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sabato 19 settembre 2015

Grande e piccolo, piccolo e grande - Riflessione sul Vangelo di domenica 20 settembre 2015


Siamo talmente abituati ai litigi che ormai non ci facciamo più  molto caso o, perlomeno, ci siamo rassegnati che sia impossibile andare d'accordo con tutti e che quindi siano un male inevitabile. Ma da cosa sono causati? Cos'è che ci porta a litigare
La pagina di Vangelo di questa domenica ci svela che anche gli apostoli litigavano tra loro e le loro motivazioni non sono molto diverse dalle nostre. Volevano stabilire chi fosse il più grande, chi fosse il più importante, quello che comanda. 
Non è forse questo che c'è dietro ogni nostro litigio, anche il più piccolo?
Iniziamo da bambini: litighiamo per chi deve decidere quale gioco fare perché ciascuno vuole far fare agli altri il proprio gioco preferito. Diventando grandi litighiamo perché vogliamo imporre il nostro modo di vedere, le nostre scelte, i nostri desideri, sul coniuge, sui figli, sulla nuora, sui colleghi di lavoro, sugli amici. Se guardiamo con un pizzico di obiettività le nostre litigate ci accorgiamo che in ciascuna di esse stavamo cercando di imporre all'altro il nostro volere.
I litigi, hanno poi degli effetti collaterali che spesso non consideriamo: ci chiudono in noi stessi, ci fanno prestare attenzione solo a chi può esserci di aiuto nel nostro intento di autoaffermazione e ci fanno ignorare chi ci risulta inutile e insignificante. I litigi sgretolano la nostra vita relazionale e con essa la nostra serenità e la pace del nostro cuore e questo ci porta ad essere ancora più litigiosi. I litigi vanno risolti con le scuse, con una richiesta e un'offerta esplicita di perdono e di pace, non basta dire "tanto poi mi passa" perché il rancore resta come un tarlo nel nostro cuore e lo rosicchia senza che noi nemmeno ce ne accorgiamo.
Come si esce da questo circolo vizioso?
Gesù ci propone la sua ricetta, ci traccia una via che passa per la croce, passa per l'offerta di sé. Nel litigio cerchiamo di conquistare l'altro di impossessarci della sua vita facendogli fare quello che vogliamo noi, il Signore Gesù ci insegna, invece, a donarci all'altro, senza aspettarci nulla in cambio, senza calcolare il guadagno ma con vera e autentica gratuità. Ci chiede di accogliere l'altro, soprattutto il più debole, il più piccolo, il più insignificante, come accoglieremmo lui.
Gesù traccia davanti a noi la via dell'amore donato che non solo non si impone sull'altro ma ne cerca il bene prima del proprio, come ha fatto lui morendo per noi.
Nella società in cui viviamo, ma in fondo in ogni altra società umana di ogni tempo e ogni latitudine, questa proposta è ritenuta semplicemente assurda, mettersi a servizio invece di imporsi è considerato un comportamento da perdenti, da stupidi. Forse, però, chi fa tanto il grande, in realtà è molto piccolo e chi invece appare più umile è davvero una grande persona. Forse però dovremmo valutare meglio, dovremmo guardare con obbiettività alla nostra vita e chiederci se l'arroganza ci ha mai davvero fatto bene, se la prepotenza ci ha mai dato una vera pace del cuore e, forse, potremmo cominciare a valutare l'idea, per lo meno, di provare a seguire la via tracciata da Gesù. Chissà che non abbia ragione?

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