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venerdì 27 febbraio 2015

Guarda oltre - Riflessione sul Vangelo di domenica 1° marzo 2015

Se vi chiedessi quale dei cinque sensi considerate il più importante, probabilmente la maggior parte di voi mi risponderebbe la vista.
La vista è il senso che ci permette di vedere ciò che ci circonda, di conoscere, di scoprire la realtà attorno a noi o, per lo meno, ciò che ci appare, che immediatamente si presenta a noi.
A ben pensarci, però, la vista non di rado ci gioca brutti scherzi, ci sembra di vedere una cosa e poi scopriamo che la realtà è diversa, che la prima impressione non era quella giusta, che c'è più di quel che i nostri occhi hanno visto.
Pietro, Giacomo e Giovanni hanno fatto questa esperienza, quel giorno sul Tabor hanno scoperto che Gesù non era solo quello che fino a quel momento avevano visto. Conoscevano Gesù ormai da un bel po' di tempo, avevano riconosciuto in lui un maestro autorevole e un amico premuroso, avevano sperimentato la sua profonda e autentica umanità, ma quel giorno hanno potuto guardare oltre, hanno potuto vedere anche la divinità di Gesù, hanno avuto la grazia di contemplarlo vero uomo e vero Dio. Il Signore ha dato loro la possibilità di guardare oltre l'umanità, oltre l'apparenza, oltre ciò che sembrava evidente affinché potessero contemplare la sua gloria per imparare ad avere ancora più fiducia in lui ed essere pronti a seguirlo anche nei momenti più difficili.
Davanti alla manifestazione della gloria di Gesù i discepoli rimangono spaventati ma, nello stesso tempo, è per loro un'esperienza di grande bellezza tanto che non vorrebbero più andarsene. Come tutte le esperienze forti hanno avuto bisogno di tempo per comprendere, hanno dovuto continuare a seguire Gesù, hanno dovuto passare attraverso il Venerdì Santo per giungere alla mattina di Pasqua e così comprendere pienamente quanto avevano vissuto sul monte.
E noi? Noi che non eravamo sul Tabor quel giorno, noi che non abbiamo visto Gesù trasfigurato, che non abbiamo udito la voce del Padre, quale senso ha per noi questo evento? Perché ne ascoltiamo il racconto?
Noi non faremo la stessa esperienza di Pietro, Giacomo e Giovanni, ma la trasfigurazione ci insegna a guardare oltre, a non fermarci all'apparenza, alla prima vista. Possiamo imparare a dare un po' meno credito ai nostri occhi, a non fermarci solo alla realtà materiale, a ciò che possiamo toccare e vedere.
La Trasfigurazione ci dice che c'è anche altro oltre al mondo che conosciamo, una realtà di cui facciamo già parte, che è per noi: è il mondo di Dio, è la sua vita per noi, è il suo disegno d'amore e di salvezza.
Guardare oltre è, innanzi tutto, un atto di umiltà, virtù a cui siamo poco abituati, nell'ammettere che la realtà non è solo quella che percepisco, quella che ho davanti agli occhi, che vedo e controllo.
Guardare oltre è ammettere che c'è molto più di quel che vedo, che Dio resta nascosto ai miei occhi terreni ma continua ad agire e a prendersi cura di me, compiendo il suo disegno di salvezza per me.
Guardare oltre è imparare ad ascoltare la Parola del Signore Gesù, lasciarsi guidare dal suo Vangelo, lasciarsi riempire di gioia all'annuncio della liberazione dal male. Sembra paradossale ma per guardare oltre la nostra stretta realtà dobbiamo imparare ad ascoltare. Se impariamo a fidarci di Dio, della sua guida e del suo amore, smetteremo di credere possibile solo ciò a cui siamo abituati, che abbiamo progettato o previsto.
Guardare oltre è fidarsi di Dio anche davanti a situazioni che ci sembrano assurde, senza uscita, senza soluzione.
Guardare oltre è fidarsi davanti alla croce, è credere che Dio sa trarre il bene dal male, sa richiamare alla vita dalla morte.
Guardare oltre è fidarsi più del Signore che di se stessi,
La cultura in cui viviamo spesso non ci permette di guardare oltre, ci insegna che tutto è già scritto, che tutto è già determinato.
Non lasciamoci convincere, non adagiamoci, non rassegnamoci ad una vita ordinaria, stabilita, normale, monotona e noiosa.
Dio ha pensato per noi una vita straordinaria, per ciascuno di noi, non importa che età abbiamo, non importa quello che facciamo, non importa il nostro stato di salute. Qualunque sia la condizione in cui ci troviamo, qualu
nque sia la storia che gli occhi ci raccontano, c'è sempre un di più che il Signore ha preparato per noi.

sabato 21 febbraio 2015

Tempo per amare - Riflessione sul Vangelo di domenica 22 febbraio 2015

Conosco poche persone che, da bambini, erano sempre contenti di andare a scuola. Alla maggior parte di noi l'idea di dover andare a scuola ogni giorno non ci faceva saltare di gioia. Da adulti, poi, ne abbiamo imparato ad apprezzare l'importanza. Nella vita, infatti, per tutte le cose importanti ci vuole un tempo di preparazione, un tempo in cui imparare ciò che ci servirà per svolgere un mestiere, per realizzare un compito, un incarico, per affrontare le responsabilità della vita. Affinché, però, la formazione sia completa si deve anche imparare ad affrontare le situazioni difficili, gli imprevisti, bisogna imparare a gestire ciò che potrebbe andare male.
Anche Gesù è andato a scuola da ragazzo, ha studiato come noi, poi però, appena prima di iniziare il suo ministero, appena prima di incominciare ad annunciare il Vangelo, ha fatto una scuola particolare, la scuola del deserto e della tentazione.
La breve pagina di Vangelo di questa domenica ci dice che Gesù è stato sospinto dallo Spirito nel deserto e lì è rimasto quaranta giorni, tentato da Satana, in compagnia di bestie selvatiche e servito dagli angeli.
È una scuola che a noi sembra piuttosto strana, fatta di silenzio, di solitudine, di rinunce, di tentazione, è una scuola dura e faticosa, in cui Gesù impara ad andare all'essenziale, a non lasciarsi distrarre da comodità, da successi, da dalle opinioni della gente. I quaranta giorni nel deserto servono a Gesù per disintossicarsi dalla frenesia del mondo, dalle attese spicciole di molti, dalle pretese di gloria di altri, è venuto per annunciare il Regno di Dio, la buona notizia della salvezza, non per seguire le onde dell'opinione pubblica.
C'è una presenza, in questo racconto, che forse ci stupisce un po': Satana che tenta Gesù. Non dobbiamo stupirci, Gesù è vero Dio e vero uomo e in quanto tale è tentato come siamo tentati noi. Ogni volta che scegliamo di compiere la volontà del Padre, ogni volta che, come Gesù, scegliamo di fidarci più di Dio e del suo disegno che dei nostri progetti, Satana viene a tentarci, viene a proporci una via più semplice, meno impegnativa, apparentemente più appagante, viene a proporci di abbandonare la volontà del Padre per seguire gli istinti della nostra carne, i nostri capricci, le nostre curiosità. Il suo scopo è allontanarci dalla volontà di Dio perché è nel compimento di essa che troviamo la nostra vera gioia, il senso della nostra vita, la piena realizzazione di noi stessi.
Non dobbiamo averne paura, non abbiamo nulla da temere, il demonio non ci può costringere a compiere il male, ad allontanarci da Dio, a peccare, cercherà di farcelo credere ma in realtà non può obbligarci perché Dio non permette mai che la nostra libertà venga annullata dal maligno.
Anche noi abbiamo davanti quaranta giorni, la Quaresima, possiamo anche noi scegliere di vivere questo tempo come un momento di grazia, come un'occasione di deserto. I tanti impegni della vita quotidiana non ci permetteranno di abbandonare tutto e ritirarci in un luogo solitario, ma, forse, potremmo cercare di fare un po' di deserto nella nostra vita, magari rinunciando a qualche attività secondaria, ritagliando un po' di tempo in più per la preghiera e l'ascolto della Parola di Dio. Certo, sappiamo già che ci sarà il tentatore che ci farà sembrare una scelta come questa inutile o inattuabile, impensabile da realizzare, ci farà sembrare gli altri impegni come impellenti e ineliminabili.
Proviamoci! Proviamo a scegliere di vivere un po' di deserto, spegniamo il televisore, il computer, il tablet e anche il cellulare, apriamo il Vangelo e lasciamoci illuminare dalla Parola di Dio, lasciamoci raggiungere dalla sua salvezza.
Gesù ce lo ha appena detto! "Il tempo è compiuto, il Regno di Dio è vicino, convertitevi e credete nel Vangelo". Questo invito non era solo per i galilei di duemila anni fa, è anche per noi oggi! Anche per noi il tempo è compiuto, è il momento giusto, il momento di smetterla di sopravvivere annaspando tra i mille impegni della vita quotidiana che ci lasciano solo stanchi e vuoti, è il momento di convertirci, cioè di cambiare modo di pensare e di guardare alla nostra vita. Impariamo a riconoscere la verità della nostra esistenza, non siamo stati fatti per correre dietro a mille impegni, siamo stati fatti per amare perché questo è quello che fa Dio, nostro Padre! Non dobbiamo abbandonare ogni nostro impegno ma iniziare a vivere tutto per amore, a compiere ogni gesto, ogni compito, ogni azione per amore, per amore di Dio e dei nostri fratelli. Sembra difficile perché non lo abbiamo mai fatto e non lo abbiamo mai nemmeno pensato.
Se però ci fermiamo un momento a guardare alla nostra vita, apparirà subito chiaro che tutto quello che facciamo per amore è faticoso ma ci lascia sereni e gioiosi. Un papà o una mamma che devono alzarsi nel cuore della notte per dar da mangiare al figlio neonato sono sicuramente affaticati ma il loro cuore è colmo di gioia. Perché, allora, non iniziare a fare tutto per amore, anche le cose più noiose, anche quelle che ci costano di più?
Il Vangelo, la buona notizia, è proprio questa! Che abbiamo un Padre che ci ha amato così tanto da dare suo Figlio per noi, per insegnarci ad amare sempre, in ogni situazione, in ogni cosa. E così facendo scopriremo che l'amore è il nostro elemento naturale, come l'acqua per un pesce!
Questa Quaresima che abbiamo davanti è un tempo di grazia, sta a ciascuno di noi saperlo cogliere, saperlo sfruttare pienamente, lasciando ciò che è di troppo nella nostra vita e imparando a vivere tutto per amore.









sabato 14 febbraio 2015

Toccati dalla grazia - Riflessione sul Vangelo di domenica 15 febbraio 2015

Nella vita essere sicuri di sé è importante, ci aiuta a prendere decisioni, ad assumerci responsabilità, ad affrontare le difficoltà. Spesso però esageriamo e la sicurezza in noi stessi, nelle nostre idee, nelle nostre opinioni, eccede i suoi limiti e ci rende incapaci di ascoltare, prestare attenzione, persino di fidarci di chi ne sa più di noi.
È l'esperienza del lebbroso del Vangelo di questa domenica. Con molta fiducia in Gesù gli si avvicina, certo che lo possa purificare, lo possa guarire e dargli, così, la possibilità di tornare a relazionarsi con i suoi concittadini, con i suoi amici e parenti. La lebbra, infatti, lo aveva escluso da qualunque tipo di relazione, lo aveva isolato ed emarginato. È naturale, quindi che sia convinto che l'unica soluzione al suo problema sarà la guarigione. Si avvicina a Gesù e con tutta la fiducia di cui è capace gli dice "se vuoi, puoi purificarmi". Se c'è una cosa a cui il Signore non sa resistere è proprio un atto di fede, un atto di abbandono e fiducia. Così Gesù si commuove, lo ama di un amore viscerale, un amore che ha le caratteristiche dell'amore materno, un amore che coinvolge tutta la persona, Gesù lo ama con tutto se stesso. È questo amore che spinge Gesù a compiere un gesto di per sé vietato: allunga la mano, lo tocca e l'uomo viene purificato.
Ora l'uomo ha ottenuto quello che desiderava e, subito, la sua superbia riprende il sopravvento, Gesù ormai non gli serve più e smette immediatamente di ascoltarlo. Gesù se ne accorge e lo ammonisce severamente, ma ormai è troppo tardi, ora non è più debole, malato, emarginato, ora è sano e non ha più bisogno di Dio, l'unica cosa che vuol fare è festeggiare la sua guarigione, perché, in fondo, è convinto di sapere meglio del Signore cosa sia veramente necessario ora per lui.
Gesù gli indica la via tracciata dalla Parola di Dio, l'offerta del sacrificio prescritto che sancisce il ritorno alla comunione con Dio, alla relazione con Lui. Ma all'uomo ormai Dio non interessa più, ormai è tornato sicuro di sé, di Dio ne può fare a meno.
Un quadro amaro, non è vero? Purtroppo però è un'esperienza in cui passiamo tutti! A chi non è mai capitato di rivolgersi a Dio nel momento della difficoltà e del bisogno e poi, quando tutto era passato, quasi dimenticarci di avergli chiesto aiuto!
Questa pagina di Vangelo, allora, parla di ciascuno di noi. Ognuno di noi è quel lebbroso, anche noi siamo affetti dalla lebbra del male, del peccato, della sofferenza. Chiedere aiuto al Signore Gesù è l'unica cosa giusta, solo il Signore, infatti, può guarirci, ma sopratutto vuole guarirci. Soffermiamoci a contemplare il suo grande amore per noi, il suo desiderio di poterci guarire dal male che ci attanaglia, che ci rende schiavi, che ci esclude dalla comunione con Dio, che ferisce le nostre relazioni fraterne. Gesù vuole guarirci, non attende altro, aspetta solo che glielo chiediamo, che lo lasciamo entrare nella nostra vita, che gli permettiamo di salvarci.
Molte persone pensano che Dio non si curi poi molto di noi, che non sia per lui un grosso problema vederci soffrire. In realtà è esattamente l'opposto, il Signore ci ama di un amore profondo, viscerale, desidera salvarci e guarirci. Se nella nostra vita ci sembra di soffrire inutilmente è, forse, perché non ci siamo ancora rivolti veramente a lui, è perché non gli abbiamo ancora chiesto veramente "se vuoi puoi guarirmi" o forse l'abbiamo fatto con poca convinzione, dicendo tra noi "tanto non mi guarisce", o forse pensiamo di non poter guarire, pensiamo che alcuni dolori e ferite che ci portiamo nel cuore non possano essere sanate. In questo modo, però, è come se legassimo le mani di Gesù, è come se ci ritraessimo dal suo tocco che risana.
Per prima cosa, dunque, abbandoniamoci al Signore Gesù, diciamogli, dal profondo del cuore, "se vuoi puoi guarirmi" e attendiamo con certa fiducia la sua guarigione.
Poi però, non facciamo come l'uomo del Vangelo, non voltiamogli subito le spalle, non pensiamo di sapere meglio di lui di cosa abbiamo bisogno! Lasciamoci guidare dalla sua Parola, custodiamo la comunione con lui e con il Padre nello Spirito Santo. La comunione si custodisce innanzi tutto nella preghiera, se la nostra vita non è imbevuta di preghiera è destinata a riammalarsi, a tornare alle ferite di prima. So che a molti sembra complicato o impegnativo, in realtà si tratta solo di vivere la nostra vita ordinaria con la consapevolezza di avere il Signore accanto e, ogni tanto, rivolgerci a lui, chiedergli luce, forza, coraggio, per fare le scelte giuste.
Essere cristiani non è una fatica, è una gioia! È la gioia dello stare sempre con il Signore e vivere già da ora della sua pace, della sua serenità, della sua gloria.

sabato 7 febbraio 2015

Uno stile nuovo - Riflessione sul Vangelo di domenica 8 febbraio 2015

Provate a pensare a quante cose avete fatto nel corso della settimana che si è appena conclusa. Molte le avete fatte volentieri, altre le avete fatte perché obbligati, di qualcosa siete soddisfatti, qualcos'altro non lo rifareste. La vita di ciascuno di noi è fatta di tanti impegni, azioni, scelte, ogni giorno ci troviamo a doverci organizzare fare tutto quello che è nelle nostre responsabilità ma anche ciò che compiamo per diletto. Forse capita anche a voi, come a me, di arrivare a sera e di accorgervi di non essere riusciti a compere tutto quello che era nei nostri programmi. Ma siamo davvero sicuri che tutto quello che programmiamo sia davvero così necessario?
Anche le giornate di Gesù erano piuttosto affollate di impegni, il Vangelo di questa domenica ce ne racconta una e ci riferisce anche come Gesù ha scelto di affrontare le tante richieste che gli venivano presentate.
Appena arrivato in casa di Simone gli fanno sapere che la suocera di Simone è a letto con la febbre e, subito, Gesù la prende per mano con grande tenerezza e la fa alzare guarendola. Sul far della sera, poi, tutta la città si raduna davanti alla casa portando i malati che Gesù guarisce e libera. Al mattino si alza molto presto e si ritira in un luogo solitario per pregare, ha però l'attenzione e la delicatezza di lasciare delle tracce affinché i suoi possano trovarlo e, con loro, riparte per visitare nuovi villaggi ed annunciare il Vangelo in tutta la Galilea.
Questa pagina di Vangelo ci presenta Gesù come uomo attento alle necessità di chi ha davanti, premuroso nel prendersene cura ma anche libero da desideri di conferme e di gloria, non è mai affrettato o affannato, non è preoccupato né indeciso, sa bene cosa deve fare e dove deve andare.
E se imparassimo da Gesù a organizzare le nostre giornate?
Certo, la nostra vita è molto diversa dalla sua, ma forse possiamo imparare ad avere uno stile nel compiere tutte le nostre attività quotidiane che assomigli sempre più al suo.
Gesù, innanzi tutto, è attento a chi ha davanti, alle necessità delle persone che incontra, le sue relazioni sono semplici e dirette, nella ricerca del bene della persona. Anche noi possiamo imparare ad essere più attenti a chi abbiamo davanti, alle necessità dei fratelli che il Signore pone sul nostro cammino. Possiamo confortare un collega che vive un momento difficile, un'amica che sta affrontando una situazione dolorosa. Davanti alle fatiche e alle sofferenze degli altri la nostra prima reazione è quella di fuggire perché il dolore altrui fa male anche a noi e ci mette a disagio. Proviamo, invece, ad imparare da Gesù a farcene carico, a prendere per mano la persona che abbiamo davanti e a dirle che le siamo vicini, che comprendiamo la sua fatica e la sua sofferenza e che desideriamo esserle di conforto. Non saremo capaci di guarire dalle malattie come faceva Gesù ma, tante volte, una parola di conforto, un sorriso, anche solo restare accanto a chi soffre, è fonte di grande conforto e coraggio ad andare avanti e a non lasciarsi abbattere dal male.
La mattina presto Gesù si ritira a pregare. Che posto ha la preghiera nella nostra vita? Istintivamente ci viene da dire che non abbiamo tempo per pregare perché abbiamo così tante cose da fare! Ma fermiamoci un istante e pensiamoci bene: è davvero tutto così indispensabile? Non riusciamo a ritagliare un quarto d'ora per stare un po' con il Signore? Per ascoltare la sua Parola di salvezza?
Proviamo a dedicare il primo quarto d'ora della giornata alla preghiera, all'ascolto della Parola di Dio del giorno, lasciando che lo Spirito Santo illumini il nostro cuore, colmi della sua grazia la nostra vita, ci faccia percepire l'amore del Padre per ciascuno di noi. Se non lo abbiamo mai fatto ci sembrerà quasi impossibile riuscire a pregare la mattina presto, se però proviamo a superare questa tentazione e iniziamo a vivere la preghiera come intimità con Dio all'inizio della giornata, scopriremo presto che quel breve quarto d'ora cambia radicalmente il senso di tutta la nostra giornata. Un proverbio dice "chi ben comincia è a metà dell'opera", se la nostra giornata inizia con l'intimità con il Signore, continuerà nella luce della sua grazia.
Da ultimo Gesù rifiuta di rimanere a Cafarnao e sceglie, invece, di proseguire per i villaggi vicini, sceglie di rinunciare alla sicurezza di un luogo conosciuto dove è acclamato e ricercato per andare dove ancora nessuno lo conosce, per andare verso l'incerto, verso lo sconosciuto, per incontrare altri fratelli e portare anche a loro l'annuncio di salvezza.
Impariamo anche noi a lasciarci guidare da Dio, ad abbandonare le nostre sicurezze, a portare la gioia del Vangelo, della vita cristiana, anche a chi ancora conosciamo poco. A scuola o sul luogo di lavoro, per esempio, proviamo ad andare a conoscere chi ancora non conosciamo, non per lasciare amicizie consolidate ma per incontrare persone nuove, per offrire loro la nostra amicizia, per portare loro la nostra gioia. Anche questo, istintivamente, ci farà difficoltà perché tutti abbiamo paura di chi non conosciamo, temiamo di fare brutte figure, di lasciare le nostre sicurezze. Il Signore però ci invia a portare la sua gioia a tutti gli uomini. Non pensiamo che questo significhi dover approntare conferenze e catechesi, anche per questo basta un sorriso, una parola gentile e di conforto, un'amicizia semplice e disinteressata.
Lo stile che Gesù ci propone sembra di difficile attuazione, sembra che ci costi parecchio, che sia impegnativo e, forse, anche un po' scomodo. Se però proviamo ad iniziare a viverlo, dopo un po' di disagio iniziale, scopriremo che riempie molto più la nostra vita di quanto non facciano i tanti impegni della nostra giornata, ci insegnerà a scegliere ciò che è veramente importante, che riempie davvero la nostra vita e che le dona quella autenticità che tutti desideriamo.