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sabato 2 settembre 2017

Relatività spirituale - Riflessione sul Vangelo di domenica 3 settembre 2017

"Tutto è relativo" diceva Einstein, parlava di spazio e tempo, materia e energia, ma in fondo è un principio che possiamo tranquillamente applicare anche alla nostra vita. Tutto dipende dal punto di vista da cui la consideriamo.
Gesù annuncia ai suoi discepoli che a Gerusalemme dovrà molto soffrire a causa degli Anziani e dei Sacerdoti, essere condannato, ucciso e risorgere il terzo giorno. Pietro si oppone a questa profezia e viene severamente rimproverato di pensare secondo gli uomini e non secondo Dio. Poi, tanto per essere chiaro, specifica che chi vuole essere suo discepolo e salvare la propria vita deve fare la stessa cosa, deve prendere la sua croce e seguirlo, altrimenti si troverà a perdere la propria vita.
Eccola qui quella che potremmo chiamare Relatività Spirituale: la vita può essere vissuta pensando secondo gli uomini oppure secondo Dio e il risultato è molto diverso.
Gesù guarda alla sua Passione nell'ottica di Dio, come il più grande atto d'amore, come la definitiva testimonianza della misericordia di Dio contro la malvagità umana. Pietro, e gli altri Apostoli con lui, vedono nella Passione la sconfitta del loro leader, la fine della loro avventura, lo sfumare di ogni speranza di liberazione dall'occupazione romana. Gesù guarda alla croce come un'occasione di amare fino in fondo, Pietro come uno strumento di sofferenza e morte.
Quando sentiamo parlare di croce abbiamo subito un istinto di rigetto, di fuga, questo perché stiamo continuando a ragionare secondo gli uomini, pensiamo che la croce sia solo un'inutile sofferenza, qualcosa da evitare.
Proviamo ora a considerarla dal punto di vista di Dio. Per farlo dobbiamo subito ricordare un fatto fondamentale, che diamo così per scontato che quasi ci dimentichiamo: Dio vuole la nostra salvezza e la nostra gioia, la vuole così tanto da essersi fatto crocifiggere per noi. Ogni volta che dovesse venirci il dubbio se il Signore ci ama davvero oppure no, guardiamo il Crocifisso, la risposta è lì!
Dio, dunque, vuole la nostra salvezza e la nostra gioia le quali sono frutto solo dell'amore donato. Lo capiamo bene con la gioia: i momenti più gioiosi della nostra vita sono quelli in cui abbiamo donato noi stessi. L'esempio migliore è sicuramente la nascita: non c'è gioia più grande di quella di una mamma che ha messo al mondo il proprio figlio e lo ha fatto in mezzo a grandissime sofferenze!
Ecco la croce di cui parla Gesù è questa: accettare di vivere una sofferenza per donare vita, per donare noi stessi per il bene di qualcun altro, in questo è tutta la nostra gioia e la nostra salvezza.
Prendere ogni giorno la croce e seguire il Signore non significa quindi andare a cercarsi nuovi modi di soffrire, Gesù non ci istiga al masochismo! Significa invece accettare tutte quelle piccole e grandi sofferenze che fanno parte della nostra quotidianità: i litigi con il marito o la moglie, le ribellioni dei figli, le esasperazioni dei genitori, le antipatie tra colleghi, le incomprensioni tra vicini, anche solo il fatto che un membro della mia famiglia tiri fuori il latte dal frigo e poi non ce lo rimetta. Tutto quello che ci fa fastidio, che ci disturba o che ci fa soffrire lo possiamo accogliere come occasione per amare di più il fratello molesto che abbiamo davanti. Se iniziamo con le piccole croci quotidiane impareremo a vivere anche le grandi sofferenze della vita come un'occasione di comunione con il Signore Gesù, con la sua croce.
Sembra un comportamento eroico ma non lo è, si tratta semplicemente della nostra umanità vissuta a pieno: non siamo fatti per pensare ai fatti nostri ma per donarci anche rinunciando a noi stessi. Siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio e questo è quanto Dio fa con noi ogni giorno, si dona a noi.
Impariamo, quindi, a ragionare secondo Dio e non secondo gli uomini e tutto cambierà prospettiva.

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