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sabato 23 luglio 2016

Preghiera: un abbraccio fiducioso - Riflessione sul Vangelo di Domenica 24 luglio 2016

Sant'Agostino sostiene che in ciascuno di noi c'è un anelito, un desiderio, una nostalgia di Dio, in tutti! Anche in quanti si professano atei convinti! Quante volte mi è capitato di incontrare persone che non mettevano piede in chiesa da decenni ma che, trovandosi ad affrontare problemi o dolori molto grandi, hanno sentito il bisogno di pregare, di affidarsi a qualcuno, di provare a credere che la nostra vita non è gettata per caso in questo mondo ma è amata, custodita, difesa. È vero che molti tornano in chiesa quando hanno paura di morire o non sanno più come tirare avanti, è vero che sembra un po' troppo comodo un tale comportamento e forse alla maggior parte di noi appare opportunistico.
Dio però non la pensa così! Dio è un Padre che ama tutti i suoi figli, anche quelli che non si fanno sentire da tanto tempo e quando si rifanno vivi hanno bisogno di qualcosa. Dio è un Padre tenerissimo che non tiene conto dei nostri peccati pur di riabbracciarci, pur di potersi ancora prendere cura di noi.
Tutti noi da bambini abbiamo imparato alcune preghiere: il Padre nostro, l'Ave Maria, l'Angelo di Dio, magari le nostre nonne ci hanno insegnato qualche piccola giaculatoria (quelle preghiere brevi, spesso in rima, da ripetere spesso). Abbiamo imparato che la preghiera è un dovere per un buon cristiano, che è il modo con cui chiediamo a Dio che si occupi delle nostre difficoltà. Purtroppo il risultato di questo genere di educazione è che la nostra preghiera assomiglia a una domanda in carta bollata da presentare allo sportello dell'ufficio richieste del Comune.
La preghiera però è tutt'altro! È questione di fiducia!
La preghiera è l'abbandono fiducioso nelle braccia del Padre. Quando i discepoli hanno chiesto a Gesù di insegnare loro a pregare Gesù ha insegnato il Padre nostro. San Francesco non riusciva ad andare oltre la parola Padre perché poter chiamare Dio Padre gli causava una gioia così grande che no riusciva a dire altro.
Non pensiamo alla preghiera come una richiesta ma come un'abbandonarci con fiducia nell'abbraccio del Padre e lì, quando siamo faccia a faccia, anzi guancia a guancia con Lui, sussurrargli all'orecchio le nostre preoccupazioni, i nostri dolori, le nostre ansie. Il Padre non mancherà di consolarci, di sostenerci, di rasserenarci. "Ci penso io" ci dirà con tenerezza e fermezza.
Quante volte nella preghiera ci troviamo a chiedere cose che non ci servono veramente, avanziamo richieste dettate dalle nostre paure e dalle nostre ansie. Quando, invece, vivremo la preghiera come un'intimità fiduciosa col Padre ecco che non chiederemo più nulla che non ci sia davvero necessario perché sapremo che Egli provvede tutto ciò che ci serve.
Quando sapremo abbandonarci fiduciosi nelle braccia del Padre comprenderemo che uno solo è il vero desiderio del nostro cuore: lo Spirito Santo, essere abitati dall'Amore di Dio, diventare un tutt'uno con Lui affinché sia la nostra luce, la nostra forza, la nostra pace.
In questo tempo estivo cerchiamo dei tempi di intimità col Padre, ritagliamoci qualche tempo di silenzio e di tranquillità per abbandonarci nel suo abbraccio e sperimentare tutta la dolcezza del suo amore per noi.

sabato 16 luglio 2016

Il tempo più prezioso - Riflessione sul Vangelo di domenica 17 luglio 2016

Negli anni trascorsi al Pontificio Seminario Romano Maggiore il periodo più intenso e impegnativo era quello della festa della Madonna della Fiducia, nostra patrona. La mattina veniva celebrata la Messa solenne, presieduta dal Cardinal Vicario e concelebrata da tanti Vescovi e sacerdoti ex alunni, seguiva poi un pranzo a cui erano invitate sempre almeno duecentocinquanta persone, nel pomeriggio ricevevamo la visita del Papa che poi si fermava a cena. Già nei giorni precedenti i preparativi fervevano: tutto veniva tirato a lucido, dalla fioreria vaticana arrivavano le piante per abbellire corridoi e scaloni, per le celebrazioni si preparavano i paramenti e i vasi sacri più belli e preziosi, il refettorio veniva apparecchiato con i servizi decorati, le posate preziose, i bicchieri di cristallo. Era un gran lavoro che coinvolgeva tutta la comunità. Ci tenevamo a far tutto bene, non per fare bella figura, ma perché con l'attenzione e la cura nel preparare tutte le cose più belle intendevamo dimostrare sia che quella era per noi una festa importante sia il rispetto e l'affetto per tutti gli ospiti.
Quello che accadeva in Seminario penso accada anche in ogni nostra casa: quando viene a trovarci qualcuno a cui teniamo particolarmente gli dimostriamo il nostro affetto anche attraverso un'apparecchiamento diverso dal solito, con piatti più prelibati, facendo attenzione che tutto sia pulito e in ordine.
Nella pagina di Vangelo di questa domenica Marta e Maria, due sorelle, accolgono in casa Gesù. La prima si dà subito un gran daffare per preparare tutto l'occorrente per il pranzo, per servire il Maestro, la seconda invece si siede e ascolta le parole del Signore. Ben sappiamo che Marta viene poi a lamentarsi con Gesù per il comportamento della sorella ricevendone, però, una risposta spiazzante: lei si è scelta la parte migliore. Maria ha scelto di non affannarsi in tanti servizi, ha capito che in quel momento l'unica cosa importante era ascoltare il Signore Gesù, che tutto il resto poteva attendere. Marta, dal canto suo, non si stava facendo gli affari propri, si stava preoccupando di servire al meglio Gesù.
Quante volte anche noi ci troviamo in questa situazione, quante volte anche noi vogliamo poter fare qualcosa per servire il Signore. Ci inventiamo servizi, volontariati, impegni, facciamo progetti e proposte, tutti con una buona intenzione, sempre con l'idea di fare qualcosa per Gesù. Ma quanto tempo della nostra giornata è dedicato all'ascolto del Signore, della sua Parola? Quando partecipiamo alla Messa, quanto stiamo ad ascoltare o quanto, invece, continuiamo a pensare alle cose da fare?
La parte migliore è quella che viviamo ai piedi di Gesù, è il tempo che dedichiamo alla preghiera e all'ascolto della sua parola. Solo da quella parte migliore sgorgano poi le attività, altrimenti tutto diventa solo attivismo. Questo Vangelo ci viene annunciato nel tempo più propizio, il tempo estivo in cui tutti abbiamo meno impegni. Cogliamo l'occasione, e scegliamo di sederci ai piedi di Gesù per un po' di tempo ogni giorno. Prendiamo il Vangelo e ascoltiamo il Signore che parla alla nostra vita, che ci dà una direzione, che ci ispira servizi e progetti secondo la sua volontà. Ammalati di efficientismo da questa società che considera solo il profitto, inconsciamente pensiamo che il tempo dedicato alla preghiera e alla meditazione della Parola di Dio sia tempo perso, infruttuoso. La preghiera non è l'ultima cosa ma la prima, un discepolo del Signore prima di fare ogni cosa dovrebbe fermarsi a pregare e ad ascoltare il Signore che gli parla e solo dopo agire.
Impariamo anche noi da Maria a scegliere la parte migliore che non ci sarà tolta, scopriremo che quest'intimità col Signore Gesù nell'ascolto della sua Parola è ciò che colma di pace, di serenità, difiducia e gioia tutta la nostra vita.

sabato 9 luglio 2016

Un cuore che si dà da fare - Riflessione sul Vangelo di domenica 10 luglio 2016

Ci sono alcune pagine del Vangelo che sono diventate così famose da essere entrate anche nei modi di dire. È il caso della parabola del Buon Samaritano che ascoltiamo questa domenica. Attenzione però, proprio perché la conosciamo bene non lasciamoci distrarre, permettiamo al Signore di dirci qualcosa di nuovo anche questa volta.
Alla domanda di un dottore della Legge che chiede cosa fare per avere in eredità la vita eterna la risposta di Gesù è molto chiara: applicare il comandamento dell'amore, amare Dio con tutto se stessi e il prossimo come se stessi. Detto così sembra semplice ma è anche un po' troppo teorico, che significa amare il prossimo come se stessi? Per rispondere a questa domanda Gesù racconta la celebre parabola. Abituati a parlare di "buon samaritano" inconsciamente diamo tutti per scontato che il sacerdote e il levita, che passano accanto all'uomo malmenato senza fermarsi, siano malvagi, ipocriti e spietati. Ma qual è la vera differenza tra loro e il samaritano. Ciò che salta subito agli occhi è il modo di comportarsi davanti al poveretto incappato nei briganti: i primi due passano oltre, il terzo si ferma e se ne prende cura. Questa però è solo la differenza più evidente, ce n'è un'altra molto più importante che è alla base dei diversi comportamenti dei personaggi. I primi due vedono e passano oltre, non si lasciano coinvolgere dalla situazione del poveretto, non provano nulla per lui, continuano a pensare ai propri affari, mettono i propri interessi al di sopra della salute del pover'uomo ferito. Se si fossero fermati a soccorrerlo si sarebbero contaminati con il sangue e non avrebbero potuto svolgere le loro funzioni sacerdotali e levitiche. Restano indifferenti o, comunque, i loro affari hanno un'importanza maggiore.
Il samaritano, invece, vede l'uomo malmenato e ne prova compassione, si lascia commuovere dalla sua condizione, comprende che la vita di quel poveretto è in pericolo e la mette al primo posto delle sue priorità per cui se ne prende cura nel modo che ben conosciamo.
Ecco la differenza tra i primi due e il buon samaritano è tutta nel cuore, quest'ultimo ha un cuore capace di provare compassione, di amare visceralmente, di sentire il dolore dell'altro, che lo porta poi a mettersi in gioco, a darsi da fare, a non tirare dritto ma a prendersi cura.
È chiaro che questa parabola Gesù non l'ha raccontata solo per il dottore della legge, l'ha raccontata anche per noi, interroga anche noi. Come  il mio cuore? È capace di compassione? Sa riconoscere il dolore dell'altro per poi darsi da fare?
Se a queste domande avete avvertito un senso di angoscia e vorreste smettere di leggere, non preoccupatevi, è del tutto normale. Sì, perché l'amore, quello vero, fa paura a tutti proprio perché ci interpella, ci spinge a sporcarci le mani, a lasciare le nostre comodità, ci rende vulnerabili, ci porta ad esporre la parte più fragile di noi: il nostro cuore. Dobbiamo però vincere questa paura di poter soffrire, di esporci, di affezionarci, di voler bene a qualcun altro. Certo, il rischio lo correremo sempre, ogni volta che sceglieremo di amare qualcuno ci esporremo anche alla possibilità della delusione e del dolore ma finalmente il nostro cuore potrà fare ciò per cui è stato creato: amare!
Il nostro cuore, però, è spesso indurito, rattrappito su se stesso, amare gli altri ci resta molto difficile, non sappiamo come fare… Ma Gesù ci ha ben indicato come imparare ad amare: lasciandoci amare da Dio e amandolo con tutto noi stessi. Con pazienza e semplicità mettiamoci davanti al Signore e diciamogli “Signore, ho deciso di amarti con tutto me stesso, il mio cuore però non è molto capace di amare, insegnami tu, donami il tuo Spirito, accenda in me il fuoco dell’Amore vero!”
All’inizio sarà faticoso ma, piano piano, vedrete il vostro cuore rifiorire, scoprirete di saper voler bene anche alle persone non molto simpatiche e poi anche a quelle che vi hanno fatto del male. Vedrete che non potrete fare a meno di prendervi cura di chi soffre accanto a voi e proprio in questo, proprio in ciò che una volta vi faceva paura, troverete la vostra gioia.

sabato 2 luglio 2016

Fidarsi di chi non delude mai - Riflessione sul Vangelo di domenica 3 luglio 2016

Nei giorni scorsi è comparsa su molti siti internet e molti social network la foto di una monaca carmelitana, suor Cecilia Maria, argentina, morta il 22 giugno scorso di un cancro alla lingua che ha poi intaccato i polmoni. La foto ha avuto tanto seguito perché ritrae suor Cecilia sul letto d'ospedale nei suoi ultimi giorni con un sorriso sul volto che infonde serenità solo a guardarlo. Come è possibile? Come può una donna di 43 anni a pochi giorni dalla sua morte, quando ormai la sua fine è segnata, straziata da dolori terribili, sorridere con tanta serenità e dolcezza? Cosa la rendeva così felice?
Suor Cecilia era così serena e felice perché aveva capito pienamente la frase con cui si conclude il Vangelo di questa domenica "gioite perché i vostri nomi sono scritti nel cielo". Suor Cecilia aveva scelto di seguire il Signore Gesù, di accogliere la sua chiamata, aveva scelto una vita che molti oggi reputano assurda e inutile: la clausura. Aveva scelto una vita di preghiera dopo aver rinunciato a tutto il resto, aveva scelto una vita di sobrietà, di essenzialità, aveva scelto di lasciare tutto il superfluo per potersi dedicare all'unico che poteva dare senso alla sua vita, colui che aveva scelto come suo Sposo, il Signore Gesù.
Come suor Cecilia ci sono tante persone che hanno scelto di fidarsi del Signore, di seguire la sua volontà, di annunciare la sua Parola, di fidarsi della sua provvidenza e sul loro volto c'è la gioia, c'è la serenità. Anche loro affrontano difficoltà e problemi, anche loro devono sopportare sofferenze e malattie, ma tutto fanno con una consapevolezza fondamentale: che i loro nomi sono scritti in cielo. Sanno che la loro vita non è fatta solo per questo mondo, che quello che stiamo compiendo qui è solo un pellegrinaggio, un cammino che ci riporta alla nostra vera patria, il cielo, per l'appunto.
Perché non proviamo anche noi? Anche i nostri nomi sono scritti in cielo! Anche per noi il Signore ha preparato un posto, anche noi siamo amati di un amore infinito ed eterno, un amore che ha già sconfitto ogni dolore, ogni pericolo, ogni problema, persino la morte! Non abbiamo davvero più nulla da temere perché non siamo soli! La paura che ognuno di noi prova davanti alle difficoltà della vita nasce nella solitudine in cui spesso ci troviamo. Abbiamo attorno a noi tante persone ma nel cuore pensiamo che non possano capirci fino in fondo, spesso abbiamo vergogna di confidare i nostri timori, le nostre fragilità e debolezze, così ci chiudiamo in noi stessi e ci sentiamo soli. I nostri nomi sono scritti nel cielo!!! C'è un Padre che ha scritto il nostro nome, che ci conosce, che ci ama, che non si dimentica di noi, che ci provvede quanto abbiamo bisogno, senza mai farci mancare nulla. Dobbiamo solo vincere la nostra paura a lasciarci andare, a lasciarci coinvolgere al suo amore, a mettere da parte le nostre convinzioni, le nostre certezze e le nostre comodità per seguire il Signore, per annunciare la sua Parola, per essere strumenti della sua grazia.
Vorrei poter dire di più, vorrei poter trovare argomenti convincenti, ma solo provando si può capire quanto grande sia la gioia che il Signore Gesù vuole donare a ciascuno di noi. Una sola cosa posso dirvi, ho incontrato tante persone che hanno fatto la scelta di fidarsi completamente di Gesù, in nessuno di loro ho mai trovato tristezza o delusione, Gesù non delude mai, non vuole la nostra tristezza ma la nostra gioia, a qualunque età e in qualunque condizione ci troviamo, basta fidarsi di lui per scoprire quanto è bello avere il proprio nome scritto nel cielo.