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sabato 4 luglio 2015

Un'unica certezza - Riflessione sul Vangelo di domenica 5 luglio 2015

Quando leggiamo un libro, ascoltiamo un racconto, guardiamo un film, specie se la trama ci avvince, tendiamo ad immedesimarci nella storia, ci schieriamo con il protagonista, biasimiamo quanti lo ostacolano e gli sono ostili.
Probabilmente questo accade anche quando ascoltiamo il Vangelo durante la Messa. Ci immedesimiamo nella storia, ci schieriamo con gli amici di Gesù e biasimiamo quanti gli si dimostrano contrari.
Probabilmente lo facciamo anche ascoltando il Vangelo di questa domenica, rimaniamo stupiti per l'ottusità dei nazaretani, ci chiediamo come abbiano potuto essere così miopi dal concentrarsi solo su quello che di Gesù già sapevano, senza saper approfittare della sua presenza, della sua parola autorevole, del suo potere taumaturgico. Fossimo stati noi al loro posto ci saremmo comportati in modo ben diverso!
Ma ne siamo così sicuri? Siamo così certi che il loro atteggiamento non sia un po' anche il nostro?
In fondo i nazaretani volevano semplicemente restare attaccati alle loro certezze. La loro certezza era che Gesù era il falegname, il figlio di Maria, lo conoscevano sin da bambino, lo avevano visto crescere, era diventato, sotto i loro occhi, un uomo come tanti. Da dove gli veniva ora tanta sapienza e il potere di fare miracoli? Questo scombinava la quiete del piccolo villaggio di Nazareth, da cui non era mai venuto nessun profeta, e un profeta, si sa, è un prestigio agli occhi degli altri, ma chi se lo ritrova in casa va a finire che poi deve anche dargli ascolto e, magari, anche convertirsi!
Ecco, noi non siamo differenti! Nemmeno noi vogliamo farci scombinare le nostre certezze, nemmeno noi vogliamo permettere al Signore di venire a cambiarci la vita, ci abbiamo messo tanto ad abituarci, a trovare la giusta posizione.
Quante volte ascoltiamo la Parola di Dio in modo distratto pensando "sì, questo brano l'ho già sentito un milione di volte, cosa vuoi che mi dica di nuovo"? Non è forse lo stesso atteggiamento dei nazaretani? Pensiamo che ormai il Signore lo conosciamo bene e ci ha già detto tutto quello che poteva dirci.
 Quando ascoltiamo la Parola di Dio, invece, il Signore che parla a ciascuno di noi, dice una cosa nuova alla vita di ognuno, nessuno escluso. Non importa se quella pagina di Vangelo l'abbiamo già ascoltata due milioni di volte, il Signore ci parlerà di nuovo, dicendoci qualcosa di nuovo!
Quante volte, poi, pensiamo che le nostre difficoltà, le nostre sofferenze, i nostri problemi siano ormai irrisolvibili, quante volte ci convinciamo che non ci sia nulla da fare, che niente e nessuno potrà mai cambiare quella situazione, potrà sanare quella relazione andata in pezzi, potrà guarire quella malattia o quella ferita del cuore. Così, però, impediamo al Signore di venire a risanare la nostra vita perché non crediamo veramente che lo voglia fare o lo possa fare.
"Gesù, ci dice l'Evangelista, non poteva compiere nessun prodigio a causa della loro incredulità".
Il Signore ci vuole amare non ci vuole costringere, non ci vuole imporre la sua salvezza se noi non la vogliamo. Se noi non siamo disposti ad affidargli le nostre sofferenze, i nostri problemi, le nostre fatiche, se non ci crediamo che lui solo possa guarirci, siamo noi ad impedirgli di agire in noi, di operare le sue meraviglie.
Il primo passo è lasciarci stupire dal Signore, non dare nulla per scontato, affidargli tutta la nostra vita con l'unica certezza che lui solo può salvarla, senza avere paura di perdere i nostri punti fermi.
Ora che abbiamo capito che non siamo poi così diversi dai nazaretani che inizialmente avevamo biasimato, non lasciamoci prendere da due tentazioni di cui ci parlano le altre due letture di questa domenica.
Non scoraggiamoci se ci rendiamo conto che ancora una volta ci siamo ribellati a Dio. Egli è paziente e, soprattutto, non si dà per vinto, continua a venire nella nostra vita, continua ad inviarci i suoi profeti che ci indichino la strada per tornare a lui.
Non mettiamoci neppure in testa di dover diventare perfetti con le nostre forze, di dover venire a capo delle nostre fragilità e debolezze. Permettiamo, invece, che diventino il luogo dell'incontro con il Signore Gesù, offriamole a lui perché manifesti in esse, proprio in ciò che di noi disprezziamo, la sua gloria, la sua potenza e la sua salvezza.
Se sappiamo accogliere il Signore Gesù senza paure, con semplicità, umiltà e disponibilità, Egli trasformerà la nostra vita, la renderà una vera vita nuova.

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