Cos'è la fede? Domanda che in tanti si pongono. Per alcuni è qualcosa di indispensabile, per altri è qualcosa di desiderato e cercato, per altri è qualcosa di enigmatico, per altri ancora è un'assurdità.
La fede è molto più semplice di come molti se la raffigurano, la fede è semplicemente la relazione con Dio, l'incontro con il Signore Gesù.
Come tutte le altre nostre relazioni, a volte è una relazione stabile e serena, altre è un po' più complicata, altre ancora c'è una vera e propria incomprensione. In buona sotanza, comunque, dipende da noi, la scelta è nostra.
I personaggi della pagina di Vangelo di questa domenica ci presentano tre modi di vivere la fede: i farisei, i genitori del cieco nato, il cieco nato stesso.
I Farisei sono coloro che sono convinti di sapere come Dio debba comportarsi, che cercano una relazione con lui purché Egli si attenga a quelle che sono le loro regole e convinzioni. Tutto ciò che non coincide con il loro modo di pensare, con le loro convinzioni e le loro norme lo rifiutano, senza nemmeno fermarsi a considerarlo. Così i farisei insistono a cercare una spiegazione della guarigione del cieco nato che si ammissibile dal loro schema mentale, arrivano a ipotizzare assurdità, negano le evidenze più lampanti, si ritrovano alla fine anche a a dover negare le loro convinzioni pur di non accettare che Gesù possa aver compiuto un miracolo in giorno di sabato.
Siamo anche noi un po' farisei quando pretendiamo che Dio si comporti come vogliamo noi, quando avanziamo assurde e pretenziose domande sul perché avvengano certe cose o perché altre non siano risolte come riteniamo giusto noi. Siamo farisei quando ci fermiamo a ragionare troppo sui misteri della nostra vita, del mondo, dell'universo intero. Beninteso, la fede è ragionevole, noi però spesso pretendiamo che sia razionalista ed empirista, vogliamo dimostrare, accertare, confermare.
Ci scandalizzeremmo sicuramente se un fidanzato pretendesse il test della macchina della verità per accertarsi che la sua fidanzata lo ama davvero poi però con Dio pretendiamo prove, certificazioni e spiegazioni.
I genitori del cieco nato sono invece quelli che vogliono stare tranquilli, che si attengono alle regole, che vanno in sinagoga tutti i sabati ma poi non vogliono avere grane, non vogliono che la loro vita sia turbata e scompigliata dalla presenza di Dio. Se la cavano con un "no comment". Anche di fronte a un miracolo chiaro e certo come la guarigione del figlio - e chi meglio di loro sapeva che il figlio era nato veramente cieco?- preferiscono la tranquillità della loro vita.
Anche noi ci comportiamo come loro quando la fede è l'attività della domenica mattina, quando andiamo a Messa, diciamo con diligenza le nostre preghiere ma non permettiamo a Dio di entrare nella nostra vita. Quando siamo così preoccupati di perdere la nostra tranquillità e la nostra comodità che preferiamo non vedere le meraviglie che Dio compie nella nostra vita.
Lascio per ultimo il cieco nato perché ovviamente in lui abbiamo un esempio di cosa la fede sia davvero. È di Gesù l'iniziativa, il cieco non ha chiesto nulla e, quando riacquista la vista, non si mette a lambiccarsi il cervello di come possa essere successo, se fosse lecito o meno visto che era sabato, quello che ha sperimentato gli basta: prima era cieco ora ci vede. Il cieco crede in Gesù anche se molte cose non le ha capite e non le può spiegare, quello che è importante per lui è aver incontrato Gesù, averne sperimentato la potenza, essersi lasciato amare da lui.
Possiamo anche noi essere il cieco nato se permettiamo a Gesù di aprirci gli occhi, se scegliamo di non farci troppe domande ma decidiamo di fidarci di lui, di lasciarci amare da lui, di permettergli di farci vedere una realtà che fin'ora è rimasta a noi nascosta: il Regno di Dio.
La fede è perfettamente ragionevole ma è pur sempre una relazione d'amore, non si può vivere una relazione d'amore attraverso regole, norme e leggi o pretendendo di non dover rinunciare alle proprie comodità. Ogni relazione d'amore ci chiede di metterci in gioco, di scomodarci, di rivedere la nostra vita, le nostre convinzioni, le nostre sicurezze. Ogni relazione d'amore ci chiede fiducia e quando ci fidiamo è tutto perfettamente ragionevole.
Lasciamoci incontrare dal Signore Gesù, permettiamogli di aprirci gli occhi e scegliano di fidarci di lui, solo così la nostra vita entrerà nella luce e nella gioia vere.
Pensieri e riflessioni di un prete carismatico felicissimo di scoprire ogni giorno l'amore fantasioso e tenerissimo di Dio!!!
sabato 25 marzo 2017
sabato 18 marzo 2017
Ciò che è davvero necessario - Riflessione sul Vangelo di domenica 19 marzo 2017
Ogni giorno abbiamo tante necessità ma non tutte sono davvero indispensabili, ci preoccupiamo per molte cose ma non tutte sono davvero così improrogabili e se ci fermiamo a riflettere ci accorgiamo che per vivere ci serve molto meno di quello che pensiamo.
Due cose sono certamente necessarie: l'acqua e il cibo. Senza questi sostentamenti il nostro corpo deperisce, soffre e rischia la morte.
Gesù utilizza proprio questi due elementi basilari per ricordarci che non siamo fatti solo di carne, che abbiamo anche uno spirito e anche quello ha sete e fame, anche quello ha bisogno di essere dissetato e nutrito.
Nella pagina di Vangelo di questa domenica Gesù si trova al pozzo di Giacobbe e lì incontra una donna samaritana e le chiede da bere. Ne scaturisce un dialogo in cui la donna parla dell'acqua del pozzo mentre Gesù parla di un'acqua viva che è lui a donare, un'acqua che disseta per l'eternità, un'acqua che diventa sorgente d'acqua viva nel cuore di colui che l'ha bevuta. Gesù conduce così la donna a rendersi conto di avere nel cuore una sete di cui non si era mai accorta, la sete della fede, la sete di Dio. Infatti è poi la donna a cambiare discorso e a chiedere a Gesù dove si adora veramente Dio, ha intuito che Gesù le sta parlando non dell'acqua che disseta il corpo ma quella che disseta lo spirito, l'amore di Dio che è riversato nei nostri cuori.
Quando poi i discepoli di Gesù tornano dopo aver fatto provviste lo invitano a mangiare ma Gesù risponde di avere un altro cibo che loro non conoscono: fare la volontà del Padre, compiere la sua opera.
Come l'acqua e il cibo sostengono il nostro corpo così la fede e il compimento della volontà del Padre sostengono il nostro spirito, come sono indispensabili i primo tanto lo sono i secondi.
Ci capita di essere tristi, delusi, scoraggiati, irascibili, ansiosi, affaticati? Sono i sintomi di uno spirito disidratato e denutrito. Così come non si può vivere bene se il nostro corpo soffre la sete e la fame altrettanto non possiamo vivere bene se il nostro spirito soffre.
Impariamo, allora, innanzi tutto a riconoscere la sete e la fame spirituali.
Uno spirito assetato è in continua ricerca di relazioni, va elemosinando attenzione e amore in tutte le relazioni perché è assetato d'amore. Uno spirito affamato è sempre insoddisfatto, ansioso, concentrato solo sui propri progetti, va in cerca di affermazione, di risultati ma nulla lo soddisfa mai veramente.
Solo Dio può dissetarci e sfamarci ed è Egli stesso affamato e assetato di noi. Anche Dio ha sete, sete di noi, della relazione con noi, ha sete del nostro amore, per quanto piccolo e debole possa essere.
L'acqua via di cui parla Gesù è lo Spirito Santo che è l'Amore riversato nei nostri cuori dal giorno del nostro battesimo. C'è già in noi quella fonte di acqua viva di cui parla Gesù alla samaritana, è già lì nel nostro cuore e noi ce ne teniamo spesso alla larga, soffrendo la sete! Avviciniamoci, dissetiamoci! Lasciamoci amare da Dio! Permettiamogli di inondarci del suo amore! Abbandoniamoci a Lui!
Quando saremo dissetati scopriremo anche il cibo, fare la sua volontà. Comprenderemo che ciò che conta nella vita non è realizzare i nostri progetti ma partecipare ai suoi. Per quanto accurati e precisi i nostri piani saranno sempre imperfetti, limitati e a tempo determinato. Quanti hanno costruito grandi imprese che poi si sono sgretolate nel giro di pochi anni, quanti regi e imperi hanno subito la stessa fine. Perché affaticarci per qualcosa che è destinato a perire? Lasciamoci coinvolgere dal progetto di Dio, apriamo il nostro sguardo, leggiamo nella nostra vita i segni della sua presenza, le linee del suo progetto in cui ci chiama ad essere non semplici spettatori o manovali ma suoi diretti collaboratori. Guardiamo, per esempio, alla nostra famiglia non come a qualcosa che abbiamo fatto noi ma come un suo disegno d'amore a cui ci chiede di collaborare come altri hanno fatto prima di noi. Allarghiamo lo sguardo e impariamo a vedere come la nostra vita sia parte di un progetto che non è iniziato con noi e non si concluderà con noi. Che meraviglia sapere che le nostre azioni quotidiane, il nostro lavoro, i nostri impegni, non sono fini a se stessi ma possono essere parte del progetto più grande e importante di tutta la storia dell'umanità: la salvezza dell'uomo! E per tutto questo basta una sola semplice scelta: Signore voglio compiere la tua volontà
!
Due cose sono certamente necessarie: l'acqua e il cibo. Senza questi sostentamenti il nostro corpo deperisce, soffre e rischia la morte.
Gesù utilizza proprio questi due elementi basilari per ricordarci che non siamo fatti solo di carne, che abbiamo anche uno spirito e anche quello ha sete e fame, anche quello ha bisogno di essere dissetato e nutrito.
Nella pagina di Vangelo di questa domenica Gesù si trova al pozzo di Giacobbe e lì incontra una donna samaritana e le chiede da bere. Ne scaturisce un dialogo in cui la donna parla dell'acqua del pozzo mentre Gesù parla di un'acqua viva che è lui a donare, un'acqua che disseta per l'eternità, un'acqua che diventa sorgente d'acqua viva nel cuore di colui che l'ha bevuta. Gesù conduce così la donna a rendersi conto di avere nel cuore una sete di cui non si era mai accorta, la sete della fede, la sete di Dio. Infatti è poi la donna a cambiare discorso e a chiedere a Gesù dove si adora veramente Dio, ha intuito che Gesù le sta parlando non dell'acqua che disseta il corpo ma quella che disseta lo spirito, l'amore di Dio che è riversato nei nostri cuori.
Quando poi i discepoli di Gesù tornano dopo aver fatto provviste lo invitano a mangiare ma Gesù risponde di avere un altro cibo che loro non conoscono: fare la volontà del Padre, compiere la sua opera.
Come l'acqua e il cibo sostengono il nostro corpo così la fede e il compimento della volontà del Padre sostengono il nostro spirito, come sono indispensabili i primo tanto lo sono i secondi.
Ci capita di essere tristi, delusi, scoraggiati, irascibili, ansiosi, affaticati? Sono i sintomi di uno spirito disidratato e denutrito. Così come non si può vivere bene se il nostro corpo soffre la sete e la fame altrettanto non possiamo vivere bene se il nostro spirito soffre.
Impariamo, allora, innanzi tutto a riconoscere la sete e la fame spirituali.
Uno spirito assetato è in continua ricerca di relazioni, va elemosinando attenzione e amore in tutte le relazioni perché è assetato d'amore. Uno spirito affamato è sempre insoddisfatto, ansioso, concentrato solo sui propri progetti, va in cerca di affermazione, di risultati ma nulla lo soddisfa mai veramente.
Solo Dio può dissetarci e sfamarci ed è Egli stesso affamato e assetato di noi. Anche Dio ha sete, sete di noi, della relazione con noi, ha sete del nostro amore, per quanto piccolo e debole possa essere.
L'acqua via di cui parla Gesù è lo Spirito Santo che è l'Amore riversato nei nostri cuori dal giorno del nostro battesimo. C'è già in noi quella fonte di acqua viva di cui parla Gesù alla samaritana, è già lì nel nostro cuore e noi ce ne teniamo spesso alla larga, soffrendo la sete! Avviciniamoci, dissetiamoci! Lasciamoci amare da Dio! Permettiamogli di inondarci del suo amore! Abbandoniamoci a Lui!
Quando saremo dissetati scopriremo anche il cibo, fare la sua volontà. Comprenderemo che ciò che conta nella vita non è realizzare i nostri progetti ma partecipare ai suoi. Per quanto accurati e precisi i nostri piani saranno sempre imperfetti, limitati e a tempo determinato. Quanti hanno costruito grandi imprese che poi si sono sgretolate nel giro di pochi anni, quanti regi e imperi hanno subito la stessa fine. Perché affaticarci per qualcosa che è destinato a perire? Lasciamoci coinvolgere dal progetto di Dio, apriamo il nostro sguardo, leggiamo nella nostra vita i segni della sua presenza, le linee del suo progetto in cui ci chiama ad essere non semplici spettatori o manovali ma suoi diretti collaboratori. Guardiamo, per esempio, alla nostra famiglia non come a qualcosa che abbiamo fatto noi ma come un suo disegno d'amore a cui ci chiede di collaborare come altri hanno fatto prima di noi. Allarghiamo lo sguardo e impariamo a vedere come la nostra vita sia parte di un progetto che non è iniziato con noi e non si concluderà con noi. Che meraviglia sapere che le nostre azioni quotidiane, il nostro lavoro, i nostri impegni, non sono fini a se stessi ma possono essere parte del progetto più grande e importante di tutta la storia dell'umanità: la salvezza dell'uomo! E per tutto questo basta una sola semplice scelta: Signore voglio compiere la tua volontà
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venerdì 10 marzo 2017
Con tutto il cuore - Riflessione sul Vangelo di domenica 12 marzo 2017
Negli ultimi duemila anni in molti si sono messi a studiare, tradurre, analizzare, interpretare ogni pagina del Vangelo, alcune sono molto chiare. altre per essere capite è necessario conoscere la storia e la cultura del tempo di Gesù, altre ancora ci raccontano eventi di cui continuiamo a comprendere ben poco. A quest'ultimo gruppo appartiene sicuramente la pagina della Trasfigurazione che tutti conosciamo molto bene e che ci lascia sempre con un interrogativo: perché Gesù ha voluto coinvolgere Pietro Giacomo e Giovanni in questo evento così straordinario e ricco di molti simboli?
Pagine e pagine sono state scritte, in molti, autorevoli Padri della Chiesa, grandi teologi e santi hanno avanzato le loro ipotesi. Secondo la maggior parte Gesù avrebbe voluto far fare l'esperienza della Trasfigurazione ai suoi discepoli per anticipare loro la sua resurrezione, specialmente in vista della passione e della morte in croce.
Mi chiedo però se in tutta questa riflessione non ci sia un po' della nostra convinzione che tutte le cose debbano avere una utilità, debbano servire a qualcosa di concreto.
Forse dovremo aspettare di essere in Paradiso per poter chiedere a Gesù il motivo di quell'evento, una cosa però la sappiamo già: per i discepoli è stata un'esperienza di grande gioia, hanno sperimentato direttamente la gloria di Dio, il suo amore infinito, la sua immensa grandezza, la sua luce inestinguibile.
Pietro dice "è bello per noi essere qui" e quando poi la nube luminosa li copre cadono con la faccia a terra in preda a un grande timore, non paura o angoscia, timore di Dio, la consapevolezza di essere a pochi passi dalla sua gloria.
Forse Gesù ha voluto solo fare loro una grande grazia, offrirgli la possibilità di sperimentare una profonda comunione con Dio, quella che lui viveva nella preghiera e che doveva lasciare sul suo volto un'espressione di pace e di gioia che i discepoli notavano e di cui si meravigliavano.
Forse la Trasfigurazione è sì un anticipo della risurrezione ma non solo per poter affrontare la passione ma per pregustare ciò che il Signore ha preparato per noi. In questo senso, allora, la Trasfigurazione non è soltanto un evento riservato a Pietro, Giacomo e Giovanni ma un'esperienza che il Signore vuole far fare anche a noi, in modo diverso, probabilmente, magari meno spettacolare.
Il Signore Gesù ha scelto di fasi uomo per noi, ha scelto di farsi crocifiggere per noi, perché ci vuole con sé, ci vuole condurre nella piena comunione col Padre nello Spirito, vuole farci gustare la bellezza, la dolcezza, la grandezza della vita eterna che ci ha voluto donare.
Siamo noi, purtroppo, che abbiamo il cuore indurito, che continuiamo a voler credere solo a ciò che possiamo spiegare, che possiamo documentare, che possiamo registrare e riprodurre. Senza nemmeno accorgercene abbiamo così chiuso il nostro cuore al Signore Gesù, non ci lasciamo guidare, non gli permettiamo di condurci dove non sappiamo, rischiamo così di perdere l'occasione di una grande grazia.
In questo tempo di Quaresima, lasciamoci condurre dal Signore sul monte che è la preghiera, organizziamoci e troviamo spazi di preghiera in cui, per una volta, non guidiamo noi, non attacchiamo con la nostra lunga lista di richieste, di parole, di formule. Allontaniamoci da tutto ciò che può distrarci e apriamo il cuore al Signore, lasciamo che faccia lui, che ci dica ciò che vuole, che ci faccia provare ciò che ha preparato per noi, non dobbiamo aver paura di lui, vuole solo amarci e farci sperimentare la bellezza del suo amore.
Il Signore desidera con tutto il cuore farci sperimentare quanto è grande il suo amore per noi, accogliamolo con tutto il cuore e anche noi potremo dire "è bello per noi stare qui"!
Pagine e pagine sono state scritte, in molti, autorevoli Padri della Chiesa, grandi teologi e santi hanno avanzato le loro ipotesi. Secondo la maggior parte Gesù avrebbe voluto far fare l'esperienza della Trasfigurazione ai suoi discepoli per anticipare loro la sua resurrezione, specialmente in vista della passione e della morte in croce.
Mi chiedo però se in tutta questa riflessione non ci sia un po' della nostra convinzione che tutte le cose debbano avere una utilità, debbano servire a qualcosa di concreto.
Forse dovremo aspettare di essere in Paradiso per poter chiedere a Gesù il motivo di quell'evento, una cosa però la sappiamo già: per i discepoli è stata un'esperienza di grande gioia, hanno sperimentato direttamente la gloria di Dio, il suo amore infinito, la sua immensa grandezza, la sua luce inestinguibile.
Pietro dice "è bello per noi essere qui" e quando poi la nube luminosa li copre cadono con la faccia a terra in preda a un grande timore, non paura o angoscia, timore di Dio, la consapevolezza di essere a pochi passi dalla sua gloria.
Forse Gesù ha voluto solo fare loro una grande grazia, offrirgli la possibilità di sperimentare una profonda comunione con Dio, quella che lui viveva nella preghiera e che doveva lasciare sul suo volto un'espressione di pace e di gioia che i discepoli notavano e di cui si meravigliavano.
Forse la Trasfigurazione è sì un anticipo della risurrezione ma non solo per poter affrontare la passione ma per pregustare ciò che il Signore ha preparato per noi. In questo senso, allora, la Trasfigurazione non è soltanto un evento riservato a Pietro, Giacomo e Giovanni ma un'esperienza che il Signore vuole far fare anche a noi, in modo diverso, probabilmente, magari meno spettacolare.
Il Signore Gesù ha scelto di fasi uomo per noi, ha scelto di farsi crocifiggere per noi, perché ci vuole con sé, ci vuole condurre nella piena comunione col Padre nello Spirito, vuole farci gustare la bellezza, la dolcezza, la grandezza della vita eterna che ci ha voluto donare.
Siamo noi, purtroppo, che abbiamo il cuore indurito, che continuiamo a voler credere solo a ciò che possiamo spiegare, che possiamo documentare, che possiamo registrare e riprodurre. Senza nemmeno accorgercene abbiamo così chiuso il nostro cuore al Signore Gesù, non ci lasciamo guidare, non gli permettiamo di condurci dove non sappiamo, rischiamo così di perdere l'occasione di una grande grazia.
In questo tempo di Quaresima, lasciamoci condurre dal Signore sul monte che è la preghiera, organizziamoci e troviamo spazi di preghiera in cui, per una volta, non guidiamo noi, non attacchiamo con la nostra lunga lista di richieste, di parole, di formule. Allontaniamoci da tutto ciò che può distrarci e apriamo il cuore al Signore, lasciamo che faccia lui, che ci dica ciò che vuole, che ci faccia provare ciò che ha preparato per noi, non dobbiamo aver paura di lui, vuole solo amarci e farci sperimentare la bellezza del suo amore.
Il Signore desidera con tutto il cuore farci sperimentare quanto è grande il suo amore per noi, accogliamolo con tutto il cuore e anche noi potremo dire "è bello per noi stare qui"!
sabato 4 marzo 2017
Il peccato, un veleno per la nostra vita - Riflessione sul Vangelo di domenica 5 marzo 2017
Abbiamo iniziato la Quaresima... A chi piace la Quaresima??? Temo a ben poca gente! Sembra un tempo triste, in cui dobbiamo fare penitenza, in cui dobbiamo riconoscere i nostri peccati... Tutte cose che non ci piacciono. Non ci piace rinunciare a qualcosa, a vivere più sobriamente, a pregare di più. Soprattutto non ci piace riconoscere i nostri peccati!
Già, ma cos'è il peccato? Secondo molti oggi abbiamo smarrito il senso del peccato, non sappiamo più cosa sia. È vero! Per molti sono peccati solo i gesti più gravi uccidere e rubare, già la frode, l'inganno, il tradimento si cerca di giustificarli in qualche maniera, altri ancora non sono proprio considerati il linguaggio volgare, la sessualità disordinata, le bugie, i giudizi e le critiche... Andarci a confessare ci costa molto e spesso lo facciamo perché costretti.
Tutto questo proprio perché non abbiamo capito cosa sia esattamente il peccato.
Il Vangelo di questa prima domenica di Quaresima ci presenta le tentazioni di Gesù nel deserto e ci offre così la possibilità di capire cosa sia veramente il peccato, noteremo che tutti i peccati possono essere ricondotti a una di queste tre tentazioni.
Il demonio tenta Gesù, vuole convincerlo a peccare, lo fa come fTentazionia sempre con l'inganno, addirittura utilizza la Scrittura per giustificare le sue proposte. Gesù, a differenza di Eva e Adamo, non si lascia circuire e risponde con la Parola di Dio smascherando la menzogna del demonio.
Nella prima tentazione il diavolo propone a Gesù di trasformare le pietre in pane, Gesù risponde "Non di solo pane vive l'uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio". Questa prima tentazione poggia sui nostri istinti, sulle nostre passioni, i nostri bisogni primari. Ci induce a pensare che la nostra vita dipenda dalle cose di questo mondo e ci invita a cambiarne la destinazione d'uso, a stravolgerne il senso. Chiediamoci allora se nella nostra vita ci sono oggetti, situazioni, eventi di cui non possiamo fare a meno: il fumo, l'alcool, i dolci, l'automobile, lo smartphone, il pc, internet, i gioielli... Se ci accorgiamo che c'è qualcosa, anche molto banale, di cui però non pensiamo di poter fare a meno, siamo caduti in quella tentazione. A questa tentazione si risponde come ha fatto Gesù, tornando alla relazione con il Padre: ciò che occorre realmente alla nostra vita è la comunione d'amore con Dio, è ascoltare ogni giorno la sua Parola. Se già non lo facciamo, iniziamo a nutrirci ogni giorno della Parola di Dio dedicando almeno un quarto d'ora alla lettura del Vangelo del giorno.
Con la seconda tentazione il demonio propone a Gesù di gettarsi dal pinnacolo del Tempio certo che Dio invierà i suoi angeli a salvarlo, Gesù risponde "Non tenterai il Signore Dio tuo". È la tentazione di vivere non solo non seguendo la volontà di Dio ma pretendendo che si pieghi lui alla nostra. Attenzione, questa tentazione è più sottile e meno facile da smascherare. È la tentazione di voler fare di testa nostra, di pretendere di sapere meglio di Dio quale sia il nostro bene, di non saper riconoscere i nostri limiti e di pretendere di superarli, tanto Dio ci penserà! Per capire meglio questa tentazione facciamo qualche esempio: andare in macchina in autostrada a 150 km/h chattando su whatsapp, accettare impegni e incarichi per 25 ore al giorno solo per apparire efficienti e produttivi, non essere disposti a cambiare nemmeno in una virgola gli impegni della nostra agenda, pensare che la nostra vita sia più importante di quella degli altri... Ricordiamo sempre che dobbiamo confidare nella provvidenza di Dio, non sfidarla!
Nella terza tentazione il demonio chiede a Gesù di adorarlo in cambio del potere su tutti i regni della terra, Gesù risponde "Il Signore tuo Dio adorerai e a lui solo renderai culto". Cadiamo in questa tentazione molto più spesso di quanto non immaginiamo. Ogni volta che scendiamo a compromessi con il male, che accettiamo una menzogna, un inganno, una ingiustizia pur di guadagnarci qualcosa, pur di conservare la nostra tranquillità, di guadagnare qualcosa in più, noi stiamo piegando le ginocchia davanti al demonio. Se tutto questo sembra un po' esagerato è segno che il demonio ci ha già abbindolato più di quanto non immaginiamo. Torniamo a Dio, ad adorare lui solo, a vivere secondo il suo amore, la sua verità, la sua giustizia.
Questo tempo di Quaresima sia un tempo santo, nel quale ci lasciamo illuminare dallo Spirito affinché ci mostri la verità della nostra vita, affinché ci evidenzi i nostri peccati e ci dia il coraggio di abbandonarli, costi quel che costi! Ricordiamo sempre che con il peccato, anche il più piccolo, non guadagniamo mai nulla, al contrario, ci perdiamo solo. Questo tempo di grazia che il Signore ci dona possa diventare l'occasione per riscoprire l'amore, la cura, la tenerezza e l'attenzione del Padre per ciascuno di noi davanti a cui non abbiamo più bisogno di altro.
Già, ma cos'è il peccato? Secondo molti oggi abbiamo smarrito il senso del peccato, non sappiamo più cosa sia. È vero! Per molti sono peccati solo i gesti più gravi uccidere e rubare, già la frode, l'inganno, il tradimento si cerca di giustificarli in qualche maniera, altri ancora non sono proprio considerati il linguaggio volgare, la sessualità disordinata, le bugie, i giudizi e le critiche... Andarci a confessare ci costa molto e spesso lo facciamo perché costretti.
Tutto questo proprio perché non abbiamo capito cosa sia esattamente il peccato.
Il Vangelo di questa prima domenica di Quaresima ci presenta le tentazioni di Gesù nel deserto e ci offre così la possibilità di capire cosa sia veramente il peccato, noteremo che tutti i peccati possono essere ricondotti a una di queste tre tentazioni.
Il demonio tenta Gesù, vuole convincerlo a peccare, lo fa come fTentazionia sempre con l'inganno, addirittura utilizza la Scrittura per giustificare le sue proposte. Gesù, a differenza di Eva e Adamo, non si lascia circuire e risponde con la Parola di Dio smascherando la menzogna del demonio.
Nella prima tentazione il diavolo propone a Gesù di trasformare le pietre in pane, Gesù risponde "Non di solo pane vive l'uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio". Questa prima tentazione poggia sui nostri istinti, sulle nostre passioni, i nostri bisogni primari. Ci induce a pensare che la nostra vita dipenda dalle cose di questo mondo e ci invita a cambiarne la destinazione d'uso, a stravolgerne il senso. Chiediamoci allora se nella nostra vita ci sono oggetti, situazioni, eventi di cui non possiamo fare a meno: il fumo, l'alcool, i dolci, l'automobile, lo smartphone, il pc, internet, i gioielli... Se ci accorgiamo che c'è qualcosa, anche molto banale, di cui però non pensiamo di poter fare a meno, siamo caduti in quella tentazione. A questa tentazione si risponde come ha fatto Gesù, tornando alla relazione con il Padre: ciò che occorre realmente alla nostra vita è la comunione d'amore con Dio, è ascoltare ogni giorno la sua Parola. Se già non lo facciamo, iniziamo a nutrirci ogni giorno della Parola di Dio dedicando almeno un quarto d'ora alla lettura del Vangelo del giorno.
Con la seconda tentazione il demonio propone a Gesù di gettarsi dal pinnacolo del Tempio certo che Dio invierà i suoi angeli a salvarlo, Gesù risponde "Non tenterai il Signore Dio tuo". È la tentazione di vivere non solo non seguendo la volontà di Dio ma pretendendo che si pieghi lui alla nostra. Attenzione, questa tentazione è più sottile e meno facile da smascherare. È la tentazione di voler fare di testa nostra, di pretendere di sapere meglio di Dio quale sia il nostro bene, di non saper riconoscere i nostri limiti e di pretendere di superarli, tanto Dio ci penserà! Per capire meglio questa tentazione facciamo qualche esempio: andare in macchina in autostrada a 150 km/h chattando su whatsapp, accettare impegni e incarichi per 25 ore al giorno solo per apparire efficienti e produttivi, non essere disposti a cambiare nemmeno in una virgola gli impegni della nostra agenda, pensare che la nostra vita sia più importante di quella degli altri... Ricordiamo sempre che dobbiamo confidare nella provvidenza di Dio, non sfidarla!
Nella terza tentazione il demonio chiede a Gesù di adorarlo in cambio del potere su tutti i regni della terra, Gesù risponde "Il Signore tuo Dio adorerai e a lui solo renderai culto". Cadiamo in questa tentazione molto più spesso di quanto non immaginiamo. Ogni volta che scendiamo a compromessi con il male, che accettiamo una menzogna, un inganno, una ingiustizia pur di guadagnarci qualcosa, pur di conservare la nostra tranquillità, di guadagnare qualcosa in più, noi stiamo piegando le ginocchia davanti al demonio. Se tutto questo sembra un po' esagerato è segno che il demonio ci ha già abbindolato più di quanto non immaginiamo. Torniamo a Dio, ad adorare lui solo, a vivere secondo il suo amore, la sua verità, la sua giustizia.
Questo tempo di Quaresima sia un tempo santo, nel quale ci lasciamo illuminare dallo Spirito affinché ci mostri la verità della nostra vita, affinché ci evidenzi i nostri peccati e ci dia il coraggio di abbandonarli, costi quel che costi! Ricordiamo sempre che con il peccato, anche il più piccolo, non guadagniamo mai nulla, al contrario, ci perdiamo solo. Questo tempo di grazia che il Signore ci dona possa diventare l'occasione per riscoprire l'amore, la cura, la tenerezza e l'attenzione del Padre per ciascuno di noi davanti a cui non abbiamo più bisogno di altro.
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