Pagine

sabato 18 ottobre 2014

A ciascuno il suo - Riflessione sul Vangelo di domenica 19 ottobre 2014

Questa settimana inizio con un piccolo sfogo personale, penso e spero che in molti concorderete con me. 
Sono piuttosto stanco e stufo di vivere in un mondo di continue divisioni, separazioni, opposizioni, che continua a farci mettere gli uni contro gli altri. Un mondo in cui ciascuno pensa per se stesso e se ci si allea è per riuscire a eliminare un nemico comune, poi si torna a farsi la guerra. Un mondo in cui del bene comune non importa a nessuno perché siamo troppo impegnati a cercare ognuno il proprio comodo. Un mondo in cui l'unica cosa importante è salvaguardare i propri capricci, facendoli passare per diritti, infischiandosene se poi ci vanno di mezzo i più deboli e i più poveri. Un mondo in cui la Verità, quella vera, non ha diritto di cittadinanza perché è stata esiliata dalle opinioni dei singoli imposte a tutti spesso con l'inganno e il sotterfugio.
È il mondo dei farisei di duemila anni fa e di oggi, è il mondo degli ipocriti che riconoscono di essere nella falsità e per questo cercano di far fuori chi dice la verità con trucchi e inganni.
Il Vangelo di questa domenica ci racconta del trabocchetto che i farisei di allora hanno teso a Gesù cercando di metterlo con le spalle al muro, cercando di farlo cadere nella loro trappola: è lecito pagare il tributo a Cesare? Ovvero: a chi sei fedele a Roma o al Popolo di Israele?
So bene che di solito questa pagina di Vangelo è utilizzata per ribadire che il buon cristiano deve pagare le tasse ma di per sé questa è una semplicissima questione di giustizia: abiti in uno Stato, usufruisci dei servizi che offre quindi devi pagare quello di cui usufruisci. Per altro non è questione di fede: anche il cittadino ateo o di altra religione è tenuto a pagare le tasse, sempre per una questione di giustizia e di civiltà. Per essere ancora più esplicito: chi non paga le tasse semplicemente è incivile!
Con la frase diventata celeberrima "Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio" Gesù non vuole dirci semplicemente di fare i bravi cittadini, di comportarci bene e di pagare le tasse senza lamentarci troppo. Sarebbe una sorta di invito alla rassegnazione davanti a un mondo che può andare solo in una direzione, ma questo non è lo stile di Gesù.
Ancora una volta il Signore ci invita a convertirci, a cambiare cioè modo di pensare, a guardare la realtà in cui viviamo in una prospettiva diversa. Smettiamola di cercare scappatoie e accomodamenti, smettiamola di cercare di tenere insieme i nostri interessi materiali e la verità di Dio, impariamo a distinguere e a capire a chi apparteniamo.
Gesù, infatti, ribalta la visuale, non parla di pagare ma di rendere, restituire al proprietario ciò che gli appartiene, ne fa una questione di appartenenza. Il denaro che gli viene mostrato porta l'immagine e il nome di Cesare quindi appartiene a Cesare e a lui deve essere restituito. Impariamo allora a capire quali cose della nostra vita portano il volto e il nome del mondo e restituiamole al mondo, liberiamocene! Invidia, arroganza, arrivismo, avidità, rancore, falsità, ingiustizia, sono tutte cose che portano impresso il volto del mondo, che gli appartengono e se non vogliamo appartenergli anche noi dobbiamo saperne fare a meno, dobbiamo rendere al mondo quello che è suo.
Ma a Dio cosa appartiene? Dato che il denaro appartiene a Cesare perché ne porta il nome e il volto, a Dio appartiene ciò che ne porta il volto e il nome: noi, la nostra vita! Dio ci ha creati a sua immagine e somiglianza, portiamo in noi l'immagine di Dio, quindi gli apparteniamo e a Lui dobbiamo tornare. Rendiamo a Dio quello che è suo, la nostra vita! 
Ma come si fa? Impariamo a vivere come vive Lui, iniziamo ad amare, sempre, comunque, in ogni circostanza, prendendoci cura di chi soffre, facendo giustizia, faticando nella carità, dicendo la verità, anche quando questa è rifiutata o derisa. 
Abbandoniamo la logica del profitto personale, che poi è quella che causa le guerre e le crisi economiche, e facciamo nostra la logica del bene comune, iniziamo a capire che se non stiamo bene tutti non starà mai bene nessuno! Ma iniziamo dalle nostre case, dalle nostre famiglie, dai luoghi di lavoro e di studio. Una famiglia in cui uno sta bene e gli altri stanno male non è una famiglia felice, una classe in cui si litiga è una classe in cui si studia male e ci si prepara male alla vita, un ufficio in cui ci sono meschinità e invidie è un ufficio in cui è lo stress a farla da padrone e a fiaccare le energie. 
Io penso che ci siamo un po' tutti rassegnati al fatto che il mondo meglio di così non possa andare e che, tutto sommato, ci conviene accontentarci, cercando di vivere il meglio possibile, lasciando che gli altri facciano un po' come vogliono, in cui ci sono "nuove verità" a cui uniformarci perché è più semplice.
Gesù non ci chiede di fare guerre o battaglie, non ci chiede di osteggiare ciò che non è secondo la verità e il vero bene, ci chiede di renderlo al mittente, di non farlo nostro e, invece, di affermare la bellezza della vita secondo il disegno di Dio, di annunciare che si può vivere una vita diversa, piena e autentica. Il Signore ci chiede di essere testimoni di gioia e di speranza, di amore e di pace, non come vaghe emozioni che passano come un colpo di vento ma come scelte vere, concrete, operative. Ci chiede di dimostrare con la nostra vita che si può smettere di vivere secondo il mondo e iniziare a vivere secondo Dio, di cui portiamo l'immagine impressa in noi, e che così troviamo la nostra gioia. 

Nessun commento:

Posta un commento