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sabato 26 settembre 2015

Azioni indelebili - Riflessione sul vangelo di domenica 27 settembre 2015

Quando, molto tempo fa, iniziai la scuola elementare, la maestra ci insegnò che l'inchiostro della penna non può essere cancellato, a differenza della matita che può essere cancellata facilmente, quindi prima di scrivere qualcosa è necessario essere ben sicuri che sia la cosa giusta.
Poi hanno inventato le penne cancellabili, il bianchetto e il nastro correttore e così anche quello che pensavamo fosse indelebile ha smesso di esserlo.
Qualcuno ha paragonato la nostra vita ad un libro che ciascuno di noi scrive giorno per giorno con le sue scelte, i suoi comportamenti, le sue parole, un libro che scriviamo a penna, non a matita. Sarebbe molto comodo poter cancellare i nostri errori con una gomma speciale ma non è possibile, ogni nostra azione lascia un segno indelebile nella nostra vita e nella vita di chi ci sta accanto.
Nella pagina di Vangelo di questa domenica il Signore Gesù ci mette in guardia dal minimizzare le conseguenze delle nostre decisioni e dei nostri atti, anzi, con un linguaggio molto duro ci invita a prendere molto sul serio la nostra vita.
Il discorso di Gesù può sembrarci esagerato, forse perché vogliamo continuare ad illuderci che a tutto si possa trovare una soluzione, che "tanto poi mi passa". Ogni nostra scelta errata, ogni nostra decisione incauta, ogni nostro peccato lasciano un segno nella nostra vita, ci incupiscono, ci appesantiscono, ci fanno chiudere in noi stessi. All'inizio non ce ne accorgiamo nemmeno ma con il tempo, se perduriamo nei nostri errori, ci ritroviamo sempre più isolati, ci sembra che gli altri non riescano a capirci, che nessuno sia interessato a noi... Il peccato porta sempre divisione, lontananza, solitudine.
Nel suo celebre romanzo "Il ritratto di Dorian Grey" Oscar Wilde immagina che un giovane uomo faccia un patto col demonio così che le conseguenze delle sue azioni invece di vedersi sul suo volto siano visibili sul suo ritratto. All'inizio sono solo poche rughe e pochi segni ma alla fine di una vita dissoluta il ritratto è diventato irriconoscibile e orrendo. È questo quello che il male fa alla nostra vita, ci rende irriconoscibili e brutti.
Per contro mi vengono in mente molte persone che vivono una vita di fedeltà al Signore, di amore per il prossimo, di accoglienza e condivisione, sui loro volti si vedono i segni del tempo ma conservano una bellezza, una serenità, una pace che non tramontano.
Le nostre azioni però non hanno solo conseguenza su di noi ma anche su quanti ci stano accanto e possono restarne scandalizzati. Quante persone si sono allontanate dalla fede perché scandalizzate dal comportamento di sacerdoti, religiosi e buoni cristiani? Quanti magari partecipano alla Messa domenicale ma non hanno alcuna intenzione di partecipare alla vita comunitaria perché infastiditi dall'atteggiamento di alcuni che spadroneggiano nelle nostre parrocchie?
Quando qualcuno mi racconta di essersi allontanato dalla fede a causa dello scandalo provato davanti al comportamento di qualcuno ne rimango molto amareggiato e addolorato e mi chiedo se con le mie azioni posso aver anche io scandalizzato qualcuno.
Gesù è molto duro e drastico, se qualcosa nella nostra vita crea scandalo dobbiamo eliminarla, senza timori di perdere qualcosa di importante. Il peccato non ha mai fatto bene a nessuno per ciò è inutile affezionarcisi. Naturalmente Gesù non ci invita all'automutilazione fisica ma ci incoraggia a tagliare via dalla nostra vita quegli atteggiamenti, quei vizi, quelle abitudini che sono dannose, che ci portano a scegliere il male. Non è semplice, i vizi sono facili da prendere ma difficili da lasciare, spesso scopriamo di essere attaccati ai nostri peccati più di quanto non pensassimo. Sappiamo però che il Signore è accanto a noi e ci dona tutta la grazia e la forza necessaria per affrontare i nostri errori, per sradicarli dalla nostra vita: di qualcuno verremo a capo in poco tempo, per altri ci vorrà molto impegno, molta fatica e molta pazienza. L'importante è perseverare, se davvero abbiamo compreso che un nostro atteggiamento è dannoso per noi e per chi ci sta accanto dobbiamo impegnarci ogni giorno a eliminarlo dalla nostra vita, senza scoraggiarci se dovessimo ricaderci ma rialzandoci e riprendendo il cammino.
Se scegliamo di restare col Signore Gesù, se ci lasciamo guidare e correggere da Lui, sarà più facile comprendere ciò che ci fa male ed eliminarlo dalla nostra vita affinché
sia tutta nella gioia e nella pace e diventi luce per i fratelli che incontriamo ogni giorno sulla nostra strada.

sabato 19 settembre 2015

Grande e piccolo, piccolo e grande - Riflessione sul Vangelo di domenica 20 settembre 2015


Siamo talmente abituati ai litigi che ormai non ci facciamo più  molto caso o, perlomeno, ci siamo rassegnati che sia impossibile andare d'accordo con tutti e che quindi siano un male inevitabile. Ma da cosa sono causati? Cos'è che ci porta a litigare
La pagina di Vangelo di questa domenica ci svela che anche gli apostoli litigavano tra loro e le loro motivazioni non sono molto diverse dalle nostre. Volevano stabilire chi fosse il più grande, chi fosse il più importante, quello che comanda. 
Non è forse questo che c'è dietro ogni nostro litigio, anche il più piccolo?
Iniziamo da bambini: litighiamo per chi deve decidere quale gioco fare perché ciascuno vuole far fare agli altri il proprio gioco preferito. Diventando grandi litighiamo perché vogliamo imporre il nostro modo di vedere, le nostre scelte, i nostri desideri, sul coniuge, sui figli, sulla nuora, sui colleghi di lavoro, sugli amici. Se guardiamo con un pizzico di obiettività le nostre litigate ci accorgiamo che in ciascuna di esse stavamo cercando di imporre all'altro il nostro volere.
I litigi, hanno poi degli effetti collaterali che spesso non consideriamo: ci chiudono in noi stessi, ci fanno prestare attenzione solo a chi può esserci di aiuto nel nostro intento di autoaffermazione e ci fanno ignorare chi ci risulta inutile e insignificante. I litigi sgretolano la nostra vita relazionale e con essa la nostra serenità e la pace del nostro cuore e questo ci porta ad essere ancora più litigiosi. I litigi vanno risolti con le scuse, con una richiesta e un'offerta esplicita di perdono e di pace, non basta dire "tanto poi mi passa" perché il rancore resta come un tarlo nel nostro cuore e lo rosicchia senza che noi nemmeno ce ne accorgiamo.
Come si esce da questo circolo vizioso?
Gesù ci propone la sua ricetta, ci traccia una via che passa per la croce, passa per l'offerta di sé. Nel litigio cerchiamo di conquistare l'altro di impossessarci della sua vita facendogli fare quello che vogliamo noi, il Signore Gesù ci insegna, invece, a donarci all'altro, senza aspettarci nulla in cambio, senza calcolare il guadagno ma con vera e autentica gratuità. Ci chiede di accogliere l'altro, soprattutto il più debole, il più piccolo, il più insignificante, come accoglieremmo lui.
Gesù traccia davanti a noi la via dell'amore donato che non solo non si impone sull'altro ma ne cerca il bene prima del proprio, come ha fatto lui morendo per noi.
Nella società in cui viviamo, ma in fondo in ogni altra società umana di ogni tempo e ogni latitudine, questa proposta è ritenuta semplicemente assurda, mettersi a servizio invece di imporsi è considerato un comportamento da perdenti, da stupidi. Forse, però, chi fa tanto il grande, in realtà è molto piccolo e chi invece appare più umile è davvero una grande persona. Forse però dovremmo valutare meglio, dovremmo guardare con obbiettività alla nostra vita e chiederci se l'arroganza ci ha mai davvero fatto bene, se la prepotenza ci ha mai dato una vera pace del cuore e, forse, potremmo cominciare a valutare l'idea, per lo meno, di provare a seguire la via tracciata da Gesù. Chissà che non abbia ragione?

sabato 12 settembre 2015

La via della salvezza - Riflessione sul Vangelo di domenica 13 settembre 2015

Dicono che ciò che ci stressa, che ci mette ansia e ci provoca nervosismo siano le troppe cose che facciamo ogni giorno. Le nostre vite sono così oberate di impegni che arriviamo a sera stanchi e stressati.
Io penso, invece, che ciò che ci crea stress, che ci angoscia e che ci affatica sia il nostro lottare contro ciò che nella nostra vita non va secondo il nostro progetto, tutto ciò che non corrisponde a ciò che consideriamo essere la nostra vita ideale. La nostra stanchezza, il nostro stress, non sono di origine fisica ma psicologica, è la nostra lotta contro quello che non va come lo vorremmo noi.
Un imprevisto che ci fa ritardare, una persona che, alla nostra domanda, non risponde come volevamo noi, i figli che non si comportano come ci aspettiamo da loro, i genitori anziani che non sanno leggerci nel pensiero e avanzano pretese che a noi sembrano assurde, il collega di lavoro che sbaglia qualcosa aumentando il carico del nostro lavoro. Tutte cose che eccedono dal nostro mondo ideale, dalla nostra vita preconfezionata.
Sì, in fondo ciascuno di noi ha in mente come dovrebbe essere la sua vita, un po' come fosse la sceneggiatura di un film: discorsi, eventi, risposte, perfino gli imprevisti vorremmo averli già previsti!
Quando poi le cose non vanno come avevamo immaginato, ci opponiamo, ci arrabbiamo, ci preoccupiamo, inizia una lunga battaglia per lo più interiore che però ci sfinisce e ci angoscia.
San Pietro non si deve essere trovato in una situazione tanto diversa in quel giorno descritto dalla pagina di Vangelo di questa domenica. Gesù aveva appena chiesto di esprimere la loro opinione su di lui, Pietro, a nome di tutti, aveva annunciato "Tu sei il Cristo!" e questo, nei suoi piani, significava un avvenire glorioso. Appena dopo, però, Gesù aveva iniziato a parlare di croce e di morte. Eh no! Questo non corrispondeva al suo piano, non poteva essere così, il Cristo non poteva morire in croce! E glielo aveva detto chiaro e tondo, ricevendone però un sonoro rimprovero. Anzi, di più, Gesù aveva dichiarato che chi avesse voluto essere veramente suo discepolo avrebbe dovuto abbracciare la croce.
Povero Pietro! Vedeva ancora la croce come una sconfitta, come uno strumento di sofferenza e di morte, come poteva Gesù, il Messia, scegliere proprio di abbracciare la croce?
Noi non siamo molto distanti da Pietro, anche a noi l'idea della croce spaventa, anche noi cerchiamo di scappare di fronte a ciò che ne assume i connotati, davanti a ciò che ci fa soffrire, che ci sembra una sconfitta. Al massimo, quando proprio non siamo riusciti a scappare, ci rassegniamo, cerchiamo di convincerci che tanto a questo mondo bisogna soffrire, che non si può fare molto per evitare quel dolore, chiniamo la testa e andiamo avanti, spesso rinchiudendoci in noi stessi.
Ma davvero Gesù vuole che soffriamo?
No, per capire la croce dobbiamo deciderci una buona volta di convertirci, di lasciare che il Signore cambi la nostra prospettiva, che ci faccia vedere la nostra realtà in una maniera diversa, da una angolazione totalmente nuova.
Con Gesù la croce non è uno strumento di dolore e di morte, diventa il luogo dell'incontro con la misericordia del Padre, il luogo dell'abbandono completo a lui, il luogo dell'intimità profonda con colui che ci ama con tutto se stesso.
Certo che Gesù ha sofferto sulla croce, ha sofferto veramente, ma lo ha fatto come atto d'amore, in quel dolore ha espresso tutto il suo amore per ciascuno di noi, ha affrontato quella sofferenza nella fiducia che il disegno del Padre stava preparando qualcosa di più grande e bello, che stava preparando la resurrezione.
Ma noi come dobbiamo fare?
Dobbiamo iniziare a fidarci di Dio, del suo disegno d'amore. Ogni volta che nella nostra giornata qualcosa va storto, o meglio, ci sembra che vada storto, non coincide, cioè con i nostri progetti, fidiamoci di Dio, impariamo a dirgli "Signore, non so perché ora devo affrontare questo ma so che tu mi sei accanto e che anche questa fatica, questo dolore o questa sofferenza, posta nelle tue mani diventerà strumento della mia salvezza".
Iniziamo con le piccole difficoltà quotidiane e impareremo poi ad affrontare anche le sofferenze più grandi, quelle che ci sembrano assurde e senza senso.
Il dolore, la malattia, la sofferenza, se ce li teniamo per noi, se cerchiamo solo di combatterli e li rifiutiamo rimarranno insensati perché il male non ha senso. Se però li accogliamo nella nostra vita, se non ci lasciamo ingannare dalla tentazione di dire che sono più forti di noi, se li affrontiamo con la certezza che il Signore è accanto a noi, ci sostiene, ci dona forza, coraggio e pace per affrontare anche le cose più difficili, allora anche il dolore e la sofferenza acquisteranno un senso perché, nelle mani di Dio, diventeranno strumenti della nostra salvezza. Potremo vedere nella nostra vita il grande miracolo che Gesù ha compiuto trasformando la croce dal più orrendo dei patiboli nello strumento della nostra salvezza e la nostra vita passerà dalla morte alla vita eterna.
Non è facile, è impegnativo e faticoso ma abbiamo l'esempio di milioni di santi, alcuni canonizzati, altri no, che ogni giorno affrontano sofferenze e difficoltà con la certezza che quella croce, messa nelle mani del Signore, diventa il luogo dell'incontro con la sua misericordia e la sua tenerezza.
Vieni, Spirito Santo, colma il nostro cuore di fiducia nel disegno d'amore del Padre, donaci il coraggio di prendere ogni giorno la nostra croce non come una sconfitta ma come lo strumento della nostra vittoria, quella vittoria che Gesù ci ha donato con la sua Croce.

sabato 5 settembre 2015

Ascoltatori attenti, annunciatori veraci - Riflessione sul Vangelo di domenica 6 settembre 2015

Nelle scorse settimane sono stato a Lourdes e, ancora una volta, mi sono stupito per le tante persone che vi giungono da ogni luogo della terra. Alla processione mariana della sera si prega il Rosario recitando le Ave Maria in molte lingue differenti e questo mi fa sempre pensare quanto sia importante il linguaggio nella vita di ciascuno di noi. Fa talmente parte della nostra quotidianità che forse non ci facciamo nemmeno più caso ma poter ascoltare chi abbiamo davanti e poterci esprimere sono doni preziosi.
Quante parole ogni giorno affollano la nostra vita, quante parole ascoltate e quante parole dette.
Ma siamo sicuri di ascoltare le parole giuste? Siamo sicuri che quello che diciamo sia davvero espressione di quello che siamo?
A pensarci bene ci possiamo facilmente rendere conto che non sempre ciò che ascoltiamo ci fa bene, spesso ci troviamo ingannati o ci vengono proposte come vere e corrette idee che non sono che semplici opinioni o addirittura menzogne. Quando poi ci troviamo a discutere o a litigare con qualcuno ci capita sempre di dire cose che non pensiamo veramente, che non ci rappresentano, in quel momento parlano le nostre emozioni, la nostra ira e la nostra superbia oppure per paura o per preoccupazione scegliamo la menzogna piuttosto che dire la verità.
Tutte queste cose rendono pensante la nostra vita, la complicano, ci dividono dagli altri, creano inimicizie, sospetti e separazioni.
Nella vita, allora, è importante scegliere bene a chi dare ascolto e cosa dire.
Il giorno del nostro battesimo il sacerdote ha compiuto su ciascuno di noi lo stesso gesto che Gesù compie sul sordomuto del Vangelo di questa domenica. Ci ha toccato le orecchie e la bocca e ha detto "Il Signore Gesù che fece udire i sordi e parlare i muti ti conceda presto di ascoltare la sua parola e di professare la tua fede a gloria di Dio Padre".
Gesù, attraverso il sacerdote, suo ministro, ha toccato anche le nostre orecchie per aprirle alla sua parola, rendendoci capaci di ascoltare la sua voce e a distinguerla tra le tante voci della vita quotidiana. Ogni giorno siamo bombardati da tante voci diverse, molte ci dicono cose opposte e spesso ci troviamo indecisi, ci sembra che le argomentazioni siano valide da entrambe le parti e non sappiamo decidere chi abbia ragione, dove sia la verità. Dobbiamo fare attenzione, però, alle voci del mondo, sono sempre interessate, cercano sempre di convincerci per poter trarre vantaggi dalla nostra adesione.
Impariamo a dedicare tempo, invece, all'ascolto della Parola di Dio, impariamo ad avere una familiarità con il Signore, con quello che vuole dirci. Sappiamo che Gesù non ci mente, non ha interessi personali, la sola cosa a cui tiene è la nostra gioia, la nostra pace e la nostra salvezza. Sarebbe buona cosa se scegliessimo di dedicare ogni giorno un po' di tempo all'ascolto del Vangelo. Inizialmente possono bastare anche solo pochi minuti, man mano che proseguiremo impareremo a riconoscere il Signore che parla alla nostra vita svelandocene giorno per giorno la verità più profonda, scopriremo che risponde davvero ai nostri interrogativi più profondi, se davvero decidiamo di ascoltarlo.
Gesù guarisce anche la nostra parola, ci rende capaci di esprimere ciò che abbiamo nel cuore, di lasciar emergere la verità di ciò che siamo, di annunciare la nostra fede, la nostra relazione di fiducia con lui.
Nel mondo in cui viviamo diventa ogni giorno più difficile esprimere la propria scelta di fede, spesso si viene derisi o messi a tacere. Le posizioni, le idee, le opinioni di chi è credente vengono scartate a priori, bollate come bigotte e fuori dal tempo così spesso ci scoraggiamo o ci lasciamo intimorire e ci chiudiamo in un vero e proprio mutismo su ciò che riguarda il nostro essere cristiani.
Non si tratta di iniziare crociate contro il mondo ma è importante poter esprimere la nostra fede, è importante che le nostre parole corrispondano a quello che abbiamo nel cuore, che ciò che esprimiamo con la lingua risplenda della luce della fede che il Signore ha acceso in noi.
Chiediamo, in questa domenica, un dono speciale dello Spirito Santo affinché ci renda ascoltatori attenti della Parola di Dio che smascheri le tante menzogne del mondo e ci doni il coraggio di annunciare con serenità e fiducia la gioia della vita con il Signore Gesù.