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venerdì 24 aprile 2015

Importanti per Lui - Riflessione sul Vangelo di domenica 26 aprile 2015

La burocrazia italiana, si sa, non è una delle più snelle e veloci e quindi è abbastanza probabile che anche a voi sia capitato di trovarvi a dover passare da un ufficio al successivo, da uno sportello all'altro, per ottenere un certificato, per consegnare una documentazione, per ritirare un permesso. Quando capita di trovarci in tali odissee di solito la sensazione che proviamo è la solitudine, anche se siamo circondati da tanta gente, ci sembra i essere solo un numero, abbiamo l'impressione che a nessuno importi nulla di noi. L'indifferenza genera tanta solitudine e, a giudicare da quanta solitudine c'è nella nostra società dobbiamo ammettere che c'è anche tanta indifferenza.
Quanto è bello, invece, quando scopri di essere importante per qualcuno, perché si ricorda il tuo nome anche se vi siete visti una volta sola, perché ti chiama per farti gli auguri per il tuo compleanno, perché si prende a cuore una tua necessità. Capiamo di essere importanti per una persona perché si spende per noi, dona il suo tempo e le sue energie per darci ciò di cui abbiamo bisogno.
Sappiamo, così, di non essere soli, che c'è qualcuno che ci vuole bene, che si prende cura di noi, qualcuno a cui rivolgerci quando abbiamo bisogno.
Scoprire di essere importanti per qualcuno può sembrare una cosa di poco conto ma è ciò che fa la differenza tra una vita triste e buia e una vita serena e fiduciosa. 
La Parola di Dio di questa domenica ci dice che c'è una Persona a cui importa di ognuno di noi: il Signore Gesù! È lui il Buon Pastore che ama e si prende cura di ciascuno di noi, che provvede a ciò di cui abbiamo bisogno, che ci difende e custodisce e lo fa donandoci la sua vita. 
Per molti questa può sembrare una bella favola, un'immagine poetica e commovente ma piuttosto staccata dalla realtà perché, invece, spesso ci sentiamo abbandonati e soli, costretti a provvedere a noi stessi e a difenderci da soli da chi ci vuole male. Forse stentiamo a riconoscere il Signore Gesù nella nostra vita, non riusciamo a vedere la sua salvezza, la sua provvidenza, vediamo tanto male e tanta ingiustizia accanto a noi e nella nostra vita. 
È vero, c'è tanto male e tanta ingiustizia nella nostra società ma, a pensarci bene, non di rado noi restiamo spettatori passivi o, peggio, ci adeguiamo a comportamenti ingiusti ed egoistici, semplicemente perché non siamo capaci di guardare alla realtà con una prospettiva diversa, perché non scegliamo di leggere il nostro mondo alla luce della Resurrezione del Signore Gesù.
Cosa dobbiamo fare, dunque?
Iniziamo a vivere da quello che siamo: figli! Impariamo a scoprirci figli di un Padre amoroso che si prende cura di noi, che provvede alla nostra vita tutto ciò di cui abbiamo bisogno e se non soddisfa qualche nostra richiesta è perché era un capriccio, perché non ne avevamo veramente bisogno. 
Facciamoci docili come le pecore che sanno di avere un Buon Pastore che ha dato la sua vita per salvarle, non diamolo per scontato! Non è per nulla scontato che Dio doni la sua vita per me! Permettiamo al Signore Gesù di venire a guarirci dalle nostre malattie, specialmente quelle del cuore, che ci rendono paralitici, incapaci di amare veramente, capaci solo di chiedere e di pretendere. 
Molti di noi vorrebbero dal Signore un segno chiaro e netto della sua presenza nella nostra vita, segno che sembra non arrivare mai, ci sembra di restare in una continua incertezza: "sarà vero o no che al Signore Gesù importo così tanto?"
Se Gesù sembra così sfuggente è perché prima dobbiamo essere noi a decidere di accoglierlo, lui non si imporrà mai, non irromperà nella nostra vita costringendoci poi ad ammettere la sua presenza. 
Lo stile di Gesù è molto delicato, si fa presente con tanti piccoli segni quotidiani come un innamorato che disseminasse la casa della sua amata di piccoli bigliettini con dichiarazioni d'amore per farglieli trovare un po' alla volta, dentro un armadio, nella tasca di una giacca, sulla scatola dei biscotti. 
Se fino ad ora non abbiamo mai trovato nessuno di questi biglietti è perché non siamo mai stati disposti a trovarli, perché non abbiamo voluto vederli, perché abbiamo scelto di interpretarli come coincidenze o colpi di fortuna, perché abbiamo preferito restare nella nostra triste e grigia solitudine piuttosto che lasciarci amare e condurre dal più tenero e premuroso dei pastori. 
Siamo ancora in tempo! Possiamo, da oggi, accogliere il Signore Risorto nella nostra vita, lasciarci condurre da lui, lasciarci coccolare, questo non ci metterà al riparo da eventi difficili, da dolori e malattie, perché spesso abbiamo bisogno anche di quelle per crescere, ma anche in quei momenti sapremo che non siamo soli, che la nostra vita per il Signore Gesù è importante, così importante che ha dato la sua per salvare la nostra! 

sabato 18 aprile 2015

Guarda quanto ti ho amato - Riflessione sul Vangelo di domenica 19 aprile 2015

Nel 1900 Pierre de Coubertin diede l'avvio alle Olimpiadi moderne al motto "l'importante non è vincere ma partecipare" (frase, per altro, non sua ma di un Vescovo statunitense) per sottolineare l'importanza dell'impegno personale non della competizione.
Penso che mai motto fu più disatteso! Tutti, chi più chi meno, siamo interessati dal risultato delle nostre imprese, tutti vogliamo vincere, tutti desideriamo essere riconosciuti come i più bravi! Si tratti della scuola, del lavoro, di una partitella con gli amici o dei fiori sul balcone di casa, tutti vogliamo avere uno spazio in cui siamo i più bravi.
La competizione, in se stessa, non è una cosa sbagliata, anzi, è ciò che ha prodotto il progresso in ogni campo del sapere umano, quando però sfugge al controllo ci crea non pochi problemi.
La sana competizione, diventa facilmente, senza che quasi ce ne accorgiamo, una ricerca di perfezione e ci radica nel cuore un bisogno di essere sempre i migliori. Tutti, infatti, abbiamo una seria difficoltà ad ammettere i nostri errori perché, in fondo, pensiamo che sbagliando diventiamo meno amabili, che ammettendo e mostrando i nostri sbagli le persone che ci vogliono bene potrebbero esserne deluse o iniziare a disprezzarci.
Questa difficoltà di ammissione dei nostri errori la viviamo anche con Dio, infatti il sacramento più difficile è la Riconciliazione. Ci fa fatica ammettere i nostri peccati perché pensiamo che, essendo peccatori, Dio ci ami di meno. In realtà è esattamente il contrario!
Proprio perché siamo peccatori Dio ci ama di più, perché abbiamo ancora più bisogno del suo amore!
Non sappiamo quali sentimenti ed emozioni agitassero il cuore dei discepoli di Gesù il giorno di Pasqua, forse si sentivano in colpa per aver abbandonato il Signore, per non essergli stati accanto fino alla fine. Forse, è stato proprio questo senso di colpa che li ha fatti tremare di paura alla vista del Signore Risorto, hanno pensato che fosse tornato per rimproverarli, per fargli la ramanzina e sgridarli per il loro comportamento. Gesù, invece, mostra loro le mani e il fianco, mostra loro i segni della sua Passione, i segni del suo amore per ogni uomo è come se avesse detto loro "guardate quanto vi ho amato!"
Ecco che la paura si trasforma in gioia, una gioia incontenibile, una gioia da non crederci! E, ancora, Gesù dimostra loro che non stanno sognando, che è veramente vivo!
Anche noi spesso ci troviamo impauriti davanti al Signore Risorto, anche noi pensiamo che i nostri errori, i nostri peccati ci possano rendere non amabili ai suoi occhi, anche noi pensiamo che possa esigere da noi delle scuse, che possa punirci.
Anche a noi, oggi, il Signore Gesù mostra le sue piaghe, mostra i segni del suo amore, ce li mostra attraverso la Scrittura. Anche a noi, come ai discepoli, apre la mente e ci fa comprendere il grande disegno di salvezza del Padre, un disegno sapiente e paziente, attento a ogni particolare perché possa raggiungere ogni uomo che è su questa terra.
Ognuno di noi, infatti, ha bisogno di sentirsi dire dal Signore: "Guarda quanto ti ho amato! Non avere più paura, vieni a me, lasciati illuminare dal mio amore, lasciati trasformare dalla mia grazia! Hai commesso dei peccati, hai fatto errori nella tua vita di cui ti vergogni e che ti fanno soffrire? Non importa! Io sono morto e sono risorto per offrirti il perdono di tutte queste cose, per togliere dalla tua vita il peso di queste colpe, non hai più bisogno di nasconderti, smettila di pensare di non essere perfetto e quindi non amabile, io ti amo così come sei!"
Fratelli miei, non c'è nulla che il Signore Gesù voglia più che poterci amare e perdonare, lo desidera così tanto da essersi fatto mettere in croce! Convertiamoci a Lui, lasciamoci, cioè, abbracciare dalla sua misericordia, così come siamo, senza disprezzarci.
La tristezza, la noia, l'ansia e la paura che spesso opprimono la nostra vita sono le conseguenze dei nostri peccati e dei nostri errori, il nemico di Dio vuole farci credere che non ce ne libereremo mai, vuole tenerci immersi nella palude delle nostre sofferenze facendoci credere che per noi non c'è salvezza che la nostra vita è ormai segnata dal male e dal dolore. Cristo Risorto oggi viene a tenderci la mano, vuole farci risorgere con Sé, vuole farci uscire dalle tenebre del male e portarci nella sua luce beata! Afferriamo la sua mano tesa verso di noi e lasciamoci amare dal suo amore che ci trasforma e ci illumina.

sabato 11 aprile 2015

L'amore gratuito del Risorto - Riflessione sul Vangelo di domenica 12 aprile 2015

Papa Francesco, e i suoi predecessori prima di lui, ha più volte lamentato il fatto che nella nostra società le notizie circa l'andamento dell'economia abbiano una importanza maggiore rispetto alle notizie sulle effettive condizioni di vita della gente. Basta guardare un telegiornale o sfogliare un quotidiano per riconoscere che ha proprio ragione. La cosa più importante della nostra società sembra proprio essere l'economia, il guadagno, il profitto. La pubblicità ci martella continuamente invitandoci a comprare questo o quel prodotto, illudendoci che è migliore degli altri e costa meno e non di rado all'acquisto di un oggetto è associato il regalo di un altro. 
Siamo così immersi in questa logica del guadagno che nessuno di noi riesce ad esserne completamente immune, in tutte le nostre relazioni, c'è sempre, anche se spesso molto ben nascosto, un desiderio di guadagnarci qualcosa, un bisogno di possesso.
Il Signore Risorto ci insegna una logica completamente diversa, la logica della gratuità, la logica del dono. Si manifesta ai suoi discepoli e annuncia loro il dono della pace poi dona lo Spirito affinché diventino portatori di un altro grande dono: il perdono dei peccati. 
"I discepoli gioirono al vedere il Signore" ci dice l'Evangelista, non solo perché possono rivedere Gesù vivo ma anche perché comprendono questo nuovo ordine di cose, entrano in questa logica della gratuità che sola dona gioia e serenità. 
La logica del mondo che pretende che tutto sia pagato, che preme affinché ci sia sempre un guadagno, ci mette in uno stato d'ansia e inquietudine che, alla lunga, ci intristisce e opprime, senza che nemmeno sappiamo riconoscerne la causa. 
La logica della gratuità, del dono pieno, invece dà gioia perché ci fa sentire amati, ci fa comprendere che per il Signore Gesù noi siamo importanti, che ci ama e ha dato tutto se stesso per noi.
Tommaso, non essendo presente alla prima manifestazione di Gesù, non è entrato in questa logica, pensa ancora secondo il mondo, deve poter toccare con mano, deve, cioè, fare sua la resurrezione del Signore. Gesù con grande tenerezza gli offre quello che Tommaso desidera, gli dona di poter toccare le piaghe perché anche lui possa cambiare modo di pensare, possa entrare nella dimensione della gratuità e così Tommaso fa la sua professione di fede.
La fede è questo, è entrare nell'amore gratuito di Dio, è lasciarsi amare da lui.
Sembra una cosa semplice, forse anche troppo semplice. Le difficoltà di fede che tutti noi ci troviamo ad affrontare sono proprio su questo, ci resta difficile, se non quasi impossibile, pensare che Dio possa amarci in modo del tutto gratuito, che non ci chieda nulla se non di lasciarci amare da lui. 
Sarà poi il suo amore infinito e gratuito a trasformare il nostro cuore, a depurarlo da ogni utilitarismo, da ogni gelosia e avarizia che ci appesantiscono e ci rendono faticosa la relazione con i nostri fratelli. 
Spesso pensiamo che per riuscire graditi a Dio, per ottenerne i favori, dobbiamo comportarci bene, dobbiamo fare gesti di carità ma questa è ancora la logica del mondo! 
Quando, invece, ci lasciamo colmare dall'amore gratuito di Dio diventiamo capaci anche noi di gratuità, per cui prenderci cura del fratello in difficoltà, mettere a disposizione i nostri beni e le nostre capacità non saranno più azioni che ci dobbiamo forzare a compiere ma naturali conseguenze dell'amore ricevuto.
Per la logica a cui siamo abituati sembra fin troppo semplice il lasciarsi amare da Dio, ma chi ha detto che deve per forza essere complicato?
Lasciamoci dunque raggiungere dall'amore gratuito del Signore Risorto e anche noi inizieremo a pregustare la beatitudine del Cielo.

sabato 4 aprile 2015

La morte è vinta! - Riflessione sul Vangelo di domenica 5 aprile 2015

Basta prendere qualche volta l'autobus o andare in posta a pagare una bolletta e ci si accorge che tanta gente oggi è arrabbiata, nervosa, triste. Tutti sono impazienti e hanno fretta, fretta di vedere realizzati i propri desideri per riuscire a provare un po' di felicità e soddisfazione perché il tempo stringe. La maggior parte di noi vive di corsa, nella continua ricerca di uno scampolo di felicità, prima che, inesorabile, arrivi la conclusione di questa vita: la morte.
Ma, Cristo è risorto! La morte è vinta! Non ha più potere su di noi!
Questo è il grande annuncio che anche oggi, dopo duemila anni, la Chiesa fa risuonare nel mondo intero! È Pasqua! È ora di passare da questo mondo stretto, buio e triste, alla vita eterna che il Signore Gesù ci dona!
Anche per noi, come per le donne e i discepoli, non è facile comprendere cosa significhi che Cristo è risorto, lo possiamo comprendere solo scegliendo di credere, solo decidendo di fidarci. Nella nostra epoca è molto difficile fidarci, ormai crediamo solo a quello che è misurabile, che è sperimentabile, tangibile e inoppugnabile. Ma se la realtà fosse solo quello che posso toccare e vedere sarebbe una realtà stretta e soffocante, noiosa e scontata, con un'unica inesorabile e tragica conclusione: la morte!
Non so a voi, ma a me l'idea di una realtà così fatta, di una vita destinata alla tomba, proprio non mi piace.
Scelgo, allora, di fidarmi di quanto mi hanno raccontato altri che, come me, non si sono rassegnati all'idea della morte, scelgo di ascoltare la loro testimonianza e di accogliere quanto mi racconta la Scrittura. Certo, per farlo devo compiere un passo molto difficile: ammettere che non ho ragione solo io, che la realtà possa essere più grande di quella che immagino, che possa esistere qualcosa che la scienza e la tecnica moderne non possono misurare e dimostrare. Per altro se guardo bene alla mia vita vi trovo una parte che non è scientificamente spiegabile e dimostrabile: l'amore. Ed è proprio l'amore la via per incontrare il Signore Gesù. Scelgo, quindi, di percorrere questa via, di cercare nella mia vita tutti i segni d'amore e, come fossi Pollicino, seguirli per vedere dove mi conducono.
Scopro che tutti questi segni sono orientati, quasi fossero gli aghi di tante bussole che indicano tutti un'unico polo, un'unica sorgente dell'amore. Questa sorgente però, come ogni segno d'amore, sfugge ai nostri moderni strumenti di misurazione, sfugge anche ai nostri sensi, solo il nostro cuore può conoscerla se si lascia toccare, se si lascia inondare dall'amore che sgorga da questa sorgente.
Il nostro cuore chiuso è spesso chiuso e indurito dal dolore, dalla solitudine e dalla paura della morte così ha difficoltà a riconoscere in Dio l'unica fonte dell'amore.
Ma colui che ci ha creati per amore non ci ha abbandonati alla durezza del nostro cuore, ha scelto di farsi uomo come noi, di fare suoi il nostro dolore, la nostra solitudine, ha deciso di affrontare la morte che a noi fa così paura per aprirci le porte della vita eterna.
In cambio non ci chiede nulla, solo di fidarci di lui, di credere, cioè di desiderare di essere raggiunti dal suo amore, di lasciarci amare da lui. Ci insegnerà a riconoscerlo risorto, come lo insegnò ai discepoli duemila anni fa, e anche noi, come loro, gioiremo al vedere il Signore!