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sabato 20 gennaio 2018

Geografia spirituale - Riflessione sul Vangelo di domenica 21 gennaio 2018

C'era una volta, in un regno lontano lontano... le favole che ci raccontavano da bambini iniziavano così, erano ambientate in questo fantomatico regno lontano nel tempo e nello spazio così che potesse fungere da luogo di rifugio dalle insoddisfazioni della vita quotidiana, dalle delusioni e dai dispiaceri che tutti, già da bambini, abbiamo sperimentato.
Anche Gesù ci parla di un Regno che però non è lontano lontano e di tanto tempo fa ma è vicino, è il Regno di Dio. Ne parla spesso eppure ci resta difficile capirlo, individuarlo, riconoscerlo.
Come a scuola, allora, facciamo un po' di geografia questa volta, però, spirituale.
Il Regno di Dio non è lontano ma vicino, è sempre vicino a noi, in qualunque parte del mondo ci troviamo perché non ha confini, non ci sono luoghi dove possiamo essere lontani perché i confini del Regno di Dio sono i confini del suo cuore: tutto ciò che è nel cuore di Dio è nel suo Regno.
La lingua che si parla è la lingua dell'amore donato, del prendersi cura dei più deboli, di chi ha un qualunque bisogno, una lingua universale, che tutti capiscono e che tutti possono parlare.
La forma di governo è, ovviamente, la monarchia, una monarchia un po' particolare: c'è un Re, che è Dio stesso, ma anche tutti i cittadini di questo Regno sono essi stessi chiamati a regnare insieme con lui. Nel nostro mondo sarebbe impossibile, non ci mettiamo d'accordo quando siamo in due, figuriamoci quando siamo tantissimi! Nel Regno di Dio, però, regnare non significa comandare sugli altri ma servirli, quindi tutti possono regnare nella misura in cui si mettono a servizio gli uni degli altri.
Si diventa cittadini di questo Regno attraverso due atti: convertendosi e credendo al Vangelo.
Credere al Vangelo, cioè alla buona notizia che Dio ama gli uomini, che se ne prende cura, che li guarisce e li salva, significa iniziare a fidarsi di Dio, significa aver compreso che vuole solo il nostro bene e quindi possiamo fidarci di lui, della sua volontà, del suo progetto di salvezza. Questo ci porta a cercarlo, ad ascoltarlo, a desiderare di stare con lui.
Convertirsi significa fare quello che hanno fatto gli apostoli: quando si sono sentiti chiamati dal Signore hanno lasciato tutto e lo hanno seguito. Convertirsi significa lasciare tutto, lasciare le nostre convinzioni, le nostre sicurezze, le nostre abitudini, le nostre comodità per lasciare che il Signore ci renda pienamente noi stessi. Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni, erano pescatori e Gesù non chiede loro di essere altro ma di esserlo in un modo nuovo, diverso, di essere pescatori del Regno di Dio, interessati, cioè, alla salvezza degli uomini.
Il Signore invita anche noi ad entrare nel suo Regno, a diventarne cittadini, a convertirci per essere veramente noi stessi, a scoprire il vero scopo della nostra vita: la salvezza dei fratelli.

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