Pagine

sabato 22 aprile 2017

Insieme - Riflessione sul Vangelo di domenica 23 aprile 2017

Nei giorni intorno a Pasqua su diversi canali televisivi sono comparsi documentari e produzioni varie sulla Sindone, sui luoghi della Terra Santa, sulle testimonianze storiche della vicenda di Gesù. Alcune scientificamente valide, altre oltremodo fantasiose, altre ancora volutamente ingannevoli. Tanti, come novelli san Tommaso, intenzionati a toccare con mano testimonianze certe della resurrezione del Signore Gesù.
Che abbiamo seguito o meno queste trasmissioni, l'idea di poter avere una prova scientifica della resurrezione ci affascina tutti. Chi di noi non ha pensato almeno una volta che san Tommaso è stato fortunato perché ha potuto fare quello che vorremmo fare tutti, toccare Gesù, poterlo vedere con i nostri occhi, ascoltarlo con le nostre orecchie. Noi però non possiamo, non siamo stati suoi apostoli, viviamo duemila anni dopo, dobbiamo accontentarci di quello che ci hanno raccontato, restando col dubbio se sia poi vero o no.
Ma è davvero così? Veramente non possiamo incontrare Gesù risorto? Veramente non possiamo arrivare alla certezza della sua resurrezione, della sua presenza viva accanto a noi?
No, no, possiamo e come! Possiamo incontrare Gesù risorto, possiamo essere certi della sua resurrezione, possiamo riconoscerlo vivo accanto a noi, dobbiamo solo ammettere che questo incontro avvenga non come lo vogliamo noi ma come lo vuole lui. C'è uno spazio e c'è un modo per incontrare il Signore risorto. Lo spazio è la comunità cristiana, il modo è la fede.
Gesù risorto si manifesta ai suoi discepoli quando sono riuniti, mentre stanno insieme. Tommaso la sera di Pasqua è fuori, è lontano, è solo e questa solitudine gli impedisce di incontrare Gesù. Dovrà attendere una settimana e di nuovo mentre sono tutti riuniti insieme, in quella seconda domenica della storia, Gesù torna a manifestarsi. Ora Tommaso è presente all'assemblea, è anche lui parte della comunità e può così incontrare il Signore Gesù. Sappiamo bene che poi il Signore lo invita a vedere le sue piaghe, a toccare il segno dei chiodi, ma, soprattutto, a diventare credente. Noi possiamo essere quei beati di cui parla Gesù a Tommaso, coloro che credono senza aver visto ma solo perché hanno ascoltato la testimonianza dei fratelli.
Potremmo essere tentati di pensare che Gesù ci inviti ad accontentarci, a prendere per buono quello che ci viene detto dagli altri, ma appunto questa è una tentazione! Gesù non ci invita ad accontentarci, ci indica la strada per poterlo incontrare risorto, per poter fare una esperienza viva e reale di lui. Per farlo, però dobbiamo decidere di metterci in gioco, non possiamo pretendere di continuare a occuparci delle nostre cose e pretendere che il Signore si manifesti come e quando decidiamo noi.
Innanzi tutto dobbiamo iniziare a vivere la comunità. Non basta andare a Messa ogni domenica come se andassimo a teatro o al cinema, non basta ascoltare le letture cercando spunti che ci siano utili per quel che dobbiamo fare e poi, appena usciti dalla chiesa riprendiamo la nostra vita ordinaria. Per vivere la comunità cristiana innanzi tutto dobbiamo amare i nostri fratelli, un buon inizio sarebbe già conoscerne il nome, salutarci quando ci incrociamo per la strada, presentarci quando arriva qualcuno di nuovo, anche se è solo di passaggio, nella Chiesa nessuno è mai solo di passaggio, tutti sono nostri fratelli! Vivere in comunità è, innanzi tutto, una questione di cuore, è volersi bene, prendersi cura gli uni degli altri, ciascuno secondo le sue possibilità. La comunità dei fratelli diventa così il luogo in cui il Signore viene a manifestarsi, viene a farsi conoscere, a far risplendere la luce  della sua Pasqua.
Il modo per incontrare il Signore risorto è la fede: dobbiamo prima noi credere in lui, credere a quanto ci annunciano i nostri fratelli, credere che veramente Gesù è risorto e vivo e viene nella nostra vita. se accogliamo questo, se iniziamo a fidarci di quanto abbiamo ascoltato, il Signore si farà presente, si manifesterà anche a noi, in un modo unico, che noi solo possiamo comprendere, secondo le nostre caratteristiche. Avremo così la certezza che il Signore è veramente risorto, non perché ne avremo toccato la piaghe ma perché ne avremo riconosciuto la presenza accanto a noi.
Io so che il Signore Gesù è risorto, volete scoprirlo anche voi? Vivete nella comunità e aprite il cuore al Signore, senza avanzare pretese, senza richiedere prove e il Signore si manifesterà anche a voi, questo è sicuro!

sabato 8 aprile 2017

Amore fedele - Riflessione sul Vangelo di domenica 9 aprile 2017

Eccoci alle soglie della Settimana Santa, la grande settimana, la settimana più importante dell'anno, quella in cui contempleremo tutto l'amore del Signore per noi.
La Domenica delle Palme apre questo tempo santo con due Vangeli: l'ingresso di Gesù a Gerusalemme accolto dalle folle dei discepoli in festa e il lungo racconto della Passione. Due pagine che sembrano in contrasto tra loro, prima la festa poi la condanna... Penso però che, ancora una volta, descrivano bene la nostra vita di fede. Quante volte, anche noi, abbiamo cercato e accolto il Signore nella nostra vita e poi, poco dopo, lo abbiamo rinnegato, escluso, dimenticato.
Soffermiamoci sul lungo racconto della Passione, centro di tutta questa grande settimana. Preferiremmo passare subito oltre, arrivare subito alla Pasqua, non ci piace ascoltare il racconto dei patimenti del Signore Gesù, quella grande sofferenza ci fa paura, ancora di più quando consideriamo che è dono d'amore per noi, che il Signore si è lasciato inchiodare alla croce per salvarci.
La Passione secondo Matteo, che ascoltiamo quest'anno, si apre con il tradimento di Giuda, l'amico, uno dei Dodici, uno di cui Gesù si era fidato, proprio lui lo tradisce, lo vende per trenta monete d'argento. Anche Pietro, poco dopo, pur avendo giurato di seguirlo fino alla morte, davanti a una giovane serva si impaurisce e lo rinnega. Ecco tutta la nostra fragilità umana, ci siamo anche noi in Giuda e Pietro, anche noi rinneghiamo e tradiamo Gesù ogni volta che decidiamo di fare di testa nostra, di decidere da soli ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ciò che è bene e ciò che è male.
Nel testo poi ritorna più volte una annotazione "affinché si compisse la Scrittura". Tutta la Passione del Signore non è altro che la piena dimostrazione della sua fedeltà, del suo amore fedele per noi. Gesù è venuto a compiere la promessa di salvezza, quella promessa fatta ad Abramo, a Mosè, ai Profeti e a tutta l'umanità. anche davanti alla nostra infedeltà, anche davanti al nostro rifiuto, anche davanti alla nostra indifferenza Gesù rimane fedele, fedele alla sua promessa, fedele al suo amore per noi, fino alla fine, fino alla morte.
Contempliamo questo amore, proviamo, nelle celebrazioni di questa Settimana Santa, a ritrovare i segni di questa fedeltà, ascoltiamo con attenzione la Parola di Dio che ci verrà donata, consideriamo i gesti compiuti da Gesù, non solo come memoria di ciò che è avvenuto duemila anni fa, ma riconoscendoli nella nostra vita. Allontaniamo la paura di scoprirci infedeli al suo amore, di riconoscerci ingrati e a volte anche traditori, il Signore resta fedele, sempre. Quando ci sentiamo abbandonati da tutti, quando ci sembra che nessuno ci possa capire ricordiamoci che il Signore è lì, accanto a noi, è sceso nel profondo di ogni nostro dolore, di ogni nostra sofferenza, nell'ingiustizia e nel male più profondo per esserci accanto sempre, in ogni momento, per non lasciarci mai.

sabato 1 aprile 2017

Resurrezione e vita - Riflessione sul Vangelo di domenica 2 aprile 2017

C'è un evento nella vita di ciascuno di noi che vorremmo in ogni modo evitare ma che, prima o poi tutti dobbiamo affrontare: la morte di una persona cara. Impariamo presto che prima o poi tutti dobbiamo morire eppure è una cosa a cui continuiamo a ribellarci. Davanti alla morte di una persona cara restiamo addolorati, ne sentiamo la mancanza e ci rattristiamo per il distacco e non è raro che risuoni nel nostro cuore la domanda "Signore dove sei?"
La pagina di Vangelo di questa quinta domenica di Quaresima ci presenta il ben noto episodio della resurrezione di Lazzaro, se lo ascoltiamo con attenzione possiamo imparare e capire qualcosa di più di questo evento che a noi rimane comunque misterioso che è la morte.
Avvisano Gesù che il suo carissimo amico Lazzaro sta per morire ma invece di precipitarsi a guarirlo, come aveva fatto con tanti altri prima di lui, Gesù aspetta, lo lascia morire.
Ci sembra strano questo comportamento del Signore, ci saremmo tutti aspettati che corresse e lo salvasse e vorremmo che facesse così sempre, ogni volta che un nostro caro o noi stessi ci troviamo in una situazione di pericolo eppure il Signore aspetta.
Quando arriva a Betania Marta e Maria, le sorelle di Lazzaro, lo rimproverano "se tu fossi stato qui nostro fratello non sarebbe morto!", quante volte anche noi ci troviamo a rimproverare così il Signore davanti alla morte di una persona cara. Pensiamo che il Signore sia insensibile, che non capisca il nostro dolore, che potrebbe salvare la persona ma non vuole farlo... Come ci sbagliamo!
Davanti al sepolcro di Lazzaro Gesù non rimane impassibile, al contrario, si commuove profondamente e scoppia a piangere e tutti riconoscono in quella reazione la manifestazione del suo amore per Lazzaro. Quando piangiamo per una persona cara il Signore non è lontano, impassibile, distratto, è accanto a noi, piange con noi perché capisce il nostro dolore, la nostra sofferenza, perché ama anche lui il nostro caro defunto, anzi lo ama più di noi.
Ci invita però a non fermarci al freddo e al buio di una tomba, ci invita a guardare oltre, ad alzare lo sguardo al Padre che vuole la nostra salvezza, che vuole donarci la vita eterna. Gesù dice a Marta "Io sono la resurrezione e la vita [...] chi crede in me, anche se muore vivrà [...] credi questo?" e Marta risponde: "Sì, Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo".
Marta ha capito, ha scelto di fidarsi, vuole credere che suo fratello, che ora vede morto, un giorno potrà riabbracciarlo, potrà incontrarlo nuovamente vivo, in una vita nuova. A conferma di questa fede, per dimostrare non solo a Marta, a Maria, ai suoi discepoli e ai Giudei ma anche a noi che quella fede espressa da Marta non è una pia illusione ma verità, richiama Lazzaro alla vita. Quel giorno Lazzaro tornò alla vita terrena e poi in seguito, non sappiamo quando, morì di nuovo, quella che Gesù gli aveva reso non era ancora la resurrezione della carne, doveva essere un segno che rimanda alla vera resurrezione quella dell'Ultimo Giorno.
Ma perché dobbiamo proprio morire? Perché il Signore non può donarci la vita eterna mentre ancora siamo in vita? Sarebbe meglio, no?
La morte è conseguenza del nostro peccato, ogni peccato è un allontanamento da Dio, un rifiuto della sua grazia e, dato che nessuno di noi si dà la vita da se stesso ma tutti la riceviamo da Dio in ogni istante della nostra esistenza, allontanandoci da Dio ci allontaniamo dalla fonte della nostra vita. Se ci allontaniamo dalla vita, chiaramente, ci dirigiamo nella direzione opposta, verso l'opposto della vita, la morte appunto. Quindi dobbiamo morire perché è la conseguenza del nostro peccato, non ci uno in particolare ma di tutti i nostri peccati, di quelli dell'umanità intera. Sarebbe trattarci da bambini se Dio ci evitasse la conseguenza delle nostre libere scelte eppure non ci ha abbandonato a tale terribile conseguenza, anzi, ha scelto di subirla anche lui che è senza peccato per potercene poi liberare, per poterci donare una vita nuova, non più minacciata dalla morte.
Facciamo nostra, dunque, la professione di fede di Marta, diciamo con lei "Io credo in te Signore, credo che tu sei la resurrezione e la vita" e impariamo a guardare al cielo dove i nostri cari ci attendono per vivere in eterno la gioia che il Signore ha preparato per noi.