Evitiamo, però, di liquidare così banalmente la pagina di Vangelo di questa domenica. Non fermiamoci al "date a Cesare ciò che è di Cesare", la parte veramente importante è ciò che segue immediatamente: "e a Dio ciò che è di Dio".

Sulla moneta ci sono l'immagine e l'iscrizione di Cesare nell'uomo ci sono l'immagine e l'iscrizione di Dio, dunque la prima torni a Cesare ma l'uomo torni a Dio.
Gesù ci invita a rendere a Dio ciò che è di Dio, la nostra umanità, la nostra stessa vita. Ci sta invitando a vivere per Dio, a riconoscerci parte di un grande disegno d'amore, di un grande progetto di salvezza che riguarda ciascuno di noi, ogni uomo!
Rendere a Dio ciò che è suo significa scegliere di vivere una vita abbandonati alla sua volontà il che non significa che dobbiamo diventare tutti preti e suore o comunque tutti bigotti impegnati in pratiche di ascetismo estremo, in digiuni e astinenze, in penitenze corporali e ogni altra cosa la nostra fervida immaginazione ci suggerisca. Significa fidarci di Dio sempre, in ogni situazione, quelle favorevoli e quelle sfavorevoli quelle piacevoli e quelle dolorose, nella consapevolezza che la nostra vita gli appartiene e non permetterà che nulla possa distruggerci o annientarci. Abbandonarsi alla sua volontà ci permetterà di sperimentare che davvero ci è sempre accanto e ci sostiene in ogni situazione, che ci dona conforto quando siamo sfiduciati, ci infonde coraggio quando abbiamo paura, ci consola quando siamo rattristati.
Rendiamo a Dio ciò che è di Dio, consegniamogli la nostra vita, senza però poi riprendercela, senza continuare a fare di testa nostra, ad inseguire i nostri progetti, ad angosciarci se le cose non vanno come vorremmo noi. Rendiamo a Dio la nostra vita e la vedremo brillare della sua luce, colmata del suo amore, splendente della sua verità.
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