Tutti, nella vita, ci siamo trovati a dover obbedire agli ordini di qualcun altro, salvo pochi casi, è una situazione quotidiana per molti. Da bambini dovevamo obbedire a mamma e papà e fare quello che ci dicevano loro, poi abbiamo iniziato a dover obbedire agli insegnanti, poi al capoufficio e così via. Qualcuno si è adattato più volentieri, altri con un temperamento più ribelle hanno sopportato con meno pazienza, spesso però non avevamo altra scelta. Sono certo che tutti, almeno una volta nella vita, ci siamo trovati a dire "adesso è così, ma quando comanderò io le cose cambieranno!"
Nessuno, penso, sia del tutto immune al fascino del comando, tutti abbiamo ben chiara l'idea che è più importante chi comanda di più.
Anche gli apostoli erano di quest'idea, due di loro, Giacomo e Giovanni, chiedono apertamente a Gesù di riservargli i posti migliori, quelli alla sua destra e alla sua sinistra. Gli altri non erano da meno, infatti restano indignati per essere stati battuti sul tempo, l'avrebbero chiesto anche loro ma i due fratelli sono stati più veloci.
Ancora una volta, però, Gesù li rimprovera un po' e sorprende loro e noi ribaltando completamente la prospettiva: chi vuole essere davvero importante deve farsi il servo di tutti.
Questo ribaltamento di prospettiva forse ci può sorprendere un po' ma, in fondo, è qualcosa che già ben conosciamo.
Da bambini ci sembrava che i genitori ci comandassero solo per imporci la loro volontà, forse anche per farci dispetto e non permetterci di divertirci come volevamo. Non vedevamo, però, tutto quello che facevano per noi, non notavamo le ore di lavoro faticoso per provvedere alle necessità di tutta la famiglia, la fatica di tenere pulita e in ordine la casa.
Da studenti pensavamo che gli insegnanti provassero quasi un piacere perverso a riempirci di compiti e a terrorizzarci con interrogazioni e verifiche ma non vedevamo il tempo speso a preparare le lezioni, a correggere i compiti in classe, a elaborare nuovi modi di spiegare argomenti che ci risultavano più difficili da capire.
Da lavoratori pensiamo che i superiori si limitino a comandare per guadagnare di più e far fare a noi il lavoro che dovrebbero fare loro, non vediamo però che quello stesso capoufficio, che tanto disprezziamo, invece di uscire alle cinque del pomeriggio resta in azienda fino a tarda sera a finire il lavoro della giornata.
Ci sono anche genitori che comandano per limitare la libertà ai figli, insegnanti che terrorizzano gli studenti per il puro gusto di farlo e dirigenti che spadroneggiano per sentirsi importanti, ma sono cattivi genitori, cattivi insegnanti, cattivi dirigenti.
Chi vuole veramente svolgere al meglio il proprio compito di genitore, di insegnante, di dirigente, capisce ben presto che dovrà impegnarsi di più di quando era figlio, alunno, impiegato, e comprende che c'è un solo modo per svolgere bene un ruolo di responsabilità: l'amore.
L'amore, quello vero, si fa servizio, spinge a sacrificare le nostre comodità per le persone che ci sono affidate. L'amore spinge un papà ad andare ogni giorno al lavoro per provvedere ad ogni necessità dei figli, l'amore fa stare sveglio un insegnante fino a tardi a correggere i compiti degli alunni, l'amore fa restare in ufficio fino a notte fonda un dirigente per mantenere l'azienda in buone condizioni e poter continuare a pagare lo stipendio ai dipendenti (ok, di dirigenti così ce ne sono ben pochi, ma qualcuno c'è e sono quelli che fanno andare avanti davvero le aziende).
Gesù ci invita a cambiare prospettiva, a iniziare a pensare al comando non come alla possibilità di sfogo delle nostre mire megalomani ma come alla possibilità di vivere un amore che si fa concreto.
Come sempre, il Signore Gesù non ci insegna a parole ma, innanzi tutto, con i fatti. Lui che è Dio e che avrebbe tutti i diritti di comandarci senza muovere un solo dito, si è fatto uno di noi, si è messo al nostro servizio, ha preso su di sé le nostre sofferenze, ha fatto sua la nostra morte e ci ha donato la sua vita eterna. Gesù, con la sua vita, ci insegna a farci servi, a spenderci per i fratelli, ci mostra che questo è il vero modo di essere il primo.
Nella mia vita ho incontrato tante persone che comandano ma anche tante persone che si mettono a servizio, che hanno ruoli di comando e sono i primi a rimboccarsi le maniche. I primi, quelli che comandano, sono spesso persone sole, inavvicinabili, di cui tutti hanno timore e che cercano di evitare, i secondi sono sempre persone stimate, con cui si parla volentieri, che si sentono vicine e di cui ci si può fidare.
Dunque vale la pena cambiare prospettiva?
Sì, ne val la pena.
Se anche arrivassimo a comandare il mondo intero a cosa servirebbe se poi questo ci rendesse inavvicinabili, evitati da tutti?
Scegliamo di metterci al servizio gli uni degli altri
e la nostra vita troverà una nuova pace e una nuova serenità che non pensavamo nemmeno possibile perché staremo vivendo quello per cui siamo stati creati: l'amore.
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