A tutti sarà successo da bambini di rompere un giocattolo: ti ritrovi in mano i pezzi di qualcosa a cui tenevi molto e comprendi che non potrai riaggiustarlo, che non lo riavrai come prima, e ti senti triste...
Crescendo abbiamo compreso che non si rompono solo i giocattoli o gli oggetti in genere ma che anche il nostro corpo può rompersi e, a volte lo si può riaggiustare, altre non c'è nulla da fare e arriva la morte.
Che brutta cosa la morte! Talmente brutta che preferiamo non parlarne e non pensarci se non quando è proprio indispensabile perché, quando dobbiamo farlo, sentiamo nuovamente in noi quella tristezza e delusione che abbiamo provato la prima volta che abbiamo tenuto in mano un giocattolo rotto, con la differenza che ora non si tratta di oggetti ma di persone e il dolore è molto più grande.
Anche Gesù conosce bene questa tristezza profondamente umana e piange davanti alla tomba del suo amico più caro perché la morte ci mette sempre di fronte alla fragilità della nostra condizione e impietosamente disintegra le nostre illusioni di invulnerabilità.
Rimane però in noi un desiderio profondo di vita, c'è qualcosa che ci spinge a non rassegnarci alla morte e a continuare a sperare e volere la vita, una vita vera, piena, che nulla possa interrompere. Un'altra illusione? No, questa no, in fondo al cuore sappiamo che possiamo continuare a sperare e a desiderare una vita senza la morte, una vita oltre la morte. Marta esprime questo desiderio e Gesù, non solo le conferma che non è un'illusione, ma che è proprio Lui la resurrezione e la vita. Se viviamo e crediamo in Lui la morte non avrà potere su di noi. Gesù non ci abbandona al buio della morte ma ci fa entrare nella luce della sua Pasqua, lo ha fatto con il Battesimo, la nostra pasqua personale, il nostro passaggio dalla morte alla vita. Nella Veglia di Pasqua faremo memoria del nostro Battesimo proprio perché è stato quel dono a unirci, immergerci, nella Pasqua di Cristo Gesù.
Ma com'è allora che moriamo comunque? La vita che Gesù ci dona non è più la vita che viviamo ora, segnata dalla sofferenza, dal male, dal dolore e dalla morte, ci faremmo ben poco...
La vita che Gesù ci dona è la vita di Dio, è la vita eterna, è la gloria del Padre, è una vita che non può essere vista con gli occhi del corpo ma che può essere percepita solo con gli occhi della fede, quegli occhi che Gesù ha aperto al cieco nato nel Vangelo di domenica scorsa e che ha aperto anche a noi, gli occhi che apriamo con la professione di fede. A Marta Gesù dice: "non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?"
Gesù non si riferisce al ritorno in vita di Lazzaro ma alla contemplazione della vita eterna. Credere in Gesù come nostro salvatore, accoglierlo come nostra resurrezione ci apre gli occhi e ci fa vedere che noi siamo già nella vita eterna, che lo Spirito Santo abita già ora in noi e ci dona già ora la vita di Dio nell'attesa del momento in cui anche il nostro corpo potrà entrare nella pienezza della gloria del Padre.
Non lasciamoci conformare da questa società che sta trasformando la morte in un diritto con le battaglie per la legalizzazione di aborto ed eutanasia, non siamo figli della morte ma figli della vita.
Viviamo da risorti!
Nessun commento:
Posta un commento