Nella vita questo ci succede spesso, ogni volta che ci troviamo davanti a qualcosa di molto importante dobbiamo anche saper fare delle scelte, dobbiamo saper rinunciare ad alcune cose che in sé sono anche buone ma che sarebbero di ostacolo. Lo facciamo per conseguire un titolo di studio, per vincere una gara, per un lavoro importante, lo facciamo per la famiglia, per crescere i figli. Le rinunce nella nostra vita sono molto più frequenti e quotidiane di quanto spesso non pensiamo.
Anche la vita di fede chiede delle rinunce per essere vissuta a pieno. Scegliere di vivere pienamente la chiamata ad essere parte del Regno di Dio mi chiede di lasciare alcune cose, che in sé sono anche buone ma che possono diventare distrazioni.
Nel Vangelo di questa domenica Gesù è molto chiaro, molto netto, usa termini molto precisi che possono spaventarci un po'. Ci chiede di saper rinunciare a tutto, di "lasciare che i morti seppelliscano i loro morti", di "mettere mano all'aratro senza voltarsi indietro" e così via. La chiamata di Gesù è una chiamata esigente che chiede di mettere il Regno di Dio al primo posto nella vita, anche al di sopra degli affetti più vicini.
Abitualmente ce la caviamo riservando queste richieste così alte a preti e suore ma non v'è dubbio che queste richieste Gesù le rivolga a tutti coloro che vogliono seguirlo davvero.
Ma si può scegliere di vivere così? Può, oggi, un laico, padre o madre di famiglia, con un lavoro, con impegni vari, mettere il Regno di Dio al di sopra di ogni altra cosa? Se Gesù ce lo propone significa che è possibile, non solo ma che è proprio scegliendo di vivere così che troveremo la nostra gioia. Forse è proprio questo il punto: abbiamo paura che scegliere di seguire veramente il Signore Gesù sia una cosa faticosa e triste. Nella mia vita ho avuto la grazia di incontrare molte persone che hanno accolto seriamente l'invito di Gesù, tanti laici, padri e madri di famiglia, impegnati nel lavoro e nell'educazione dei figli, che però hanno deciso di mettere al primo posto il Regno di Dio. Nei loro occhi ho sempre visto la gioia, anche nelle difficoltà e nei momenti più difficili, perché sanno di non essere soli. Il cammino che il Signore ci propone non è una spedizione in solitaria, non è qualcosa che dobbiamo inventarci da soli, è sempre un atto ecclesiale, ci chiama a seguirlo in una comunità, sia la nostra parrocchia, un movimento ecclesiale, un gruppo diocesano. Le persone che il Signore mi mette accanto non sono semplici compagni di viaggio, diventano fratelli e sorelle, ci si scopre legati da vincoli ben più forti di una semplice amicizia, si comprende che donare la vita al Signore è condividerla con chi abbiamo accanto e trovarla impreziosita e illuminata.
Annunciare il Regno di Dio, come ci chiede Gesù questa domenica, non è un impegno gravoso ma la possibilità di fare della mia vita uno strumento prezioso attraverso cui il Signore possa entrare nella vita delle persone che incontro ogni giorno per salvarli. Dovremmo provare, allora, ad accantonare le nostre paure e i nostri attaccamenti alle comodità e scegliere di fidarci di Gesù, dirgli il nostro sì, temiamo di perderci ma abbiamo invece solo da guadagnarci.