Dicono che ciò che ci stressa, che ci mette ansia e ci provoca nervosismo siano le troppe cose che facciamo ogni giorno. Le nostre vite sono così oberate di impegni che arriviamo a sera stanchi e stressati.
Io penso, invece, che ciò che ci crea stress, che ci angoscia e che ci affatica sia il nostro lottare contro ciò che nella nostra vita non va secondo il nostro progetto, tutto ciò che non corrisponde a ciò che consideriamo essere la nostra vita ideale. La nostra stanchezza, il nostro stress, non sono di origine fisica ma psicologica, è la nostra lotta contro quello che non va come lo vorremmo noi.
Un imprevisto che ci fa ritardare, una persona che, alla nostra domanda, non risponde come volevamo noi, i figli che non si comportano come ci aspettiamo da loro, i genitori anziani che non sanno leggerci nel pensiero e avanzano pretese che a noi sembrano assurde, il collega di lavoro che sbaglia qualcosa aumentando il carico del nostro lavoro. Tutte cose che eccedono dal nostro mondo ideale, dalla nostra vita preconfezionata.
Sì, in fondo ciascuno di noi ha in mente come dovrebbe essere la sua vita, un po' come fosse la sceneggiatura di un film: discorsi, eventi, risposte, perfino gli imprevisti vorremmo averli già previsti!
Quando poi le cose non vanno come avevamo immaginato, ci opponiamo, ci arrabbiamo, ci preoccupiamo, inizia una lunga battaglia per lo più interiore che però ci sfinisce e ci angoscia.
San Pietro non si deve essere trovato in una situazione tanto diversa in quel giorno descritto dalla pagina di Vangelo di questa domenica. Gesù aveva appena chiesto di esprimere la loro opinione su di lui, Pietro, a nome di tutti, aveva annunciato "Tu sei il Cristo!" e questo, nei suoi piani, significava un avvenire glorioso. Appena dopo, però, Gesù aveva iniziato a parlare di croce e di morte. Eh no! Questo non corrispondeva al suo piano, non poteva essere così, il Cristo non poteva morire in croce! E glielo aveva detto chiaro e tondo, ricevendone però un sonoro rimprovero. Anzi, di più, Gesù aveva dichiarato che chi avesse voluto essere veramente suo discepolo avrebbe dovuto abbracciare la croce.
Povero Pietro! Vedeva ancora la croce come una sconfitta, come uno strumento di sofferenza e di morte, come poteva Gesù, il Messia, scegliere proprio di abbracciare la croce?
Noi non siamo molto distanti da Pietro, anche a noi l'idea della croce spaventa, anche noi cerchiamo di scappare di fronte a ciò che ne assume i connotati, davanti a ciò che ci fa soffrire, che ci sembra una sconfitta. Al massimo, quando proprio non siamo riusciti a scappare, ci rassegniamo, cerchiamo di convincerci che tanto a questo mondo bisogna soffrire, che non si può fare molto per evitare quel dolore, chiniamo la testa e andiamo avanti, spesso rinchiudendoci in noi stessi.
Ma davvero Gesù vuole che soffriamo?
No, per capire la croce dobbiamo deciderci una buona volta di convertirci, di lasciare che il Signore cambi la nostra prospettiva, che ci faccia vedere la nostra realtà in una maniera diversa, da una angolazione totalmente nuova.
Con Gesù la croce non è uno strumento di dolore e di morte, diventa il luogo dell'incontro con la misericordia del Padre, il luogo dell'abbandono completo a lui, il luogo dell'intimità profonda con colui che ci ama con tutto se stesso.
Certo che Gesù ha sofferto sulla croce, ha sofferto veramente, ma lo ha fatto come atto d'amore, in quel dolore ha espresso tutto il suo amore per ciascuno di noi, ha affrontato quella sofferenza nella fiducia che il disegno del Padre stava preparando qualcosa di più grande e bello, che stava preparando la resurrezione.
Ma noi come dobbiamo fare?
Dobbiamo iniziare a fidarci di Dio, del suo disegno d'amore. Ogni volta che nella nostra giornata qualcosa va storto, o meglio, ci sembra che vada storto, non coincide, cioè con i nostri progetti, fidiamoci di Dio, impariamo a dirgli "Signore, non so perché ora devo affrontare questo ma so che tu mi sei accanto e che anche questa fatica, questo dolore o questa sofferenza, posta nelle tue mani diventerà strumento della mia salvezza".
Iniziamo con le piccole difficoltà quotidiane e impareremo poi ad affrontare anche le sofferenze più grandi, quelle che ci sembrano assurde e senza senso.
Il dolore, la malattia, la sofferenza, se ce li teniamo per noi, se cerchiamo solo di combatterli e li rifiutiamo rimarranno insensati perché il male non ha senso. Se però li accogliamo nella nostra vita, se non ci lasciamo ingannare dalla tentazione di dire che sono più forti di noi, se li affrontiamo con la certezza che il Signore è accanto a noi, ci sostiene, ci dona forza, coraggio e pace per affrontare anche le cose più difficili, allora anche il dolore e la sofferenza acquisteranno un senso perché, nelle mani di Dio, diventeranno strumenti della nostra salvezza. Potremo vedere nella nostra vita il grande miracolo che Gesù ha compiuto trasformando la croce dal più orrendo dei patiboli nello strumento della nostra salvezza e la nostra vita passerà dalla morte alla vita eterna.
Non è facile, è impegnativo e faticoso ma abbiamo l'esempio di milioni di santi, alcuni canonizzati, altri no, che ogni giorno affrontano sofferenze e difficoltà con la certezza che quella croce, messa nelle mani del Signore, diventa il luogo dell'incontro con la sua misericordia e la sua tenerezza.
Vieni, Spirito Santo, colma il nostro cuore di fiducia nel disegno d'amore del Padre, donaci il coraggio di prendere ogni giorno la nostra croce non come una sconfitta ma come lo strumento della nostra vittoria, quella vittoria che Gesù ci ha donato con la sua Croce.
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