Innanzi tutto dobbiamo capire chi può darmi la felicità che cerco. Se guardiamo con un po' di obbiettività alla nostra vita ci accorgiamo che le cose di questo mondo, per quanto belle e durature, non riescono a darci una felicità piena e stabile. Spesso quando abbiamo raggiunto la meta che ci eravamo prefissi ci accorgiamo che la felicità vera non è lì e ripartiamo alla ricerca di qualcos'altro che sembra promettere meglio. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci insegni la via verso la felicità vera e autentica.
È questa domanda fondamentale nella vita di ciascuna persona umana che è nascosta dietro la domanda che il dottore della Legge pone a Gesù nel Vangelo di questa domenica "Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?"
Prima di guardare alla risposta di Gesù è bene fare una precisazione quanto ai termini usati.
Viviamo in una società che è molto allergica alle norme, alle regole, alle leggi, pensiamo che sia giusto che ognuno faccia quello che vuole e che si sente. Se però consideriamo bene la nostra vita ci accorgiamo che per fare le cose importanti abbiamo bisogno di darci o di seguire delle regole. Facciamo qualche esempio. Nessuno può pensare di laurearsi studiando solo quando gli va, al contrario dovrà darsi una norma, una regola di studio, allo stesso modo nessun atleta potrà mai vincere una medaglia allenandosi solo se ne ha voglia, dovrà invece allenarsi regolarmente, mantenere un'alimentazione molto precisa e accurata, dovrà riposarsi un giusto numero di ore e dovrà imparare a rinunciare a stare alzato fino a tardi per fare baldoria con gli amici. Anche nella vita quotidiana seguiamo delle regole che ci permettono di dare un ritmo salutare alla nostra vita: le medicine le dobbiamo prendere nei tempi e nei modi indicati dal medico perché abbiano effetto, per cucinare una torta dobbiamo seguire bene la ricetta, per giocare una partita di calcio dobbiamo seguire le regole, altrimenti non ci si diverte veramente. La nostra vita ha bisogno di un ritmo stabile, scandito da norme che non sono pensate per limitarci ma per farci vivere bene.
Quando, dunque, il dottore della Legge chiede a Gesù di indicargli il "grande comandamento" gli sta chiedendo quale sia, secondo Lui, la regola fondamentale, quella che dà poi il ritmo a tutta la vita, quella che poi dà forma a tutte le altre.
La risposta di Gesù ci potrebbe sorprendere (se non fosse che il brano è ormai così famoso che non ci stupisce più), non è infatti una regola gravosa del tipo "devi lavorare dieci ore al giorno" ma molto più semplicemente "ama Dio!"
Ma che significa amare Dio? Amare significa volere il bene della persona amata, ciò che la rende felice. Ciò che rende felice Dio è la nostra felicità e la nostra felicità è nella sua volontà quindi amare Dio significa volere quello che Lui vuole. Detto così sembra un po' un pensiero articolato e contorto, in realtà è più semplice di quanto non appaia. Amare Dio significa decidere di fidarsi di Lui sempre, in ogni situazione, anche quando quello che accade non lo comprendiamo, quando il senso di ciò che abbiamo davanti ci sfugge. Significa desiderare di compiere la sua volontà e restare in ascolto per capirla e attuarla, se davvero ci abbandoniamo a Lui sarà molto più semplice di quanto non immaginiamo.
Amare, però, non è poi tanto facile, se guardiamo alle nostre relazioni quotidiane notiamo subito come non sempre amiamo i nostri cari come vorremmo, spesso ci sfoghiamo con loro o li trattiamo male. Come allora pensare di poter amare Dio se ci è così difficile amare chi abbiamo accanto?
Se dovessimo amarlo con le sole nostre forze sapremmo in partenza di essere di fronte ad un'impresa impossibile. Dobbiamo però sempre ricordare che l'iniziativa è sempre sua, è Dio che ci ha amati per primo, è Lui a colmarci del suo amore che riempie il nostro cuore e trabocca rendendoci capaci di amare Lui innanzi tutto e poi anche coloro che Egli ama: noi stessi e i nostri fratelli.
Il "secondo comandamento simile al primo" che Gesù cita al dottore della legge non è un tentativo di mettere insieme egoismo e filantropismo ma è l'indicazione di come l'amore di Dio di cui il nostro cuore è colmo si riversa poi nella nostra quotidianità.
Quando mi scopro immensamente amato da Dio ricambio questo amore amando Lui e anche amando me stesso perché amato da Lui. Questo amore per me stesso non mi porterà più a cercare compensazioni al vuoto che ho nel cuore, perché quel vuoto è ora colmato dall'amore di Dio, non sarò più tentato di pensare al mio benessere sfruttando gli altri a mio vantaggio. Nello stesso tempo imparerò ad amare l'altro che ho davanti perché amato da Dio, perché nel fratello vedrò lo stesso amore che ricolma la mia vita.
Precisiamo tutto questo non è cosa da preti e suore! Questo comandamento dell'amore è per ogni cristiano e per ogni uomo, è questo comandamento a dare il ritmo giusto alla nostra vita, a dare forma alle nostre azioni, alle nostre parole, alle nostre scelte.
Lasciamoci, quindi, riempire dell'amore di Dio e lasciamoci coinvolgere nel ritmo del suo amore e la nostra vita sarà nella felicità vera, diventerà una festa senza fine!