Alcuni anni fa andammo a vedere un film al cinema con alcuni amici, all'uscita un giornalista ci chiese cosa ci avesse colpito di più e, benché avessimo visto tutti lo stesso film, ognuno di noi diede una risposta diversa. Nulla di strano, quando guardiamo un film, assistiamo ad uno spettacolo o una conferenza, quando leggiamo un testo, ognuno di noi nota maggiormente alcuni particolari e meno altri. A volte però la nostra attenzione può essere così attratta da un determinato elemento da farci perdere il senso generale di ciò che abbiamo davanti.
Potremmo correre questo rischio con il Vangelo di questa domenica, la parabola del ricco e del povero Lazzaro. A prima vista, infatti, potremmo essere colpiti dalla disparità di possibilità economiche dei due protagonisti, potremmo essere indotti a pensare che l'argomento principale sia, ancora una volta, la ricchezza. Potremmo così trovarci a chiederci come mai il Signore ce l'abbia tanto con la ricchezza di questo mondo.
Il centro di questa parabola però non è la ricchezza ma la vita eterna.
Gesù vuole metterci in guardia, vuole portarci a riflettere: la nostra vita non si conclude su questa terra, non è fatta solo per i pochi anni che trascorriamo qui, è fatta per la vita eterna ma come sarà quella lo decidiamo noi ora.
Riguardiamo insieme gli elementi fondamentali della parabola.
Due uomini: un ricco che vive nel lusso più sfrenato, che ogni giorno si abbuffa a lauti banchetti e che non nota neppure la presenza dell'altro uomo, il povero Lazzaro che coperto di piaghe spera di poter mangiare almeno gli avanzi ma non gli vengono concessi neppure quelli. Entrambi muoiono e nell'aldilà la loro sorte è rovesciata: Lazzaro è accanto ad Abramo, il ricco è tormentato negli inferi. Notiamo che non c'è un giudizio che stabilisce la sorte dell'uno e dell'altro ma la loro nuova condizione è conseguenza della condotta che hanno avuto in vita. Perché questo contrappasso? Perché le cose debbano essere necessariamente rovesciate? Perché ciò che appartiene a questo mondo è quasi sempre ingannevole, è un'illusione, sembra saziarci, sembra soddisfarci ma non lo fa mai veramente. Quante volte ci siamo convinti di aver bisogno di qualcosa per essere felici e poi quando l'abbiamo avuta ci siamo resi conto di essere esattamente al punto di prima? Inoltre quando inseguiamo le cose di questo mondo, quando pensiamo solo a soddisfare i nostri capricci , senza che nemmeno ce ne accorgiamo, diventiamo ciechi alle necessità dei nostri fratelli, esistiamo solo noi, ci rinchiudiamo in una solitudine dettata dall'avidità e dall'avarizia.
La vita eterna, invece, è la vita in Dio, nella sua verità, lì cadono tutte le menzogne, le illusioni, gli inganni, non possiamo più fingere, non possiamo più cercare noi stessi perché la luce di Dio ci rivela che la nostra pienezza, che lo scopo della nostra vita è amare, donarsi, condividere. Davanti a questa verità chi ha scelto di pensare solo a se stesso si ritrova nel dilaniante tormento di aver compreso di aver sprecato tutto la propria vita. Il ricco si ritrova negli inferi perché il suo cuore non è più capace di amare e chi non sa amare non riesce a stare davanti a Dio che è amore.
Quale soluzione, dunque? Come possiamo evitare di ritrovarci anche noi con un cuore così indurito da non essere capace di alcuna compassione? Ascoltando la Parola di Dio, lasciandoci guidare da Lui a condividere quello che abbiamo con chi non ne ha, a saperci fare vicini a chi è più debole, a chi soffre, ad amare come Dio ama noi. Sembra un compito arduo e faticoso, in realtà si tratta solo di lasciare che lo Spirito Santo agisca in noi, dobbiamo solo abbassare le nostre difese, le nostre paure e il resto lo farà Lui. Gradualmente, con pazienza e delicatezza trasformerà il nostro cuore, ci renderà capaci di amare veramente, di riconoscere le sofferenze dei nostri fratelli e di farcene carico secondo le nostre possibilità. Impareremo che c'è molta più gioia nel condividere che nel tenere tutto per sé.
Nessun commento:
Posta un commento