci rassicura, ci fa scoprire amati e custoditi, che ci infonde coraggio nel vivere ogni giorno la vita nuova che il Signore Gesù ci ha donato offrendo la sua vita per noi. Anche noi, così, diventeremo un chicco di grano che porterà molto frutto per la salvezza di tanti fratelli.

sabato 14 marzo 2015

Credere, atto d'amore - Riflessione sul Vangelo di domenica 15 marzo 2015

Quando suona il telefono, quando arriva una lettera, un'email o un messaggio sul cellulare, sotto sotto, ciascuno di noi spera in una buona notizia, in una novità che ci porti un po' di gioia.
Tutti abbiamo bisogno di serenità, di gioia, di pace, tutti desideriamo poter stare bene, poter essere felici perché qualcosa di bello è successo nella nostra vita. 
Dobbiamo ammettere, però, che c'è gioia e gioia, ci sono notizie che ci rallegrano per un po', altre che ci danno una gioia profonda che non lascia più il nostro cuore. Siamo contenti se la squadra del cuore ha vinto una partita ma non ha nulla a che vedere con la nascita di un figlio o di un nipotino!
Ciò che dà veramente gioia e serenità al nostro cuore è l'amore: se qualcuno ci chiama o ci manda un messaggio per dirci che ci vuole bene, tutti, anche i più burberi, non possiamo che gioirne. 
È naturale, sapete? Sì, perché il nostro cuore è fatto per l'amore e quando si scopre amato non può che gioire!
Attenzione, però! Nel mondo in cui viviamo spesso l'amore è confuso con altre cose ben diverse. Chiamiamo amore la soddisfazione dei nostri capricci o dei nostri bisogni, una passione passeggera, un o sfizio che vogliamo toglierci, emozioni forti che però si dileguano presto come la neve al sole. 
L'amore vero è un'altra cosa, l'amore vero è concreto, si esprime in gesti concreti, cerca il bene dell'amato anche a discapito del proprio. Quando si ama veramente si cerca la gioia della persona amata e si è disposti a sacrificare la propria pur di rendere l'altro felice. Non penso servano esempi, ne abbiamo tanti sott'occhio. 
Non c'è nulla che ci possa far gioire come il vederci destinatari di un gesto d'amore concreto, quando qualcuno rinuncia a se stesso per donarsi a noi ne rimaniamo sempre colpiti e il cuore ci scoppia di gioia. 
Questa domenica il Signore vuole farci scoppiare il cuore di gioia, una gioia vera e piena, che niente e nessuno potrà mai toglierci, che ci darà conforto nei momenti difficili, che ci darà speranza nelle fatiche. La pagina di Vangelo di questa domenica ci mostra tutto l'amore di Dio per ciascuno di noi.
"Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna". L'amore vero si fa concreto, rinuncia a ciò che ama per amore dell'amato: il Padre ci ha amato così tanto da dare il suo Figlio Unigenito per noi. un genitore è sicuramente pronto a dare la vita per i figli ma non darebbe mai la vita del proprio figlio per un altro, specie per uno che si è ribellato. Invece il Padre ci ama così tanto da aver dato la vita del proprio Figlio per donare a noi la vita eterna, per offrirci la possibilità di tornare alla comunione con lui. Vedete quale grande amore ha Dio per ciascuno di noi?
L'amore del Padre si concretizza anche nel fatto che la vita eterna ci è offerta, non imposta: l'amore è sempre libero!
Per accogliere questo dono immenso che è la vita eterna dobbiamo solo credere nel Figlio di Dio, nel Signore Gesù.
In tanti colloqui, chiacchierate, discussioni, mi sono fatto l'idea che la maggior parte delle persone pensano che la fede sia un atto dell'intelletto, che credere significhi ammettere l'esistenza di Dio pur senza mai averlo visto, senza però che questo porti ad una relazione personale.
Credere, invece, è un atto d'amore! Credere è amare il Signore Gesù, fidarsi di lui, lasciarsi guidare dalla sua Parola, accogliere la verità della nostra vita che è venuto a donarci. Credere è amare il Padre e affidarsi a lui con la fiducia di figli che sanno di essere amati di un amore immenso e tenerissimo. Credere è lasciarsi plasmare dallo Spirito Santo, permettergli di illuminare la nostra vita, le nostre scelte, i nostri comportamenti affinché siano sempre nella verità, affinché non ce ne dobbiamo mai vergognare e tenere nascosti ma possiamo sempre camminare a testa alta, sereni di essere nel giusto.
Molte persone mi hanno chiesto come si fa ad avere fede o perché alcuni credono e altri non ci riescono. Per credere dobbiamo solo scegliere di amare e di lasciarci amare da Dio, è molto più facile di quanto non sembri, non servono speculazioni teologiche o studi esegetici, basta lasciare che il nostro cuore faccia quello per cui è stato fatto: amare!
In questo tempo di Quaresima preghiamo contemplando il Crocifisso, guardiamo oltre al dolore e alla sofferenza, scopriamo l'amore che Gesù ha avuto per noi, ma impariamo anche a guardare al di là, a contemplare anche l'amore del Padre che ha dato suo Figlio per noi. La gioia che lo Spirito riverserà nel nostro cuore sarà una fonte inesauribile di gioia e di serenità, che niente e nessuno potrà mai toglierci. 

sabato 7 marzo 2015

Un amore gratuito - Riflessione sul Vangelo di domenica 8 marzo 2015

Un amico vero sa capire quello che hai nel cuore, il bello dell'amicizia è proprio questo!
Quando vogliamo veramente bene a una persona, quando siamo in sintonia, sappiamo intuirne i pensieri e gli stati d'animo, sappiamo riconoscere se c'è qualcosa che non va.
Gesù ama l'uomo, ama ciascuno di noi e sa cosa abbiamo nel cuore. Sa che nel cuore di ciascuno di noi c'è una grande solitudine, spesso ben nascosta, che genera paura per il domani, paura di non sopravvivere, paura di non bastare a noi stessi. Questa paura, poi, ci porta a cercare sempre un'utilità in tutto quello che facciamo, a cercare un guadagno e un vantaggio in tutto, anche nelle nostre relazioni, perfino le più intime. Non dico che ogni nostro relazionarci sia interessato ma, se guardiamo con un po' di obbiettività la nostra vita ci accorgiamo che la tentazione di "guadagnarci qualcosa" anche dalle relazioni più intime e importanti è sempre in agguato. Da bambini lo abbiamo fatto tutti, inutile negare, quando volevamo chiedere a mamma o papà qualcosa di speciale facevamo attenzione a comportarci bene, a non combinare pasticci e a non disubbidire. Da grandi non abbiamo smesso, abbiamo solo affinato la tecnica e abbiamo imparato a nasconderlo alla nostra coscienza, così non ce ne accorgiamo più nemmeno. In ufficio con i colleghi, con gli amici, con i parenti, se abbiamo bisogno di qualcosa diventiamo più attenti e premurosi, cerchiamo, cioè, di guadagnarci qualcosa da quella relazione.
E lo facciamo anche con Dio!Prima di protestare la nostra innocenza, pensiamoci bene. Quante volte abbiamo la tentazione di pregare solo quando abbiamo bisogno di qualcosa, o di compiere qualche pratica devozionale per ottenere una grazia speciale?
Il Signore Gesù conosce il nostro cuore, sa che siamo fragili e che l'ansia di accaparrarci ciò che ci occorre (o che pensiamo ci occorra) è spesso difficile da gestire e che ci sembra sempre più forte di noi. Questa domenica, però, ci chiede di allontanare da noi queste paure e ansie, ci chiede di guardare con obbiettività alla nostra vita e di fare ordine, proprio a partire dalla relazione con il Padre.
Il Tempio di Gerusalemme era il luogo dell'incontro tra il popolo e Dio, dove il Signore abitava in mezzo al suo popolo, dunque era il luogo simbolo della relazione tra l'uomo e Dio. Con un atteggiamento duro e energico Gesù caccia dal Tempio i mercanti, coloro, cioè, che avevano reso la relazione con Dio un commercio.
Impariamo anche noi a purificare la nostra relazione con il Padre allontanando ogni tentazione di utilitarismo, di interesse. Non significa che non dobbiamo più chiedere nulla a Dio, Gesù stesso ci insegna "chiedete e vi sarà dato", facciamo attenzione, però, che la nostra preghiera non sia solo quella. La preghiera dovrebbe essere innanzi tutto una comunione con il Padre, uno stare insieme, senza la necessità di dover ottenerne qualcosa: la risposta ad una nostra domanda, la rassicurazione circa una nostra preoccupazione. Proviamo a pregare solo per stare con Dio, per dirgli che lo amiamo, che è lui l'unica ragione della nostra vita.
All'inizio ci sembrerà una gran perdita di tempo, ci sembrerà una cosa inutile, avremo anche l'impressione che Dio non ci ascolti. Non dobbiamo scoraggiarci, riuscire a domare le nostre paure e le nostre ansie non è facile, il nemico di Dio ci tenterà a lasciar perdere. Continuiamo, con caparbietà e con forza, tenendo bene a mente l'immagine di Gesù che caccia i mercanti dal Tempio.
Dio si relaziona con noi gratuitamente, non ci chiede nulla, non pretende nulla da noi, se impariamo anche noi a non pretendere nulla, impareremo a comprendere che la grazia di Dio è molto più grande di quello che pensiamo, che il Padre vuole colmarci di doni meravigliosi, che noi nemmeno immaginiamo, dobbiamo solo permetterglielo, smettendo di chiedergli quello che pensiamo ci occorra e lasciando fare a lui.
Anche le altre relazioni ne usciranno rinvigorite, impareremo la gratuità anche con gli altri, non cercheremo più conferme continue, non ci metteremo più a calcolare i valori dei regali o l'utilità di un'amicizia. Tutte cose che ci appesantiscono e ci induriscono il cuore senza che nemmeno ce ne accorgiamo.
L'amore, quello vero, quello puro, è sempre gratuito, quindi è sufficiente che amiamo veramente e la nostra vita sarà nella gioia.